Il Papa: Timor-Leste, esempio nel combattere l’odio con la riconciliazione

Vatican News

Francesco parla alle autorità, alla società civile e al corpo diplomatico del Paese asiatico nel quale è giunto oggi, apprezzando l’atteggiamento che l’ha portato alla pace con l’Indonesia dopo decenni di un conflitto sanguinoso, chiudendo le ferite e purificando la memoria. E in tema di abusi sui minori, il richiamo ad agire con responsabilità per prevenire questa piaga

Michele Raviart – Città del Vaticano

Giunto dove “Asia e Oceania si sfiorano e, in un certo senso, incontrano l’Europa”, in una terra “ornata di montagne, foreste e pianure, circondata da un mare meraviglioso che si estende a perdita d’occhio”, Papa Francesco viene accolto al palazzo presidenziale di Dili, capitale di Timor-Leste, dal capo di Stato, uno degli artefici dell’indipendenza e Premio Nobel per la pace del 1996, Josè Manuel Ramos-Horta. I due sorridono e scherzano fra loro, dopo aver ascoltato gli inni e dopo che tre bambini in abito tradizionale hanno offerto al Papa dei fiori e una sciarpa in tais, il tessuto locale.

L’accoglienza al palazzo presidenziale

La firma del Libro d’Onore e un incontro privato con il presidente, precedono l’arrivo di Francesco nella bianca Salåo China del palazzo presidenziale, dove il Pontefice si rivolge alle circa 400 persone che rappresentano le autorità, la società e il corpo diplomatico di Timor-Leste e ne ripercorre la storia. Dall’arrivo dei primi missionari domenicani che portarono il cattolicesimo e la lingua portoghese – tutt’ora la lingua ufficiale insieme al tetum – alla lotta per l’indipendenza dall’Indonesia dopo l’emancipazione dal Portogallo nel 1975, definitivamente ottenuta nel 2002.

Un’alba di pace e libertà

Timor-Leste, ribadisce il Papa, “ha conosciuto le convulsioni e le violenze, che spesso si registrano quando un popolo si affaccia alla piena indipendenza e la sua ricerca di autonomia viene negata o contrastata”, ma “ha saputo però risorgere, ritrovando un cammino di pace e di apertura a una fase” di sviluppo e di valorizzazione delle sue risorse naturali e umane.

Rendiamo grazie al Signore perché, nell’attraversare un periodo tanto drammatico della vostra storia, non avete perso la speranza, e per il fatto che, dopo giorni oscuri e difficili, è finalmente sorta un’alba di pace e di libertà.

Il radicamento della fede cattolica

A essere stato di grande aiuto, per il Pontefice, è stato il “radicamento della fede cattolica”, già messo in rilievo da San Giovanni Paolo II durante la sua visita nel 1989 ed espressione di quel cristianesimo, nato in Asia tramite i missionari europei “testimoniando la propria vocazione universale e la capacità di armonizzarsi con le più diverse culture, le quali, incontrandosi con il Vangelo, trovano una nuova sintesi più alta e profonda”. Inculturazione della fede ed evangelizzazione della cultura, aggiunge, sono infatti un binomio importante per la vita cristiana. Ne è un esempio il quadro situato alle spalle del Papa nella sala dove si trovava il Libro d’Onore, in cui appaiono i primi missionari portoghesi, i primi edifici missionari, un’immagine di Papa Wojtyla e il primo cardinale timorese, che lo stesso Francesco ha firmato prima di lasciare il palazzo presidenziale. Insegnamenti evangelici e continuità nella fede che hanno guidata “a una piena riconciliazione con i fratelli dell’Indonesia”. Una “politica della mano tesa” particolarmente lodata dal Papa.

Avete mantenuto salda la speranza anche nell’afflizione e, grazie all’indole del vostro popolo e alla vostra fede, avete trasformato il dolore in gioia! Voglia il Cielo che pure in altre situazioni di conflitto, in diverse parti del mondo, prevalga il desiderio di pace, perché l’unità è superiore al conflitto, sempre. E questo richiede anche una certa purificazione della memoria, per sanare le ferite, per combattere l’odio con la riconciliazione, lo scontro con la collaborazione.

Lotta all’emigrazione e gestione delle risorse naturali per il bene pubblico

Timor-Leste, ribadisce Francesco “ha saputo far fronte a momenti di grande tribolazione con paziente determinazione ed eroismo” e “oggi vive come un Paese pacifico e democratico, che si impegna nella costruzione di una società fraterna, sviluppando relazioni pacifiche con i vicini nell’ambito della comunità internazionale”. Non mancano tuttavia le sfide: dalla costruzione e il consolidamento delle istituzioni e della rappresentanza, all’emigrazione dal Paese“che è sempre indice di una insufficiente o inadeguata valorizzazione delle risorse”. Per questo, per Francesco, serve un’azione corale di ampio respiro che coinvolta molteplici forze e distinte responsabilità, civili, religiose e sociali per combattere la povertà presente in tante zone rurali, come anche è indispensabili preparare adeguatamente la classe dirigente del futuro, in particolare nella gestione delle risorse naturali del Paese, “in primo luogo delle riserve petrolifere e del gas, che potrebbero offrire inedite possibilità di sviluppo” nell’esclusivo interesse del bene comune.

Prevenire il male sociale degli abusi

Il 65% della popolazione di Timor-Lester, a differenza dell’Europa, è al di sotto dei 30 anni di età e molte sono le criticità per questa fascia della popolazione, come gli alcolici e le gang criminali.

Date degli ideali ai giovani per tirarli fuori da queste trappole! E anche un fenomeno di arruolamento in certe bande che, forti della conoscenza delle arti marziali, invece di usarle al servizio degli indifesi, ne approfittano per mostrare il potere effimero e dannoso della violenza. La violenza è sempre un problema nei villaggi. E non dimentichiamo tanti bambini e adolescenti offesi nella loro dignità: tutti siamo chiamati ad agire con responsabilità per prevenire questo male sociale e garantire una crescita serena ai nostri ragazzi.

Il pilastro della dottrina sociale della Chiesa

Ad aiutare il popolo timorese in questo oltre alla fede – Que a vossa fé seja a vossa cultura! (che la vostra fede sia la vostra cultura) è infatti il tema della visita del Papa nel Paese asiatico e Francesco lo ha anche ribadito nella sua dedica sul Libro d’Onore, in cui definisce il popolo timorese la cosa più del Paese e lo invita a vivere la gioia della fede in armonia e in dialogo con la cultura – c’è il pilastro insostituibile della dottrina sociale della Chiesa, che “si basa sulla fraternità e favorisce lo sviluppo dei popoli, soprattutto di quelli più poveri”.

In questo senso è motivo di grande gioia per Francesco, l’aver recepito – come ha annunciato il presidente Horta – quale documento nazionale quello sulla Fratellanza umana di Abu Dhabi, affinchè “essa possa venire adottata e inclusa nei programmi scolastici. Istituzioni legate alla Chiesa, poi, contribuiscono all’assistenza e alla carità dei bisognosi, all’educazione e alla sanità: una preziosa risorsa che consente di guardare al futuro con occhi pieni risorsa.

Merita apprezzamento, al riguardo, il fatto che l’impegno della Chiesa a favore del bene comune possa avvalersi della collaborazione e del sostegno dello Stato.

L’entusiasmo dei giovani e la saggezza degli anziani

L’invito è quindi a essere fiduciosi e a mantenere uno sguardo pieni di speranza verso l’avvenire, anche grazie alla commistione tra l’entusiasmo dei giovani e la saggezza degli anziani, una “miscela provvidenziale di conoscenze e di slanci generosi verso il domani” e una “grande risorsa” che non permette ne passività né pessimismo.

Guardando al vostro recente passato e a quanto è stato finora compiuto, c’è motivo di essere fiduciosi che la vostra Nazione saprà ugualmente affrontare con intelligenza, chiarezza e creatività le difficoltà e i problemi odierni. Confidare nella saggezza del popolo. Il popolo ha la sua saggezza. Fidatevi di quella saggezza.