Il Papa: Paolo VI e Giovanni XXII, Pastori santi grazie alle loro radici

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Francesco incontra nella Basilica vaticana più di mille pellegrini da Sotto il Monte e Concesio, le due cittadine lombarde che hanno dato i natali a Papa Roncalli e Papa Montini, che “hanno saputo guidare la Chiesa in tempi di grandi entusiasmi” e “grandi domande e sfide”: come loro concittadini voi siete “cooperatori del dono” della loro santità, la vostra terra non sia un baluardo da difendere ma una ricchezza da condividere

Alessandro Di Bussolo – Città del Vaticano

Giovanni XXIII e Paolo VI, i due Papi santi della seconda metà del XX secolo, “hanno saputo guidare la Chiesa in tempi di grandi entusiasmi e però altrettanto di grandi domande e sfide”, affrontare gravi pericoli come terrorismo e “guerra fredda” e vivere da protagonisti la nuova vitalità portata dal Concilio Vaticano II.  Ma “Dio non fa i santi in laboratorio”, e se hanno potuto essere grandi Pastori, è grazie alla “terra fertile e ricca di santità” in cui hanno posto le radici e sono cresciuti, quella di Sotto il Monte e Concesio. Così Papa Francesco si rivolge, nella Basilica di san Pietro, a più di un migliaio di pellegrini delle due cittadine lombarde, in provincia di Bergamo e Brescia, che hanno dato i natali ad Angelo Roncalli e Giovanni Battista Montini.

Protagonisti dell’ondata di vitalità del Concilio

Il Papa li riceve in udienza, insieme, per tre ricorrenze importanti per tutta la Chiesa: il 60.mo anniversario della Lettera Enciclica Pacem in terris, “della nascita al cielo di Papa Giovanni”, avvenuta proprio il 3 giugno, e dell’elezione di Papa Montini. Due santi Pastori, sottolinea…

…che hanno saputo guidare la Chiesa in tempi di grandi entusiasmi e però altrettanto di grandi domande e sfide. Hanno vissuto come protagonisti l’ondata di nuova vitalità che ha accompagnato il Concilio Vaticano II e hanno dovuto affrontare gravi pericoli come il terrorismo e la “guerra fredda”.

Ancora il Papa durante l’udienza

Nelle vostre terre hanno lasciato tracce di un cammino di santità

Sono stati però sempre, prosegue Francesco, “pastori secondo il cuore di Dio” che hanno saputo “cercare la pecora perduta – spiega citando il Libro di Ezechiele – ricondurre la smarrita, fasciare la ferita, rafforzare quella malata, prendersi cura della grassa e della forte, pascere con giustizia e misericordia”. Il primo grazie al Signore, chiarisce, è “per averceli donati”. Donati “alle vostre comunità come figli e fratelli, cresciuti tra le vostre strade, dove hanno lasciato le tracce del loro cammino di santità, al punto che ancora oggi i luoghi della loro presenza sono meta di pellegrinaggio per tanti uomini e donne” dall’Italia e dall’estero. Pellegrini che “trovano da voi conforto e sostegno, e al tempo stesso rendono la vostra terra più viva e ricca nella fede”. Ma anche, insiste il Pontefice, “grazie al Signore anche perché ha reso voi, loro concittadini, cooperatori di questo dono”.

Essi hanno potuto essere grandi Pastori, infatti, prima di tutto perché sulla loro strada hanno incontrato buoni compagni di cammino, testimoni del Vangelo che li hanno aiutati a crescere nella fede, fino ad accendere in loro la luce della chiamata.

Dio non fa i santi in laboratorio

Compagni di viaggio come “le loro famiglie, diverse per estrazione e contesto, ma accomunate dalla stessa solida pietà cristiana, vissuta da una parte nel duro lavoro dei campi e dall’altra nel serio impegno culturale e sociale”.

Dio non fa i santi in laboratorio: li costruisce in grandi cantieri, in cui il lavoro di tutti, sotto la guida dello Spirito Santo, contribuisce a scavare profondo, a porre solide fondamenta e a realizzare la costruzione, ponendo ogni cura perché cresca ordinata e perfetta, con Cristo come pietra angolare.

Una terra fertile in cui porre le radici e crescere

Fin da piccoli Angelo e Giovanni Battista hanno respirato questa aria a Sotto il Monte e a Concesio, “con tutto il bene che ne è derivato: quello che hanno donato e ricevuto!”. Grazie ancora al Signore, prosegue Papa Francesco, “perché ha dato loro, nei vostri paesi, una terra fertile e ricca di santità in cui porre le radici e crescere, e perché fa anche di voi”, come già dei vostri genitori, dei vostri nonni, e di tanti che hanno vissuto nelle vostre cittadine “un suolo buono e generoso, in cui piccoli semi di bene possono germogliare e crescere per il futuro”. Come i due Papi santi anche San Timoteo, citato da Francesco, “è stato un grande Pastore, e anche lui ha imparato alla scuola di vita di sua nonna e di sua mamma, in una famiglia e in una comunità”. Fate sempre tesoro delle vostre radici, è l’invito del Papa “non tanto per trasformarle in un blasone o in un baluardo da difendere, quanto piuttosto come di una ricchezza da condividere”.

La terra si lavora insieme, si lavora per tutti e si lavora in pace; con la guerra, l’egoismo e la divisione si riesce solo a devastarla, come purtroppo stiamo vedendo in tante parti del mondo e in modi diversi. Amare le vostre radici sia dunque per voi amare il Vangelo di Gesù e amare come Gesù ha amato nel Vangelo! Questo vi insegna la vostra storia di terra e di Chiesa.

Anche voi non dimenticate le vostre radici!

Lasciando il testo preparato, Francesco ribadisce che “dalle vostre radici viene il succo per andare avanti, per crescere, e anche per dare una storia e un senso della vita ai vostri figli e ai vostri nipoti”.

Amate le vostre radici, non staccate l’albero dalle radici: non darà frutto. Cercate di progredire sempre in armonia con le vostre radici, in sintonia con le vostre radici.

La Pacem in terris e il valore di una pace fondata su giustizia e amore

Ricordano poi, con i pellegrini, l’anniversario dell’Enciclica Pacem in terris di san Giovanni XXIII, il Pontefice richiama quanti il suo predecessore bergamasco afferma “sul valore di una pace fondata sulla giustizia, sull’amore, sulla verità, sulla libertà, fondata sul rispetto della dignità delle persone e dei popoli”. Anche questi, chiarisce, “sono valori che certo ha imparato e conosciuto prima di tutto nelle campagne della bergamasca; e lo stesso vale per San Paolo VI nelle terre bresciane”.

Capitale della cultura: la vera cultura si fa uniti nel dialogo

Infine Papa Francesco ricorda che i due capoluoghi delle cittadine lombarde, Bergamo e Brescia, “insieme”, sono stati scelti per essere “Capitale italiana della Cultura” per il 2023., e lo definisce “un segno in più che ci porta nella stessa direzione”. La vera cultura si fa infatti uniti, “nel dialogo e nella ricerca comune” e come ha scritto nella Populorum Progressio san Paolo VI mira a condurre “attraverso l’aiuto vicendevole, l’approfondimento del sapere, l’allargamento del cuore, a una vita più fraterna in una comunità umana veramente universale”

La cultura è amante della verità e del bene, per l’uomo, per la società e per il creato. Possiate continuare a coltivarla, prima di tutto nelle vostre case e nelle vostre parrocchie, per portare avanti la missione che ci hanno affidato i due santi Papi a cui avete dato i natali.