Benedetta Capelli – Città del Vaticano
Il sangue, la croce, la risurrezione. Monsignor Domenico Battaglia, arcivescovo di Napoli, disegna in una lettera la Via Crucis della città, teatro di omicidi di giovani vite e percorsa da terrore e angoscia. Non si può essere indifferenti – scrive – “rassegnati, assuefatti a veder morire Napoli”. E’ necessario “stare in piedi” sotto la croce e non aspettare che qualcosa cambi, è ora – è il suo invito – di lavorare insieme “senza distinzione di fede, politica, ruolo sociale ed istituzionale”.
La camorra uccide la città
Napoli la sta uccidendo “la camorra e il malaffare, con la violenza e la crudeltà di coloro che hanno dimenticato di essere umani!” ma anche – aggiunge – l’indifferenza di chi si volta dall’altra parte e lascia fare agli altri, i Pilato dei nostri tempi. Napoli viene uccisa anche dalla “scarsa attenzione della politica, nazionale e locale, che pare essersi abituata al sangue versato in terra partenopea, considerandola alla stregua di un paese in guerra!”
Passare dall’io al noi
E’ un richiamo alla responsabilità quello che lancia l’arcivescovo Battaglia che chiede di “passare da un freddo individualismo ad un senso rinnovato e caloroso di comunità, dal desiderio fattivo di trasformare tanti piccoli ‘io’ impauriti e distratti nella forza di un grande ‘noi’, la cui carica profetica può essere segno e strumento di una possibile resurrezione della nostra terra!” Da qui l’appello ai camorristi perché si convertano al Vangelo, intraprendendo con l’aiuto del vescovo cammini di riparazione e giustizia.
Le madri di Napoli, le Marie di oggi
Sotto la croce di Gesù c’era Maria e anche oggi tante madri vivono la croce dei loro figli che cadono nella rete della violenza. “Siate strumento di conversione per i vostri figli, aiutate – scrive monsignor Battaglia – le vostre famiglie a ravvedersi, siate nuovamente grembo che genera vita e non complici di percorsi di morte!” L’appello è anche “a tutte le istituzioni, alla società civile, agli uomini e alle donne di buona volontà, alla mia Chiesa partenopea chiedo oggi più che mai di camminare insieme, superando l’individualismo e la diffidenza, lavorando uniti per restituire Napoli alla sua vocazione di città di pace, accoglienza, solidarietà!”
Non stare guardare alla finestra
“Stanno uccidendo Napoli – sottolinea Battaglia – ognuno si senta interpellato dal grido della città, ognuno dia il proprio contributo alla vita della comunità, ognuno sia per le nuove generazioni un segno di resurrezione, camminando insieme al fiume di vita e di speranza che non ha mai smesso di attraversare Napoli e la cui pacifica esondazione potrebbe lavare il sangue versato e fecondare nuove primavere sociali!”
Un primo segno sarà quello di domani con la convocazione di diversi esponenti della società civile, del terzo settore e del mondo ecclesiale per rilanciare il Patto Educativo per la Città. Giovedì l’arcivescovo sarà nel quartiere di Ponticelli, “uno dei quartieri più feriti dall’escalation camorristica”, per incontrare i ragazzi e i giovani in un momento di reciproco ascolto, confronto, condivisione.