Salvatore Cernuzio – Città del Vaticano
“La salute non è un lusso, è per tutti”. Allora “spetta ad ogni Paese adoperarsi per ricercare le strategie e le risorse perché ad ogni essere umano sia garantito l’accesso alle cure e il diritto fondamentale alla salute”. Francesco leva ancora una volta la voce contro quella “cultura dello scarto” che tende a eliminare chi non è produttivo o autosufficiente. In primis, i malati. L’appello del Papa è il cuore del discorso ai membri della Federazione nazionale degli Ordini dei tecnici sanitari di radiologia medica e delle professioni sanitarie tecniche, della riabilitazione e della prevenzione, organismo che rappresenta migliaia di professionisti sanitari. Circa 150 sono stati ricevuti questa mattina in Sala Clementina.
Un mondo che scarta gli ammalati, che non assiste chi non può permettersi le cure, è un mondo cinico e non ha futuro.
Servizio al prossimo, anche mettendo a rischio la propria salute
Il Papa ringrazia i professionisti sul campo per l’impegno e la dedizione, “specialmente quando sono nascosti”. Ricorda quindi l’esperienza “difficilmente immaginabile” che il mondo ha vissuto negli ultimi tre anni, quella della pandemia. “Senza il vostro impegno e le vostre fatiche – dice – molti malati non sarebbero stati curati”.
Il senso del dovere animato dalla forza dell’amore vi ha permesso di prestare la vostra opera al servizio del prossimo, anche mettendo a rischio la vostra stessa salute. E con voi ringrazio tutti gli altri operatori sanitari.
“Per la fragilità non c’è spazio”
La pandemia spinge quindi a una riflessione sull’esperienza della malattia, come pure la prossima ricorrenza, l’11 febbraio, sulla Giornata mondiale del malato. “Ciò – sottolinea – è oggi tanto più opportuno, anzi necessario, perché spesso la cultura dell’efficienza e dello scarto spinge a negarla”.
Per la fragilità non c’è spazio. E così il male, quando irrompe e ci assale, ci lascia a terra tramortiti.
Può accadere, allora, “che gli altri ci abbandonino, o che paia a noi di doverli abbandonare, per non sentirci un peso nei loro confronti”. Ed è così, dice Francesco, che “inizia la solitudine”.
La cultura della cura
Contro la “cultura dello scarto” c’è “la cultura della cura”, che è quella “impersonata dal buon Samaritano”, il quale davanti a un uomo ferito che altri avevano ignorato “non gira lo sguardo altrove”, ma si avvicina “con compassione” e se ne prende cura. La parabola evangelica indica dunque una precisa linea di comportamento: “Ci mostra con quali iniziative si può rifare una comunità a partire da uomini e donne che fanno propria la fragilità degli altri, che non lasciano edificare una società di esclusione, ma si fanno prossimi e rialzano e riabilitano l’uomo caduto, perché il bene sia comune”.
I malati sono persone
“Rialzare e riabilitare” sono le due parole che il Papa indica per il servizio dei professionisti sanitari. Servizio che nasce dalla consapevolezza che i loro assistiti “prima di tutto sono persone”. “Al centro infatti dev’esserci sempre la persona, in tutte le sue componenti, compresa quella spirituale: una totalità unificata, in cui si armonizzano le dimensioni biologiche e spirituali, culturali e relazionali, progettuali e ambientali dell’essere umano nel percorso della vita”, afferma Papa Francesco. “Questo principio, che è alla base della Costituzione etica della vostra Federazione, orienta il cammino e permette di non cedere a sterili efficientismi o a un’applicazione fredda dei protocolli”.
I malati sono persone che chiedono di essere curate e di sentirsi curate, e per questo è importante relazionarsi a loro con umanità ed empatia. È vero con un alto livello professionale – quello è vero – ma con umanità ed empatia.
“Prendersi cura” anche dei professionisti sanitari
Ma anche i professionisti sanitari sono persone: “Avete bisogno di qualcuno che si prenda cura di voi, attraverso il riconoscimento del vostro servizio, la tutela di condizioni adeguate di lavoro e il coinvolgimento di un numero appropriato di curanti, affinché il diritto alla salute venga riconosciuto a tutti”, dice il Pontefice. E conclude esortando “a guardare sempre ai valori etici come riferimento indispensabile per le vostre professioni”.
I valori infatti, se ben assimilati e uniti al sapere scientifico e alle necessarie competenze, permettono di accompagnare nel migliore dei modi le persone che vi sono affidate.