Elvira Ragosta – Città del Vaticano
Il Kosovo va al voto domani 14 febbraio per le legislative anticipate. Il Parlamento che uscirà da queste elezioni dovrà poi eleggere il nuovo presidente. Sono 120 i deputati da indicare e 20 i seggi destinati alle minoranze, di cui 10 ai serbi del Kosovo. Il Paese conta una popolazione di 1,8 milioni di abitanti, ma sono circa 700mila i kosovari che vivono all’estero e tra questi ultimi alcuni hanno già votato per posta mentre molti hanno deciso di votare di persona e per il fine settimana sono attesi in centinaia da vari Paesi europei, in particolare Svizzera e Germania.
Per Francesco Martino di Osservatorio Balcani Caucaso si tratta di elezioni importanti per un Paese in cerca di una stabilità che non riesce a trovare: ”Consideriamo – dice a Vatican News – che si tratta delle quinte elezioni dalla proclamazione dell’indipendenza nel 2008 e questo fa capire quanto sia travagliata la vita politica in Kosovo, sia per i tempi che per i modi con cui si arriva a queste elezioni. Il voto è frutto di una sentenza della Corte Costituzionale che di fatto ha sanzionato l’irregolarità del precedente governo”.
Il panorama politico
I sondaggi vedono largamente in testa, con percentuali tra il 40 e il 50%, il movimento nazional-riformista Vetevendosje di Albin Kurti. Kurti, condannato nel 2018 per le sue intemperanze nell’aula del Parlamento, non risulta però tra i candidati per effetto della legge che impedisce di presentarsi al voto se si hanno all’attivo condanne penali negli ultimi tre anni. Anche se non potrà divenire deputato, Albin Kurti potrebbe comunque essere nominato premier nel caso in cui il suo partito dovesse ottenere il maggior numero di voti. A seguire, il Partito democratico del Kosovo (Pdk) del presidente dimissionario Hashim Thaci, dato intorno al 20%, e la Lega democratica del Kosovo (Ldk) del premier uscente Avdullah Hoti, attestata al 17%. Per Francesco Martino, se Vetevendosje avrà una larga maggioranza e potrà creare un governo gli equilibri politici in Kosovo potrebbero cambiare. “C’è da tenere presente però – aggiunge – che in Kosovo di solito il momento decisivo è la costituzione di un governo, visto che c’è bisogno di una maggioranza qualificata che solitamente viene raggiunta soltanto con lunghe contrattazioni anche con i partiti delle minoranze, quindi è ancora molto difficile poter vedere quali potrebbero essere gli effetti di lungo periodo di questa tornata elettorale”.
Il dialogo Kosovo – Serbia
C’è attesa sul risultato del voto anche per le conseguenze sul dialogo tra Kosovo e Serbia, di fatto congelato da anni. “Io credo – dice in proposito il corrispondente dell’Osservatorio Balcani Caucaso – che nel breve-medio periodo la più grande novità sia la nuova amministrazione americana che ha ribadito l’intenzione di lavorare insieme all’Unione Europea”. Martino sottolinea anche che l’Ue ha sempre avuto un ruolo centrale, nonostante alcuni suoi Stati membri non riconoscano l’indipendenza del Kosovo. “Sembra si possa dire che con la nuova amministrazione Usa di Biden verrà restituita in qualche modo all’Ue, anche da parte americana, la leadership del processo di facilitazione del dialogo e ricordiamo che l’anno scorso l’Unione europea ha anche nominato un nuovo inviato speciale, che appunto ha il compito di coordinare tutte le iniziative dell’Unione per portare avanti il dialogo”.
Gli effetti della pandemia
Intanto, il Kosovo è alle prese con la pandemia di Covid-19, che ha fatto registrare oltre 62mila contagi e 1.500 decessi. Martino parla ai nostri microfoni di una situazione abbastanza problematica per le varie ondate del virus che hanno interessato il Paese, al momento piuttosto indietro nella campagna vaccinale. Inoltre, gli effetti della pandemia si sono fatti sentire anche in ambito economico. “La pandemia – conclude – è andata a toccare una delle principali risorse, quella delle rimesse degli emigranti che sono state colpite dai lockdown e che hanno interessato di fatto tutti i principali Paesi in cui risiedono emigranti kosovari, quindi sicuramente parliamo di una situazione di grande difficoltà in un Paese che rimane uno dei più poveri in Europa”.