Delphine Allaire e Giancarlo La Vella – Città del Vaticano
La pandemia di coronavirus ha cambiato profondamente dal punto di vista sociale i Paesi del Medio Oriente, soprattutto quelli confessionali, a causa dell’impossibilità di impedire i pellegrinaggi islamici. Questo ha causato un forte aumento dei contagi. Solo in Arabia Saudita sono state sospese le tradizionali visite a La Mecca. E’ questa l’analisi fatta, nell’intervista a Vatican News, da Gilles Kepel, politologo esperto di Medio Oriente. A tutto questo si aggiungono le difficoltà delle strutture sanitarie ad affrontare l’aumento dei ricoveri e ad avviare, a parte Israele, una efficace campagna vaccinale.
La crisi afghana
Con il ritiro delle truppe americane dall’Afghanistan e l’avvento al potere dei talebani, l’Europa è stata investita di nuove responsabilità e cambiamenti. Ora non c’è più Washington a gestire la diplomazia mediorientale – afferma Gilles Kepel – e Bruxelles deve prendere atto anche del suo mutato ruolo. Sarà dunque importante che l’Unione Europea metta in piedi una più efficace politica di difesa. E’ una sfida che chiama il Vecchio continente a guardare con più attenzione e in prima persona quanto succede nel mondo. Di certo – afferma il politologo – ci sarà sempre l’alleanza americana sullo sfondo.
Gli accordi di Abramo
Le recenti intese tra Israele e alcuni Paesi arabi hanno invece dato un impulso economico diverso a tutta la regione mediorientale. Kepel ricorda che Paesi come gli Emirati, a fronte di una grossa disponibilità finanziaria, hanno bisogno di nuova tecnologia per investire sulle nuove energie che sostituiranno quelle attuali dipendenti dal petrolio. Questa tecnologia è oggi in possesso di Israele e su di essa stanno per riversarsi investimenti massivi. Tutti questi aspetti stanno facendo del Medio Oriente una regione sicuramente più autonoma rispetto al passato, anche se gli Stati Uniti rimarranno anche in futuro i supervisori delle prossime vicende regionali.