Jurkovič: libertà religiosa è diritto universale, va tutelata

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Isabella Piro – Città del Vaticano

“Nello scenario attuale, in cui la libertà religiosa è sempre più erosa dalla necessità di proteggere le vite umane dalla diffusione della pandemia Covid-19, è fondamentale che le autorità civili si impegnino a rispettare, proteggere e difendere la libertà di religione o di credo, come dimensione della dignità della persona umana”: così l’Arcivescovo Ivan Jurkovič, Osservatore permanente della Santa Sede presso l’Onu di Ginevra, ha aperto il suo intervento, il 4 marzo, alla 46.ma sessione del Consiglio dei Diritti Umani. In particolare, il presule ha fatto riferimento al Rapporto presentato dal Relatore speciale sulla libertà religiosa e di credo, notando “con preoccupazione la portata limitata” del tema scelto, ovvero “Odio anti-musulmano/Islamofobia”.

Considerare tutti i gruppi religiosi, non solo alcuni

“La Santa Sede non può che deplorare che il Rapporto non consideri adeguatamente il contesto della persecuzione di tutte le persone di fede, o di nessuna fede – ha evidenziato Monsignor Jurkovič – Certamente, tutti gli atti di odio religioso, di discriminazione e persecuzione sono da condannare con veemenza, anche contro i musulmani”. Tuttavia, ha aggiunto il presule, tenendo presente “l’universalità della libertà religiosa sancita dalla Dichiarazione universale dei diritti umani”, la decisione di “limitare l’argomento del Rapporto a un particolare gruppo religioso senza riferimento ai numerosi altri potrebbe rappresentare un cambiamento sostanziale nell’approccio metodologico”.

No alle discriminazioni

Se si attuasse tale cambiamento, ha ribadito l’Osservatore permanente, non si arriverebbe a “ridurre la profilazione negativa e la stigmatizzazione di tali gruppi”, bensì si correrebbe “il rischio reale di essere divisivi, di facilitare una mentalità ‘noi’ contro ‘loro’”. Infatti, ha spiegato ancora il presule, “qualsiasi legislazione o pratica che escluda un gruppo specifico basato, almeno in parte, su criteri religiosi, rappresenta una sottile forma di discriminazione, indipendentemente dagli effetti previsti o dal risultato reale di tali leggi o pratiche”.

Libertà religiosa, diritto umano fondamentale e universale

Per questo, l’Arcivescovo ha espresso “profonda preoccupazione”: perché un Rapporto che “dovrebbe difendere il diritto umano fondamentale e universale della libertà di religione o di credo, è stato in realtà focalizzato su un solo gruppo religioso escludendo gli altri, con il rischio di polarizzare la comunità internazionale e di creare ancora più conflitti”, mettendo “ulteriormente in pericolo” proprio quei diritti che il Consiglio dell’Onu “dovrebbe promuovere e proteggere”.