La teologa Houshmand: la Fratellanza è la “conversione” che salva dall’egoismo

Vatican News

Fabio Colagrande e Antonella Palermo – Città del Vaticano

All’indomani della Giornata internazionale della Fratellanza umana, raccogliamo qualche eco risuonata nel mondo islamico e in quello cattolico attraverso la voce di alcuni autorevoli rappresentanti, a partire dalla teologa musulmana Shahrzad Houshmand, che insiste sulla concretezza contenuta nello storico Documento firmato tre anni fa da Papa Francesco e dal Grande imam di Al-Azhar Al-Tayyeb, ribadita nei rispettivi videomessaggi diffusi ieri da Dubai, cuore delle celebrazioni:

Ascolta l’intervista con Sharazad Houshmand

Houshmand: senza l’amore, la religiosità non è credibile

“Mi colpisce sempre questo suo atteggiamento di compassione profonda e radicale verso la famiglia umana, non solo verso i suoi fratelli cattolici e cristiani”, così la teologa descrive Papa Francesco e la sua disposizione a parlare e a indicare, non solo a parole, il cammino verso l’autentica amicizia tra i popoli. “La relazione tra questi due leader [il Papa e il Grande imam, ndr] ci porta verso una lettura, sì ortodossa, ma anche rivoluzionaria del nostro atteggiamento religioso”, precisa. E poi scandisce: “l’adorazione sincera di Dio, se non ci porta verso l’amore e il servizio al prossimo, non è una religiosità credibile. Lo vediamo fin dall’inizio del Documento sulla Fratellanza, dove c’è tanta concretezza”. Houshmand rileva che esso “contiene una riforma spirituale del modo di vedere la nostra pratica religiosa, nel senso di dire che, se non riusciamo a vedere ciascuno come parte dell’unica famiglia umana, è vero che, come dice il Papa, crolla tutto”.

Ascoltare insieme il grido dell’umanità sofferente

La teologa evoca ancora “questi due maestri” che, “come i nostri profeti, ci dicono che dobbiamo dare ascolto al grido dell’umanità sofferente, altrimenti ci perdiamo tutti. Qui non c’è la richiesta di convertire i cristiani all’islam e viceversa – precisa – la richiesta rivoluzionaria è la conversione dell’intera società civile e delle religioni in questa prospettiva. E’ questa la vera conversione”. Si tratta, allora, di uscire dall’indifferenza verso la compassione, dall’egoismo religioso, sociale o politico verso la fratellanza. Perché, ribadisce, è proprio la fede che ci porta ad amare il prossimo, soprattutto quello più bisognoso. Si tratta di un percorso lungo e difficile, il Papa non lo nega. Eppure – testimonia ancora Houshmand – sono tantissime le associazione culturali e religiose in qualche misura ‘illuminate’ proprio dalla spinta del Documento. Sono nate pubblicazioni sul tema, sono stati promossi incontri, tutti passi di fratellanza. Non riusciamo ancora a percepire quanto è grande e bella questa foresta di iniziative: se non la innaffiamo costantemente, sarà una terza guerra mondiale. Ormai l’aria, l’acqua è tutto in comune, lo dobbiamo ricordare. Riconosciamoci in ciò che siamo, figli di Abramo e di un’unica razza umana”. 

L’imam Akkad: ora tocca a noi promuovere un ‘dialogo incarnato’

Da Trieste, l’imam Nader Akkad, ingegnere, ricercatore universitario co-fondatore della Commissione Mariana Internazionale Musulmano Cristiana, definisce “enorme” il messaggio del Papa per la seconda Giornata celebrata ieri.

Ascolta l’intervista con Nader Akkad

Anche Akkad sottolinea l’invito a perseverare nella costruzione di fraternità, come unica via, pena il crollo di tutto. Come pure l’auspicio di Al-Tayyeb che la paura della pandemia sproni i cuori intorpiditi ha interpellato molto: “E’ un messaggio molto forte e interessante. Il Grande imam si rivolge ai ricchi che non vogliono donare un po’ della loro ricchezza, mentre invece la fraternità si costruisce con il senso di responsabilità”. A proposito del cammino fatto finora nel solco della fraternità e dell’amicizia, Akkad ricorda che i cosiddetti ‘artigiani della pace’ continuano a lavorare perché fin da subito si sono sentiti rafforzati nel loro impegno di anni addietro. “Ora tocca a noi, dal basso. Il dialogo deve essere incarnato, scendere ai bisogni dell’umanità che vive in unico villaggio globale”, afferma. E cita i tanti progetti in cantiere: da quelli portati avanti con la Rete Italiana per il Dialogo Euro-Mediterraneo, alle opere della Rete francescana per il dialogo, con la Grande Moschea di Roma e il Centro culturale in prima linea. “Dobbiamo continuare ad incontrarci, perché – come già 800 anni fa ci insegnavano San Francesco e il Sultano Malik al-Kāmil – è con l’incontro che si costruisce la pace”. 

Impagliazzo: i venti di guerra seguono logiche obsolete

Dalla presidenza della Comunità di Sant’Egidio, Marco Impagliazzo torna con la memoria a quella storica firma di tre anni fa ad Abu Dhabi e parla della sua estrema attualità e del suo carattere profetico, nonostante in mezzo ci sia stata la pandemia.

Ascolta l’intervista con Marco Impagliazzo

Come è fecondato questo gesto nel mondo cattolico e musulmano? “Nei dolori della storia, ci porta anche a vederla in una luce molto positiva: solo nella fraternità troveremo risposta ai problemi di oggi e di domani”, dice precisando che quel testo ha cambiato profondamente i rapporti tra le due religioni. Allude per esempio al viaggio apostolico in Iraq, che ha contemplato anche l’incontro con Al-Sistani a Najaf. Impagliazzo è convinto che si stia allargando l’amicizia tra l’islam in tutte le sue componenti e la Chiesa cattolica. “Credo che Francesco, come mai era accaduto prima, ha creato nuove premesse per il dialogo tra le due fedi”, approfondendo ciò che già il Concilio aveva innescato. Guardando ai venti di guerra alle porte dell’Europa, ribadisce che il dialogo è l’unica risposta “per evitare un conflitto che segue logiche obsolete”. E aggiunge il dispiacere per il fatto che ucraini e russi ne facciano le spese, “popoli profondamente cristiani”.

Il dialogo tra le fedi non è sincretismo

Sul concetto di cittadinanza, una novità essenziale contenuta nel Documento – per cui viene sancito che gli individui hanno diritti non perché appartengono a gruppi ma perché sono cittadini -, Impagliazzo afferma: “E’ dai tempi della Rivoluzione francese che ci battiamo per affermare questo concetto di cittadinanza e non di sudditanza. Le persone che vivono e lavorano in queste aree del mondo devono essere riconosciute tali per la loro stessa presenza”. E conclude elogiando ancora una volta come sia stato ‘potente’ il segnale di questo Pontefice, “entrato egli stesso in prima persona nella scena di questo discorso, senza delegare ad un ufficio o ad altri. Si è esposto e ciò significa che per la Chiesa il tema del dialogo è veramente centrale”. E chi nutre timori di sincretismo, non abbia paura: “più si approfondisce la propria identità, più si entra in dialogo con gli altri, anzi è proprio l’incontro con l’altro che mi fa capire meglio chi sono io”.