Sul volo di ritorno dal Sud Sudan il colloquio del Papa, dell’arcivescovo di Canterbury e del moderatore della Chiesa di Scozia con i giornalisti. Francesco parla di Benedetto XVI: “La sua morte è stata strumentalizzata da gente di partito e non di Chiesa, lui non era amareggiato per quello che io ho fatto”. E sugli omosessuali: “Criminalizzarli è un’ingiustizia”
VATICAN NEWS
“Tutto il mondo è in guerra, in autodistruzione, fermiamoci in tempo!”. Papa Francesco, a fianco dell’arcivescovo di Canterbury Justin Welby, e del moderatore dell’assemblea generale della Chiesa di Scozia Ian Greenshields, dialoga con i giornalisti sul volo di ritorno dal Sud Sudan. I tre, in molti casi, rispondono congiuntamente alle domande. È l’occasione per Francesco, oltre che di ribadire l’“ingiustizia” della criminalizzazione delle persone omosessuali, anche per parlare della morte del Papa emerito Benedetto XVI, la cui scomparsa, avvenuta lo scorso 31 dicembre, è stata accompagnata da ricostruzioni polemiche che lo contrapponevano al successore: “La sua morte è stata strumentalizzata” da persone “di partito e non di Chiesa”. Il Papa ha anche spiegato che il predecessore, da lui consultato più volte in questi anni, “non era amareggiato per quello che io ho fatto”. All’inizio, Francesco ha ribadito che “questo è stato un viaggio ecumenico” e per questo “ho voluto che nella conferenza stampa ci fossero anche loro due. Soprattutto l’arcivescovo di Canterbury, che ha una storia di anni in questa strada di riconciliazione” in Sud Sudan.
WELBY
Nel 2014 gennaio io e mia moglie abbiamo visitato il Sud Sudan nel quadro di un viaggio alla comunione anglicana, e arrivando l’arcivescovo ci ha chiesto di andare ad una città chiamata Bor, la guerra civile era iniziata da 5 settimane all’epoca ed era molto feroce. Quando siamo arrivati a Bor all’aeroporto c’erano i primi corpi al cancello, c’erano all’epoca 5mila cadaveri non seppelliti a Bor, c’erano le Nazioni Unite, siamo andati alla cattedrale dove tutti i preti erano stati uccisi e le mogli violentate e uccise. Era una situazione orribile. Tornando a casa sia io che mia moglie abbiamo sentito una profonda chiamata a vedere cosa potevamo fare per sostenere la gente del Sud Sudan e da allora in uno degli incontri regolari che ho il privilegio di avere con Papa Francesco abbiamo parlato molto di Sud Sudan e abbiamo sviluppato l’idea di un ritiro in Vaticano. Il mio team a Lambeth e il Vaticano hanno lavorato insieme, hanno visitato il Sud Sudan nel 2016, hanno lavorato sul terreno ed hanno lavorato con i leader per cercare di organizzare questa visita. Mia moglie ha lavorato con donne leader di comunità e mogli di vescovi. Abbiamo visitato leader in esilio in Uganda. Nel 2018 è diventato chiaro che c’era la possibilità per una visita all’inizio del 2019 e ci siamo riusciti, é stato un miracolo che sia avvenuto. Uno dei due vicepresidenti era a Khartoum agli arresti domiciliari, ricordo che 36 ore prima in un parcheggio di una scuola a Nottingham ho parlato con il segretario generale delle Nazioni Unite al fine di rilasciargli un visto, cosa che ha fatto brillantemente, ed è riuscito a partire poco prima che venisse chiuso lo spazio aereo per un colpo di Stato. Il momento cruciale (high point) dell’incontro del 2019 è stato ovviamente l’indimenticabile gesto del Papa che si è inginocchiato ed ha baciato i piedi dei leader per implorare la pace, ed hanno provato a fermarlo. E’ stato un momento estremamente notevole. Abbiamo avuto discussioni dure, ma alla si sono impegnati a rinnovare l’accordo di pace e penso che il momento del Papa sia stato il momento chiave, il punto di svolta. Ma come dice un allenatore, sei bravo fino alla prossima partita. E il covid ha rinviato la partita successiva. Penso che il risultato sia stato la perdita dello slancio (momentum). Quando siamo venuti a questa visita i team continuavano a lavorare ma avevano meno fiducia che nel 2019. Ma ho finito questa visita con un profondo sentimento di incoraggiamento, non tanto perché ci sia stata una svolta (breaktrhough) ma perché c’è stato il sentimento, come ha avuto a dire il Papa, di cuore che parla al cuore. Non è a livello intellettuale che ci sono stati contatti nei vari incontri, il cuore ha parlato al cuore. E c’è uno slancio a livello medio e nella base e quel di cui ora abbiamo bisogno è un serio cambiamento del cuore da parte della leadership. Devono concordare un processo che porti ad una transizione pacifica. Lo abbiamo detto loro pubblicamente, ci deve essere un impegno anti-corruzione e anti-smuggling per contrastare l’enorme ammasso di armi. Questo richiederà ulteriore lavoro insieme, con il Vaticano, e con la Troika, per far sì che questa porta aperta, che non è aperta quanto vorrei ma è aperta, per spalancarla e fare progressi. Tra due anni ci saranno le elezioni, abbiamo bisogno di progressi seri entro la fine del 2023.
GREENSHIELDS
La mia esperienza è molto diversa, questa è stata la mia prima volta in Sud Sudan, ma il mio predecessore ci è stato trovandovi situazioni vulnerabili. La riconciliazione è stata al centro dell’incontro che abbiamo avuto nel 2015. Come chiesa presbiteriana abbiamo aiutato rifugiati sud sudanesi. In questo viaggio, come detto, è stata pronunciata la verità dal cuore. La situazione ora è chiara, le azioni parlano più delle parole. Il governo ci ha invitato a entrare nella stanza e noi ci siamo impegnati a fare tutto il possibile per fare la differenza in questa situazione, incontrare i nostri partner, e ora chiediamo a coloro che possono fare la differenza di avviare urgentemente il processo.
UNO
Jean-Baptiste Malenge (RTCE-Radio Catolique Elikya ASBL)
Santo Padre, voi avete desiderato da tanto di visitare la RDC… avete visto la gioia… quale importanza ha avuto l’accordo firmato nel 2016 tra Santa Sede e RDC su educazione e sanità…
PAPA FRANCESCO
Non conosco quell’accordo, c’è la Segreteria di Stato che può dare un’opinione. So che negli ultimi tempi c’era in cammino un accordo. Non posso rispondere. Neppure conosco la differenza del nuovo che è in cammino, queste cose le fa la Segreteria di Stato, o Gallagher e loro sono bravi a fare accordi per il bene di tutti. Io ho visto lì nel Congo tanta voglia di andare avanti, tanta cultura. Ho avuto prima di arrivare qui alcuni mesi fa un incontro via zoom con universitari africani intelligentissimi, avete persone di un’intelligenza superiore, è una delle vostre ricchezze, giovani intelligenti e si deve fare posto a loro, non chiudere le porte. Avere tante ricchezze naturali che attirano gente che viene a sfruttare il Congo, scusatemi la parola. C’è questa idea: l’Africa va sfruttata. Qualcuno dice, non so se è vero che i paesi che avevano colonie hanno dato l’indipendenza dal pavimento in su, non sotto, vengono a cercare minerali. Ma l’idea che Africa è per sfruttare dobbiamo toglierla. E parlando di sfruttamento mi colpisce. Dà dolore il problema dell’est. Ho potuto avere una riunione con vittime di quella guerra, feriti, amputati, tanto dolore, tutto per prendere le ricchezze, non va, non va. Il Congo ha tante possibilità
WELBY
Non conosco l’Est così bene, mia moglie ha lavorato con donne in conflitto, ma nel 2018 ho fatto molti viaggi, subito prima del covid, e voglio concordare con tutto il cuore con quanto ha detto Sua Santità: dobbiamo essere chiari, il Congo non è l’area giochi (playground) delle grandi potenze, tutto per il ricavato delle piccole compagnie minerarie, che agiscono irresponsabilmente con miniere artigianali, l’uso di bambini soldato, rapimenti, stupri su larga scala, e stanno semplicemente depredando il paese, che dovrebbe essere uno dei più ricchi sulla faccia della terra, capace di aiutare il resto dell’Africa. Il paese è stato torturato, gli è stata data indipendenza politica tecnicamente, ma senza indipendenza economica. Durante ebola, abbiamo formato i pastori a gestire ebola, la Chiesa fa un lavoro straordinario, la Chiesa cattolica fa un lavoro straordinario, il progetto per i Grandi laghi è meraviglioso, ma le grandi potenze devono dire: l’Africa e in particolare il Congo hanno tante di quelle risorse che servono al resto del mondo se il resto del mondo vuole fare una transizione ecologica, e salvare il pianeta dal cambiamento climatico, che l’unico modo per farlo è non coprirci le mani di sangue, cercare la pace del Congo e non la loro prosperità.
GREENSHIELDS
La mia esperienza nei paesi in via di sviluppo è che per promuovere lo sviluppo vanno riconosciuti i diritti delle donne e in particolare delle giovani donne.
DUE
Jean-Luc Mootosamy (CAPAV)
Abbiamo visto come la violenza non cessi nonostante decenni di presenza di missioni ONU. Come potete voi, insieme, aiutare nel promuovere un nuovo modello di intervento vista la crescente tentazione di molte nazioni africane a scegliersi altri partner per garantirsi la sicurezza, partners che potrebbero non rispettare la leggi internazionali come alcune compagnie private russe o altre organizzazioni, nella regione del Sahel per esempio?
PAPA FRANCESCO
Il tema della violenza è un tema quotidiano. Lo abbiamo appena visto in Sud Sudan. È doloroso vedere come si provoca la violenza. Uno dei punti è la vendita delle armi. Anche l’arcivescovo Welby ha detto qualcosa su questo. La vendita delle armi: credo che nel mondo questa è la peste più grande. L’affare… la vendita delle armi. Qualcuno che ci capisce mi diceva che senza vendere armi per un anno finirebbe la fame nel mondo. Non so se è vero. Ma oggi al top è la vendita delle armi. E non solo tra le grandi potenze. Anche a questa povera gente… gli seminano la guerra dentro. È crudele. Gli dicono: “Vai alla guerra!”, e gli danno le armi. Perché dietro ci sono interessi economici per sfruttare la terra, i minerali, le ricchezze. È vero che il tribalismo in Africa non aiuta. Ora non so bene come è in Sud Sudan. Credo che anche lì ci sia. Ma ci vuole dialogo fra le diverse tribù. Io ricordo quando sono stato in Kenya nello stadio pieno. Tutti si sono alzati in piedi a dire no al tribalismo, no al tribalismo. Ognuno ha la propria storia, ci sono inimicizie vecchie, culture diverse.
Ma è anche vero che si provoca la lotta fra le tribù con la vendita delle armi e poi si sfrutta la guerra di ambedue le tribù. Questo è diabolico. Non mi viene un’altra parola. Questo è distruggere: distruggere il creato, distruggere la persona, distruggere la società. Non so se anche in Sud Sudan succede ma in alcuni Paesi sì succede: i ragazzini sono reclutati per fare parte della milizia e combattere con altri ragazzini.
Riassumendo, credo che il problema più grave è l’ansia di prendere la ricchezza di quel paese – coltan, litio… queste cose – e tramite la guerra, per la quale vendono le armi, sfruttano anche i bambini.
GREENSHIELDS
Uno dei problemi che emergono è l’alto livello di analfabetismo: la gente non ha chiara comprensione chi sono, dove sono, fare scelte informate. Dobbiamo sicuramente metterlo in discussione, superare la divisione con dialogo. Voglio dirvi una piccola storia sulla Scozia: il mio paese è stato religiosamente e profondamente diviso, terribili violenze sono accadute, terribili divisioni, poi è iniziato un processo di dialogo tra noi – chiesa di Scozia e cattolici – che l’anno scorso ha portato alla firma di una dichiarazione di amicizia, con la quale vorremmo camminare insieme nelle nostre differenze ma anche concordando su quello su cui concordiamo, e solo a quel punto puoi far cadere i muri. L’educazione da questo punto di vista aiuta
WELBY
Lei ha detto le Nazioni Unite o altro, ma non è “o”, è “e”: quello che la Chiesa porta non è solo fornire reti che non sono corrotte, per cui gli aiuti arrivano nei paesi, e aiutano a superare le linee che dividono due parti in lotta. Sabato l’arcivescovo ha fatto i funerali a 20 persone, ed ha fatto una grande differenza. È il cambiamento del cuore, e questo è stato il punto di questa visita. 100 anni fa Nuer e Dinka erano sempre in guerra, era una cultura della vendetta, i Nuer in particolare erano sempre … tra loro. La differenza non l’ha fatta il governo, ma le Chiese che hanno inciso sul cambiamento di cuore quando le persone hanno ricevuto la fede in Cristo e hanno realizzato che c’è altro modo di vivere. Dopo questa visita non c’è solo tanto attivismo ma anche che lo Spirito di Dio porti nuovo spirito di riconciliazione e guarigione alla gente del Sud Sudan
TRE
Claudio Lavanga (NBC NEWS)
A Lei Santo Padre volevo chiedere, visto che l’arcivescovo Welby ha ricordato quel momento incredibile nel 2019, quando si è inginocchiato davanti ai leader del Sud Sudan per chiedere la pace, purtroppo fra due settimane ci sarà il primo anniversario di un altro conflitto terribile, quello in Ucraina, e la mia domanda è: Lei sarebbe pronto a compiere lo stesso gesto nei confronti di Vladimir Putin se avesse la possibilità di incontrarlo, visto che i suoi appelli alla pace finora sono caduti nel vuoto? E a tutti e tre volevo chiedere se volete fare un appello congiunto per la pace in Ucraina, visto che è un momento raro in cui siete tutti e tre?
PAPA FRANCESCO
Io sono aperto a incontrare entrambi i presidenti, quello dell’Ucraina e quello della Russia, sono aperto per l’incontro. Se io non sono andato a Kiyv è perché non era possibile in quel momento andare a Mosca, ma ero in dialogo, anzi il secondo giorno della guerra sono andato all’ambasciata russa a dire che volevo andare a Mosca a parlare con Putin, a patto che ci fosse una piccola finestrina per negoziare. Poi il ministro Lavrov mi ha risposto che valutava bene questo ma “vediamo più avanti”. Quel gesto è un gesto che ho pensato, che “lo faccio per lui” (per Putin, ndr). Ma il gesto dell’incontro 2019 non so come è successo, non è stato pensato e le cose che non sono state pensate tu non puoi ripeterle, è lo Spirito che ti porta lì, non si può spiegare, punto. E io anche l’ho dimenticato. È stato un servizio, sono stato strumento di qualche impulso interiore, non una cosa pianificata. Oggi siamo a questo punto, ma non è l’unica guerra, io vorrei fare giustizia: da dodici-tredici anni la Siria è in guerra, da più di dieci anni lo Yemen è in guerra; pensa al Myanmar, alla povera gente Rohingya che gira il mondo perché sono stati cacciati via dalla propria patria. Dappertutto, nell’America Latina, quanti focolai di guerra ci sono! Sì, ci sono guerre più importanti per il rumore che fanno, ma, non so, tutto il mondo è in guerra, e in autodistruzione. Dobbiamo pensare seriamente: è in autodistruzione. Fermiamoci in tempo, perché una bomba ti richiama una più grande e una più grande e nell’escalation tu non sai dove finirai. La testa fredda bisogna (avere). Poi sia Sua Grazia che Mons. Greenshields hanno parlato delle donne, ma le donne, le ho viste nel Sud Sudan: portano avanti i figli, delle volte rimangono sole, ma hanno la forza di creare un Paese, le donne sono brave. Gli uomini vanno alla lotta, vanno alla guerra, e queste signore con due, tre, quattro, cinque bambini vanno avanti, le ho viste in Sud Sudan. E, parlando di donne, vorrei direi una parola alle suore, le suore che si immischiano, ne ho viste alcune qui in Sud Sudan, e poi nella Messa di oggi avete sentito il nome di tante suore che sono state uccise… Torniamo alla forza della donna, dobbiamo prenderla sul serio e non usarla come pubblicità del maquillage: per favore, questo è un insulto alla donna, la donna è per le cose più grandi! Per l’altro punto già ti ho detto, guardiamo alle guerre che sono nel mondo.
WELBY
Per quanto riguarda la Russia, Putin e l’Ucraina, dove sono stato alla fine di novembre e inizio dicembre, non ho davvero nulla da aggiungere, salvo che questa guerra è nelle mani del signor Putin, potrebbe fermarla con il ritiro e il cessate-il-fuoco e poi negoziati su accordi di lungo termine. È una guerra terribile e terrificante, ma voglio dire che sono d’accordo con Papa Francesco, ci sono molte altre guerre, parlo ogni qualche settimana con il capo della nostra Chiesa in Myanmar, ho parlato ai leader della nostra Chiesa in Nigeria, dove ieri sono state uccise 40 persone, ho parlato a molti in giro per il mondo. Concordo totalmente con il Santo Padre, la guerra finisce con il coinvolgimento di donne e giovani, per le ragioni che egli ha detto.
QUATTRO
Bruce De Galzain (Radio France)
Santo Padre, prima di partire per il suo viaggio apostolico lei ha denunciato la criminalizzazione dell’omosessualità. In Sud Sudan e in Congo non è accettata dalle famiglie. Ho incontrato questa settimana a Kinshasa cinque omosessuali, ognuno dei quali era stato rifiutato e persino cacciato dalla propria famiglia – mi hanno spiegato che il loro rifiuto viene dalla educazione religiosa dei loro genitori – alcuni di loro vengono portati da sacerdoti esorcisti perché le loro famiglie credono che siano posseduti da spiriti impuri. La mia domanda Santo Padre: cosa dice alle famiglie del Congo e del Sud Sudan che ancora rifiutano i loro figli e che cosa dice ai preti, ai vescovi?
PAPA FRANCESCO
Su questo problema ho parlato in due viaggi, prima (tornando, ndr.) dal Brasile: se una persona di tendenza omossessuale è credente, cerca Dio, chi sono io per giudicarlo? Questo ho detto in quel viaggio. Secondo, tornando dall’Irlanda, è stato un viaggio un po’ problematico perché quel giorno era uscita la lettera di quel ragazzo… ma lì ho detto chiaramente ai genitori: i figli con questo orientamento hanno diritto di rimanere in casa, non potete cacciarli via di casa. E poi ultimamente ho detto qualcosa, non ricordo bene cosa, nell’intervista alla Associated Press. La criminalizzazione dell’omosessualità è un problema da non lasciar passare. Il calcolo è che, più o meno, cinquanta Paesi, in un modo o in un altro, portano a questa criminalizzazione – mi dicono di più, ma diciamo almeno cinquanta – e anche alcuni di questi – credo siano dieci, hanno la pena di morte (per gli omosessuali n.d.r.) – questo non è giusto, le persone di tendenze omosessuali sono figli di Dio, Dio gli vuole bene, Dio li accompagna. È vero che alcuni sono in questo stato per diverse situazioni non volute, ma condannare una persona così è peccato, criminalizzare le persone di tendenza omosessuale è una ingiustizia. Non sto parlando dei gruppi, ma delle persone. Alcuni dicono: fanno dei gruppi che fanno chiasso, io parlo delle persone, le lobby sono un’altra cosa, sto parlando delle persone. E credo che il Catechismo della Chiesa Cattolica dice: non vanno marginalizzati. Credo che la cosa su questo punto sia chiara.
WELBY
Non può esservi sfuggito che nella Chiesa d’Inghilterra parliamo di questo argomento appena un po’recentemente… compreso una buona quantità di dibattito in Parlamento. Voglio dire che vorrei aver parlato con l’eleganza e la chiarezza che ha usato il Papa. Concordo interamente con ogni parola che ha detto e per quanto riguarda la criminalizzazione, la Chiesa d’Inghilterra, la Comunione anglicana ha approvato due risoluzioni contro la criminalizzazione ma ciò non ha davvero cambiato la mentalità di molte persone. Nei prossimi quattro giorni al sinodo generale sarà il tema principale della discussione e sicuramente citerò quel che ha detto meravigliosamente e accuratamente il Santo Padre.
GREENSHIELDS
Dico solo che nella mia lettura dei quattro Vangeli dove vedo Gesù cacciare via (?) qualcuno, nei quattro vangeli non trovo altro che Gesù che esprime amore nei confronti di tutti gli esseri umani, e questo è quello che da cristiani possiamo dare a ogni essere umano in ogni circostanza
CINQUE
Alexander Hecht (ORF TV)
Una domanda al Papa: si è parlato molto in questi ultimi giorni di unità, si è vista anche una dimostrazione di unità della Cristianità, in Sud Sudan, anche di unità della Chiesa Cattolica stessa, vorrei chiederle se lei sente che dopo la morte di Benedetto XVI è stato più difficile per lei il suo lavoro e la sua missione, perché si sono rafforzate le tensioni tra le diverse ali della Chiesa Cattolica?
PAPA FRANCESCO
Su questo punto, vorrei dire, che ho potuto parlare di tutto con Papa Benedetto. (Anche per, ndr.) cambiare opinione. Lui sempre era al mio fianco, appoggiando e se aveva qualche difficoltà, me la diceva e parlavamo. Non c’erano problemi. Una volta che io ho parlato del matrimonio delle persone omosessuali, del fatto che il matrimonio è un sacramento e che noi non possiamo fare un sacramento, ma che c’è una possibilità di assicurare i beni tramite la legge civile, che è cominciata in Francia… qualsiasi persona può fare una unione civile, non necessariamente di coppia. Le vecchiette che sono in pensione ad esempio… perché si possono guadagnare tante cose. Una persona che si crede un grande teologo, tramite un amico di Papa Benedetto, è andato da lui e ha fatto la denuncia contro di me. Benedetto non si è spaventato, ha chiamato quattro cardinali teologi di primo livello e ha detto: spiegatemi questo e loro lo hanno spiegato. E così è finita la storia. È un aneddoto per vedere come si muoveva Benedetto quando c’era una denuncia. Alcune storie che si dicono, che Benedetto era amareggiato per quello che ha fatto il nuovo Papa, sono storie da “telefono senza fili” (il Papa usa per significarlo l’espressione “storie cinesi”, ndr.). Benedetto anzi io l’ho consultato per alcune decisioni da prendere. E lui era d’accordo. Era d’accordo. Credo che la morte di Benedetto sia stata strumentalizzata da gente che vuole portare acqua al proprio mulino. E quelli che strumentalizzano una persona così brava, così di Dio, quasi direi un santo padre della Chiesa, direi che è gente non etica, è gente di partito non di Chiesa… si vede in ogni parte, la tendenza a fare di posizioni teologiche dei partiti. Queste cose cadranno da sole, o se non cadranno andranno avanti come tante volte è accaduto nella storia della Chiesa. Ho voluto dire chiaramente chi era papa Benedetto, non era un amareggiato.
SEI
Jorge Barcia Antelo (RNE)
Buongiorno Santità. Ritorniamo oggi da due Paesi vittime di quello che lei ha chiamato la globalizzazione dell’indifferenza. Ne parla dall’inizio del suo pontificato e dal suo viaggio a Lampedusa. In un certo senso in questa settimana si è chiuso un cerchio. Pensa ancora ad ampliare il raggio di questo cerchio, ad andare altrove, visitare altri paesi dimenticati? In quali luoghi ha in mente di andare? E dopo questo viaggio che è stato così lungo, impegnativo, come sta? Si sente ancora forte? Sente di avere una condizione di salute necessaria (sufficiente) per andare in tutti questi posti?
PAPA FRANCESCO
C’è dappertutto la globalizzazione dell’indifferenza. All’interno del Paese diverse persone hanno dimenticato di guardare i propri compatrioti, i propri concittadini, e li mettono all’angolo per non pensarci. Pensare che le fortune più grandi del mondo sono nelle mani di una minoranza. E questa gente non guarda le miserie, il cuore non gli si apre per aiutare. Sui viaggi: credo che l’India sarà il prossimo anno. Il 23 settembre vado a Marsiglia, e c’è la possibilità che da Marsiglia voli in Mongolia, ma non è ancora definito, è possibile. Un altro di quest’anno non lo ricordo. Lisbona. Il criterio: io ho scelto di visitare i paesi più piccoli dell’Europa. Diranno: “Ma è andato in Francia”, no, sono andato a Strasburgo; andrò a Marsiglia, non in Francia. I più piccoli, i più piccoli. Per conoscere un po’ l’Europa nascosta, l’Europa che ha tanta cultura ma non è conosciuta. Per accompagnare paesi, per esempio l’Albania, che è stato il primo, che è il paese che ha sofferto la dittatura più crudele, più crudele, della storia. Poi la scelta mia è questa: cercare di non cadere io nella globalizzazione dell’indifferenza. (Sulla salute, ndr): Tu sai che cattiva erba muore mai. Non come all’inizio del pontificato, questo ginocchio dà fastidio, ma va avanti lentamente, poi vediamo. Grazie.
Per gli altri due: vi unireste per un altro viaggio con il Papa?
WELBY
Sicuramente questa è la migliore linea aerea con cui io abbia viaggiato! Scherzi a parte, ne sarei felice, se il Santo Padre sentisse che nel futuro noi possiamo aggiungere valore è sempre un enorme privilegio di essere con lui, che fosse un aiuto a lui.
GREENSHIELDS
Ne sarei felice, l’unico limite è che il mio mandato scade il 20 maggio e mi succederà una donna, molto capace, e sono sicuro che sarebbe felice di fare lo stesso.
(trascrizione e traduzione di lavoro)