Insieme cristiani e indù per coltivare lo spirito di fraternità

Vatican News

Benedetta Capelli – Città del Vaticano

Guardare alle nubi oscure della pandemia e alle sue indicibili sofferenze e scorgere “i luminosi segni di solidarietà e fraternità” per dimostrare che stare insieme può far “superare ogni crisi con decisione e amore”. E’ quanto si legge nel messaggio del Pontificio Consiglio per il dialogo interreligioso in occasione della festa induista del Deepavali, la festa delle luci, che ricorre il prossimo 4 novembre.

Nel testo a firma del cardinale Miguel Ángel Ayuso Guixot e monsignor Indunil Kodithuwakku Janakaratne Kankanamalage, rispettivamente presidente e segretario del dicastero vaticano, si legge che “questa festa, pure nel mezzo dell’ansia e dell’incertezza della pandemia, con le crisi planetarie che ne sono la conseguenza” può offrire sollievo nella “speranza di un futuro migliore”.

Un senso di rassegnazione

Non si nascondono però le “cicatrici” dovute alla seconda ondata di coronavirus, il “senso di rassegnazione, disperazione e impotenza di fronte alle devastazioni che nel mondo sono causate da vari fattori, che vanno dal terrorismo al degrado ecologico”. Elementi che creano disagio e disperazione. Non sono mancati però in questi tempi difficili i segni di luce, che si scorgono nella solidarietà e nell’assistenza ai bisognosi, “ancor più con carattere e responsabilità interreligiosi”. “Portare insieme la luce nella vita delle persone con la solidarietà interreligiosa – si legge ancora – conferma anche l’utilità e la grande risorsa che rappresentano le tradizioni religiose per la società”.

Portare la luce

Solo nella fratellanza, nella responsabilità reciproca per la “casa comune” si può tentare di uscire da ogni genere di disperazione, in ogni crisi come “il cambiamento climatico, il fondamentalismo religioso, il terrorismo, l’ipernazionalismo e la xenofobia”. In questo contesto “le tradizioni religiose – depositarie di secoli di sapienza – hanno il potere di risollevare i nostri spiriti affranti”, di orientare alla speranza. “È dunque compito dei responsabili religiosi e delle comunità – si sottolinea nel testo – coltivare lo spirito di fraternità tra i loro seguaci per aiutarli a camminare e collaborare con persone di altre tradizioni religiose, specialmente in tempi di crisi e calamità di ogni genere”. Solidarietà e fraternità sono dunque le strade da percorrere come “credenti radicati nelle nostre rispettive tradizioni religiose e persone che condividono una visione di responsabilità comune verso l’umanità” e per portare luce nella vita di chi si sente disperato.