L’impronta della prima rappresentazione di Greccio nella creazione di Alessandro Di Placidi, il manutentore che da anni allestisce la Natività nella struttura dove risiede Papa Francesco
di Nicola Gori
Quando nella notte di Natale di ottocento anni fa san Francesco volle rivivere l’atmosfera della nascita di Gesù, tutto il paese di Greccio venne coinvolto. Nella più completa semplicità, gli abitanti del luogo parteciparono direttamente, assumendo il ruolo di personaggi del presepe. Anche la rappresentazione della Natività a Casa Santa Marta è all’insegna della più completa semplicità e attende lo spettatore che si converte a sua volta in personaggio. Con questa intenzione ha lavorato Alessandro Di Placidi, il manutentore della Casa che da anni allestisce la Natività.
Davanti alla scena centrale, quella in cui il Bambino è circondato dall’affetto di Maria e Giuseppe, si proietta una luce. È l’invito rivolto a tutti ad avvicinarsi alla fonte di quella energia che rischiara la notte e presenta al mondo il Salvatore. Una grande stella sovrasta la culla del Bambino e con i suoi riflessi argentei richiama l’attenzione di quanti sono distratti, per indicare che in quel luogo sta avvenendo qualcosa di importante e decisivo per tutti. Un angelo riflesso di luce annuncia la gloria di Dio e la pace in terra agli uomini. Altri due angeli circondano la mangiatoia nella quale viene deposto Gesù. Con i volti sorridenti e pieni di gioia fanno compagnia al Salvatore. Sprazzi di luce anche sull’uomo che si avvicina discretamente alla culla del Bambino e in atto di omaggio si inginocchia per offrire in dono un gallo. Gli immancabili bue e asinello riscaldano l’ambiente, che è rivestito da pietre e muschio. Non è il luogo più adatto per far nascere un bambino, ma è quello scelto dal Re dei re per venire nel mondo.
Basta allontanarsi un poco dallo stupore e dalla meraviglia che caratterizza questa parte del presepe, per imbatterci nella quotidianità. Un pastore, con una pecorella sulle spalle si sta avvicinando alla scena della Natività. Vi converge con i suoi animali, come fecero gli abitanti di Greccio davanti agli occhi incantati di san Francesco. Dietro di lui una scala appoggiata a una parete, quasi a ricordare la scala vista in sogno da Giacobbe, dalla quale salivano e scendevano incessantemente schiere di angeli. Anche il patriarca, come l’umile pastore, prese coscienza della sacralità del luogo in cui Dio gli si era manifestato e, allora, si alzò «di buon mattino», come racconta la Scrittura, perché un evento tanto importante non poteva lasciare indifferenti. Così, quel pastore, ma anche gli spettatori, non rimangono insensibili alla scena che si sta svolgendo sotto i loro occhi: un Bambino è nato per la salvezza del mondo e grandi segni celesti annunciano l’evento.
Anche i materiali utilizzati riflettono la semplicità del presepe: oltre all’immancabile polistirolo e a scarti di cartone o di altro genere, tutti riciclati, il sughero che si presta bene a essere modellato e a realizzare strutture paesaggistiche, con l’immancabile muschio. Ancora più lontano dalla scena della Natività, si scorge l’interno di un’abitazione, sovrastato da un arco in pietra. Si tratta di un semplice riparo per un altro pastore con le sue pecore, dove, accanto a covoni di grano e anfore, c’è un paiolo sul fuoco, simboli della fecondità della terra, secondo le intenzioni di Di Placidi. Più all’interno si intravede un secondo personaggio, un giovane musico intento a suonare uno strumento. Anche il pastore suona la zampogna. La musica partecipa così alla nascita del Signore e rende l’ambiente ancora più accogliente per manifestare al mondo che la vita era la luce degli uomini e splende nelle tenebre (cfr. Gv 1, 4-5). Ogni volto è illuminato da quello splendore che si riverbera sul paesaggio circostante. Rischiara i volti di quei pastori, uomini abituati a vivere all’aperto, a contatto con la natura, che conoscono bene il verde dei prati, l’azzurro del cielo e le stelle della notte, e che non hanno altro che il loro lavoro per andare avanti. Eppure, in quel contesto così semplice e povero, ecco che irrompe la luce del Signore. Egli si è fatto viandante, fragile, sofferente in un itinerario simile a quello di ogni uomo e donna, condividendo anche la sofferenza e il peregrinare con fatica su questa terra.