Debora Donnini – Città del Vaticano
La fila di 21 cristiani, 20 copti ortodossi egiziani e un ghanese, vestiti di tute arancioni, inginocchiati su una spiaggia di Sirte, in Libia. Era stato detto loro che se avessero rinnegato la fede si sarebbero salvati. Non lo fecero. Vennero sgozzati dai terroristi in uniformi nere del sedicente Stato islamico. Quel giorno di febbraio del 2015 è rimasto scolpito anche nel cuore di Papa Francesco che in un videomessaggio ha voluto ricordare la testimonianza di fede di questi “battezzati cristiani con l’acqua e lo Spirito, e quel giorno battezzati anche con il sangue”. Già dal 2015 il patriarca ortodosso Tawadros ha inserito i loro nomi nel “Sinassario”, l’equivalente orientale del martirologio romano, venerandoli come santi. “Sono i nostri Santi”, afferma il Papa, “Santi di tutte le confessioni e tradizioni cristiane. Sono coloro che hanno imbiancato la loro vita nel sangue dell’Agnello”. Sono del popolo fedele di Dio.
Dalla fede semplice il dono più grande
Cuore del videomessaggio è proprio la loro fede e la testimonianza di Gesù che hanno offerto. Erano uomini normali, nota il Papa, andati a lavorare all’estero per sostenere le loro famiglie, per portare a casa il pane “con la dignità del lavoro”. Padri di famiglia, con il desiderio di avere dei figli.
E questi uomini hanno dato testimonianza di Gesù Cristo. Sgozzati dalla brutalità dell’Isis, morivano dicendo: “Signore Gesù!”, confessando il nome di Gesù. E’ vero che c’è una tragedia, che questa gente ha lasciato la vita sulla spiaggia; ma è vero anche che la spiaggia è stata benedetta dal loro sangue. Ma ancora di più è vero che dalla loro semplicità, dalla loro fede semplice ma coerente hanno ricevuto il dono più grande che possa ricevere un cristiano: la testimonianza di Gesù Cristo fino a dare la vita.
Grazie alle mamme del popolo di Dio
“Ringrazio Dio nostro Padre perché ci ha dato questi fratelli coraggiosi”, prosegue Francesco. “Ringrazio lo Spirito Santo perché ha dato loro la forza e la coerenza di arrivare alla confessione di Gesù Cristo fino al sangue” e anche “i vescovi, i preti della Chiesa sorella copta che li ha allevati, ha loro insegnato a crescere nella fede”. Il ringraziamento del Papa va anche alle mamme di questi uomini uccisi, “che hanno loro ‘allattato’ la fede”: “sono – sottolinea – le mamme del popolo santo di Dio che trasmettono la fede ‘in dialetto’, un dialetto che va oltre le lingue, il dialetto delle appartenenze”.
La confessione che Gesù Cristo è il Signore
Alla commemorazione partecipano il Patriarca copto ortodosso Tawadros e il primate della Comunione anglicana, l’arcivescovo di Canterbury Justin Welby. “Mi unisco – dice il Papa – a tutti voi, fratelli vescovi, che siete in questa commemorazione. A te, grande, amato Tawadros, fratello e amico vescovo. A te, Justin Welby, che hai voluto venire anche a questo incontro”. Ma soprattutto il Papa si unisce al santo popolo fedele di Dio che, nota, “nella sua semplicità, con la sua coerenza e le incoerenze, con le grazie e i peccati, porta avanti la confessione di Gesù Cristo: Gesù Cristo è il Signore”.
Ringrazio voi, ventuno Santi, Santi cristiani di tutte le confessioni, per la vostra testimonianza. E ringrazio Te, Signore Gesù Cristo, per essere così vicino al tuo popolo, per non dimenticarlo.
Infine, l’invito a pregare oggi, insieme, in questa memoria di questi ventuno Martiri copti affinché essi “intercedano per tutti noi davanti al Padre”. Nel febbraio del 2015 Papa Francesco aveva offerto proprio per loro la Messa a Casa Santa Marta. Il Signore, aveva detto, “come martiri li accolga”.