Salvatore Cernuzio – Città del Vaticano
È stato il presidente della Corea del Sud, Moon Jae-in, ad aprire la mattinata di incontri di Papa Francesco terminata con l’udienza al presidente degli Stati Uniti, Joe Biden, e sua moglie Jill, alle 12. Il presidente sudcoreano cattolico, a Roma per il G20, è giunto intorno alle 10.15 in Vaticano. Il corteo delle macchine presidenziali ha attraversato piazza San Pietro per arrivare al Cortile di San Damaso, dove Moon – sceso dall’auto insieme alla moglie, in abito nero con un velo di pizzo a coprire il capo – è stato accolto da monsignor Leonardo Sapienza, reggente della Prefettura della Casa Pontificia.
La speranza di pace per la Penisola coreana
Il capo di Stato è stato accompagnato poi nella Sala del Tronetto, dove è avvenuto il primo saluto con Papa Francesco. I due si sono quindi spostati nella Biblioteca apostolica per il colloquio privato, iniziato alle 10.25 e concluso alle 10.50.
“Cordiali” i colloqui, come riporta una nota diffusa dalla Sala Stampa vaticana, informando che “è stato espresso compiacimento per le buone realzioni bilaterali e per il positivo contributo che la Chiesa cattolica offre alla società, rilevando una particolare assiduità nella promozione del dialogo e della riconciliazione tra i Coreani”. A tal riguardo, sottolinea il comunicato, è stata condivisa “la speranza che il comune impegno e la buona volontà favoriscano la pace e lo sviluppo nella Penisola coreana, sostenuti dalla solidarietà e dalla fraternità”.
Terminato il dialogo, si è svolto il saluto alla delegazione, composta da quindici membri. Poi Moon ha incontrato il segretario di Stato, il cardinale Pietro Parolin, e il sottosegretario per i Rapporti con gli Stati, monsignor Paul Richard Gallagher.
Lo scambio dei doni
Al momento dello scambio dei doni, Francesco ha consegnato al presidente una medaglia in bronzo raffigurante il progetto originario del Bernini per Piazza San Pietro, oltre a una copia del Messaggio per la Giornata Mondiale della Pace 2021, il Documento sulla Fratellanza Umana firmato ad Abu Dhabi, il libro edito dalla Lev sulla Statio Orbis del 27 marzo 2020. Il presidente ha ricambiato con una croce realizzata con il filo spinato proveniente dalla zona demilitarizzata al confine con la Corea del Nord. Un “simbolo di pace”, recita la descrizione, dove si legge che sono state realizzate 136 croci uguali, “tenendo conto che sono 68 anni di divisione territoriale di ogni parte”.
L’udienza del 2018
Il presidente Moon era già stato ricevuto in udienza da Papa Francesco il 18 ottobre 2018. L’incontro allora era durato quasi un’ora, 35 minuti solo il colloquio privato incentrato sul positivo contributo della Chiesa in Corea in ambito sociale, educativo e sanitario, sull’apprezzamento per l’impegno “nel favorire ogni utile iniziativa che consenta di superare le tensioni ancora esistenti nella Penisola coreana, per aprire una nuova stagione di pace e di sviluppo”.
Il clima generale, quattro anni fa, era stato cordiale e disteso, come riferiva la Sala Stampa vaticana, e Moon si era presentato al Papa “come capo di Stato coreano” ma soprattutto come “cattolico”: “Il mio nome di battesimo è Timoteo ed è un onore incontrarla”, aveva detto. Mentre, congedandosi dal Pontefice, aveva aggiunto: “Lei non è solo il capo della Chiesa cattolica, ma un maestro per l’umanità”. Subito dopo il capo di Stato aveva incontrato il cardinale Segretario di Stato, Pietro Parolin, che il giorno prima aveva celebrato una Messa per la pace in Corea nella Basilica di San Pietro.
L’invito verbale a visitare la Corea del Nord
In quell’occasione, oltre ad alcuni doni (tra cui una scultura con il volto di Gesù), il presidente aveva consegnato al Pontefice un invito verbale da parte del leader nordcoreano Kim Jong-un affinché Francesco visitasse Pyongyang. L’agenzia di stampa coreana YonHap News, riportava allora che il Papa avesse espresso la sua disponibilità a visitare la Corea del Nord. Il portavoce del presidente sudcoreano confermava la notizia e anche il segretario di Stato, Pietro Parolin, incontrando quel giorno i giornalisti a margine di un evento, spiegava che da parte del Papa “è stata espressa una disponibilità ad andare, ma un viaggio del genere ha bisogno di una seria considerazione e una seria preparazione”. Una eventuale visita del Pontefice nel nord della penisola asiatica (Francesco era già stato a Seul nell’agosto 2014), sottolineava Parolin, sarebbe un “contributo fondamentale” per sostenere “il processo di pacificazione e di denuclearizzazione”. In ogni caso, chiariva il Segretario di Stato, bisognava “aspettare che si formalizzi questo invito”: “Una volta che si comincerà a pensare seriamente alla possibilità di questo viaggio, si dovrà pensare anche se dovranno essere richieste alcune condizioni per poterlo realizzare”.
La questione di un ipotetico viaggio del Pontefice in Corea è emersa nuovamente nei giorni scorsi, dopo che il portavoce del Ministero dell’Unificazione, Lee Jong-joo, ha dichiarato in una conferenza stampa che una eventuale visita del Papa a Pyongyang “se si concretizzerà, contribuirà notevolmente alla costruzione della pace nella penisola coreana”. Per questo motivo, aggiungeva il portavoce, “abbiamo mantenuto una posizione tale da fornire supporto per realizzare la visita se le discussioni correlate faranno progressi”.