L’aiuto del Papa ai bambini del lebbrosario in India

Vatican News

Da 55 anni Il centro Jeevodaya nello Stato di Chhatisgarth si occupa dei lebbrosi e dell’educazione dei loro figli. Fondato da un sacerdote polacco, il centro ha ricevuto gli aiuti dell’Elemosineria Ponteficia per continuare il suo lavoro.”La nostra situazione era molto difficile e senza il sostegno del Papa non so come avremmo potuto soddisfare i bisogni più urgenti dei nostri bambini, sia per quanto riguarda l’alimentazione che l’istruzione”, spiega la direttrice Helena Pyz.

Beata Zajączkowska – Città del Vaticano

Jeevodaya è il centro di riabilitazione per lebbrosi più antico dell’India ancora in funzione, creato grazie al cuore generoso dei polacchi, e da loro mantenuto e gestito. È stato fondato 55 anni fa dal sacerdote e medico polacco Adam Wisniewski che voleva dare ai malati una possibilità di vita migliore. Per questo, fin dall’inizio, si è concentrato non solo sulle cure, ma anche nell’assicurare a loro e ai loro figli la possibilità di una vita dignitosa che comprendesse almeno un’istruzione di base. Questo suo desiderio è testimoniato dal nome del centro, che in sanscrito significa “alba della vita”. La capacità di leggere, scrivere e far di conto offre già di per sè la possibilità di una vita migliore, dato che l’India è un Paese in cui l’analfabetismo è ancora un enorme. Il centro è cattolico, ma la stragrande maggioranza degli studenti e del personale è induista. Grazie all’esistenza di Jeevodaya, i bambini provenienti delle famiglie colpite dalla lebbra hanno avuto la possibilità di una nuova vita. Sono stati sradicati dai lebbrosari, dove se fossero rimasti, sarebbero diventati mendicanti come i loro genitori.

Il pronto soccorso dell’elemosineria

La missione del padre pallottino polacco, che ha servito i lebbrosi fino alla fine ed è stato sepolto nella chiesa che ha costruito a Jeevodaya, viene portata avanti dalla dottoressa Helena Pyz, che fa parte dell’Istituto Primate Wyszynski. Quando arrivò in India nel centro c’era la fame. All’epoca, a salvarlo è stato il denaro ricevuto dal cardinale Józef Glemp, che le ha permesso di acquistare generi alimentari di base. Ora si è rivolta per un sostegno a Papa Francesco, che, sottolinea, è attento alle persone delle periferie, quali sono proprio i figli delle famiglie di lebbrosi. “Ho saputo dall’elemosiniere papale, Konrad Krajewski, che il suo ufficio è un pronto soccorso per le situazioni di crisi e abbiamo ricevuto il sostegno di cui avevamo bisogno, per il quale ringraziamo ogni giorno con le nostre preghiere”, racconta la dottoressa Helena Pyz a Vatican News.

Una lezione per i bambini di Jeevodaya

Lenticchie e frutta per i bambini

“Da quando è scoppiata la pandemia, la situazione esistenziale a Jeevodaya è peggiorata notevolmente. Ci sono molti più bambini che hanno bisogno del nostro aiuto, e allo stesso tempo il costo della vita è aumentato drasticamente. A causa di decisioni dall’alto da parte delle autorità, abbiamo anche perso il diritto di acquistare cibo per i poveri dalle risorse statali, e questo ha fatto sì che il bilancio sia crollato rapidamente. Papa Francesco, che è molto sensibile ai bisogni delle persone emarginate, ha deciso di aiutarci attraverso la sua elemosineria”, ha raccontato la dottoressa. Confessa che se non fosse stato per il sostegno ricevuto, i pasti dei bambini sarebbero stati molto limitati. “I più poveri in India a volte mangiano solo riso con il sale e anche per noi la più semplice salsa di lenticchie avrebbe potuto non essere più disponibile. Abbiamo risparmiato molto per molti mesi, ma le lenticchie sono una delle fonti fondamentali di proteine vegetali e non ne mangiamo altre. Grazie all’aiuto del Papa, ogni giorno abbiamo il riso di base con la salsa, a volte un uovo e persino la frutta per tutti i bambini”, racconta. La dottoressa ha aggiunto che i bambini del centro e gli altri residenti ringraziano il Papa per il sostegno che hanno ricevuto pregando quotidianamente per lui. “Ricordiamo il Santo Padre sia durante la Messa del mattino che nel rosario serale”, ha affermato la dottoressa Pyz.

Una difficile integrazione

Il medico  ha sottolineato che, sebbene ogni anno vengano individuati sempre meno casi di lebbra, la malattia segna ancora pesantemente la società indiana. Anche l’atteggiamento nei confronti delle persone affette da lebbra sta cambiando molto lentamente e la loro integrazione nella società è estremamente difficile. “La lebbra è ancora una malattia di esclusione e le mutilazioni causate dalla malattia stigmatizzano una persona per tutta la vita”, ha affermato la dottoressa Pyz, che tutti al centro chiamano ‘Mami’, cioè mamma.

Promuovere una “catena di bontà”

“Desidero che Jeevodaya continui a servire le persone più bisognose di aiuto, ma non necessariamente quelle affette da lebbra, perché il mio sogno più grande è che la lebbra scompaia da questa terra”, ha confessato il medico 75enne, ora costretta su una sedia a rotelle a causa delle complicazioni della poliomielite infantile. Il dottor Pyz sottolinea che la situazione dei lebbrosi in India è ancora molto difficile. “La lebbra non è necessariamente invalidante se viene diagnosticata nel primo stadio della malattia e trattata in modo appropriato. Tuttavia, quando compaiono gli effetti visibili di una malattia trascurata, come ferite, deformità o cavità, il destino di una persona segnata dalla malattia non è migliore di quello di mezzo secolo fa. In questo Paese persistono ancora superstizione, ignoranza del decorso della malattia e miti radicati”, ha affermato. Ha dichiarato che, per lei, la gioia più grande dopo questi anni di lavoro sono le diverse migliaia di persone che sono state completamente guarite dalla lebbra e probabilmente molte altre che sono state salvate dal contrarre la malattia, come i bambini delle colonie che hanno vissuto e studiato a Jeevodaya per diversi anni. L’integrazione che avviene qui è importante, affinché si diffonda il messaggio che la lebbra è una malattia che deve essere trattata e può essere curata, non una maledizione che dura tutta la vita. “Molti dei giovani sono usciti nel mondo dopo aver terminato gli studi, hanno famiglie proprie, lavori interessanti e ben retribuiti, grandi opportunità sia per il proprio sviluppo e benessere, sia per aiutare gli altri, che è sempre la cosa che mi rallegra di più. Una simile catena di bontà è qualcosa che vorrei vedere il più spesso possibile, dice la dottoressa Helena Pyz.

Non un problema medico, ma sociale

Si stima che circa 3 milioni di persone siano attualmente affette da lebbra in tutto il mondo. Il 70% di loro vive in India. Oggi la lebbra non è un problema medico, ma sociale. Ancora nel timore dell’esclusione, i pazienti hanno paura di andare dal medico, così la malattia viene diagnosticata troppo tardi e provoca mutilazioni irreversibili. La lebbra diagnosticata precocemente è completamente curabile e non lascia alcun segno stigmatizzante.