Giancarlo La Vella – Città del Vaticano
Il Portogallo sarebbe dovuto andare alle urne nel 2023. La crisi politica, complice la difficile situazione causata dalla pandemia, ha portato al voto anticipato di domenica 30 gennaio. Di fatto, nel Paese iberico si sta già votando. Per evitare assembramenti e limitare al massimo la possibilità di contagi, già da diversi giorni le urne stanno accogliendo più di 315 mila aventi diritto che si sono registrati per votare in anticipo nei più di mille seggi elettorali aperti in tutto il Paese. Sono oltre 600 mila le persone che a causa del Covid sono in quarantena: domenica potranno comunque andare a votare nella fascia oraria tra le 18 e le 19, previo rispetto di alcune norme di sicurezza, come l’uso di una mascherina protettiva FFP2, l’igiene delle mani e il distanziamento sociale. La Chiesa guarda con attenzione a questo voto. Già durante la campagna elettorale i vescovi portoghesi hanno esortato a non boicottare le urne e invitato i politici ad affrontare i problemi più urgenti del Paese, fra cui le situazioni di povertà e di coesione economica. Ribadito l’invito a vaccinarsi per combattere il Covid.
I motivi della crisi
Le consultazioni sono state indette in anticipo rispetto alla scadenza naturale della legislatura, prevista per il prossimo anno, in seguito alla crisi del governo del socialista Antonio Costa, al quale i partiti di sinistra hanno fatto mancare la maggioranza nel voto di approvazione della legge di bilancio. Altro motivo della crisi politica, secondo Goffredo Adinolfi, ricercatore all’Università di Lisbona intervistato da Radio Vaticana – Vatican News, è anche la spaccatura creatasi tra i partiti principali e le piccole formazioni, che hanno avuto il timore di scomparire e per questo si sono ritirati dalla maggioranza.
Una situazione economico-sociale difficile
Il Portogallo, a differenza degli altri Paesi del sud Europa, non vive il problema migratorio come emergenza. Gli ingressi, afferma Goffredo Adinolfi, avvengono per lo più dalle ex colonie. Si tratta di immigrati che parlano la stessa lingua e, più o meno, hanno la stessa cultura; quindi l’integrazione non ha mai creato grossi problemi. Un discorso simile vale per la pandemia. Si è cercato, sottolinea Adinolfi, di non isolare i cittadini non vaccinati e forse proprio per questo il tasso di chi ha assunto una o più dosi è soddisfacente. Il Portogallo, ricorda il ricercatore, è poi uno dei Paesi più europeisti e, comunque vadano le elezioni, sia che vinca la sinistra, sia che vinca la destra, non ci saranno ricadute negative sul rapporto di Lisbona con l’Unione. Al contrario la situazione sociale ed economica è davvero difficile. Due anni di pandemia con ripetute chiusure delle frontiere sono stati molto negativi per un Paese come il Portogallo che vive di turismo. Questo aspetto, secondo Adinolfi, potrebbe condizionare molto l’esito del voto.