Benedetta Capelli – Città del Vaticano
Essere una voce contro il male. Papa Francesco indica chiaramente il cammino spirituale della Chiesa quando incontra l’ingiustizia. Una voce profetica ed evangelica che nasce non dalle parole “che non bastano” ma dalle testimonianze di chi ha perso la vita. Lo fa nell’udienza, in lingua spagnola, ai pellegrini venuti in Vaticano per ringraziare dopo la beatificazione, avvenuta il 22 gennaio scorso in Salvador, dei martiri Rutilio Grande García, il gesuita assassinato il 12 marzo 1977 insieme ai laici Manuel Solórzano e Nelson Rutilio Lemus, e il francescano Cosma Spessotto, ucciso in piena guerra civile salvadoregna, nel 1980.
“Il messaggio di questi martiri – spiega il Papa – ci chiama a identificarci con la loro passione” che è l’abbraccio della Croce.
E questo progetto di cammino, di cammino spirituale, di preghiera, di lotta, a volte deve assumere la forma della denuncia, della protesta, non politica, mai, evangelica sempre. Finché ci saranno ingiustizie, finché non si ascolteranno le richieste giuste della gente, finché in un Paese si mostreranno segni di non maturità nel cammino di pienezza del Popolo di Dio, lì ci dovrà essere la nostra voce contro il male, contro la tiepidezza della Chiesa, contro tutto ciò che ci allontana dalla dignità umana e dalla predicazione del Vangelo.
Dalla parte degli scartati
Francesco rimarca che “la croce di Gesù è la croce di tutti, ed è la croce della Chiesa come corpo di Cristo, che lo segue fino al sacrificio”. Nel cuore del Papa ci sono i più fragili che non vanno mai dimenticati.
Incoraggiamoci gli uni gli altri, pensiamo a quanti sono in difficoltà nel nostro popolo: i più poveri, i detenuti, quelli che non hanno di che vivere, i malati, gli scartati. E ringraziamo Dio di potere camminare con la forza della fede per servire il nostro popolo.
Dono gratuito
“I martiri – sottolinea il Papa – sono un dono gratuito del Signore, il dono più prezioso che Dio ha potuto dare alla sua Chiesa, poiché in loro si attualizza quell’amore più grande che Gesù ci ha mostrato sulla croce”. Dono anche per la Chiesa “peregrina a El Salvador sia per la Chiesa universale, e il loro significato resterà sempre nel mistero di Dio”. Luci da seguire:
perché i problemi non sono finiti, la lotta per la giustizia e per l’amore dei popoli continua, e per lottare non bastano le parole, non bastano le dottrine, che sono sì necessarie, ma non bastano; bastano testimonianze, ed è questo che dobbiamo seguire. Perciò dico che sono un dono per la nostra edificazione.
Le reliquie per ricordare la lotta contro le ingiustizie
Francesco cita l’omelia di sant’Oscar Romero pronunciata in occasione del funerale di Rutilio Grande, sottolineando “che il primo frutto della morte dei beati è stato il ripristino dell’unità della Chiesa”. Il Papa ricorda poi il suo legame con questi martiri.
Ho sentito molto la vita di questi martiri, l’ho vissuta molto, ho vissuto il conflitto tra pro e contro. Ed è una devozione personale: all’ingresso del mio studio ho un quadratino con un pezzo del camice insanguinato di San Oscar Romero e una piccola catechesi di Rutilio Grande, per ricordarmi che ci sono sempre ingiustizie per cui bisogna lottare, e loro hanno mostrato la strada.
Vangelo vivo
L’unità della Chiesa, il camminare insieme in puro stile sinodale, il portare la croce anche nel sacrificio supremo dell’amore sono le lezioni che i martiri offrono.
Le nostre realtà non sono sicuramente le stesse di allora, ma la chiamata all’impegno, alla fedeltà, a porre la fede in Dio e l’amore per il fratello al primo posto, a vivere di speranza, è atemporale, perché è il Vangelo, un Vangelo vivo, che non s’impara dai libri, ma dalla vita di quanti ci hanno trasmesso il deposito della fede.
Martirio e sinodalità
Il Papa indica poi nei martiri una via luminosa per il percorso sinodale della Chiesa perché “esempio del camminare insieme”; un messaggio concreto per i vescovi, i sacerdoti e gli agenti di pastorale.
Lo stesso messaggio è contenuto in un’omelia di padre Rutilio, quando dice che questo camminare insieme non può conformarsi a un «portare a spasso», per conoscere cose nuove, non è un portare a spasso. No. Un portare a spasso il santo in un’immagine devozionale, per esempio, ma implica, soprattutto, fare propria la testimonianza della fede, della speranza e dell’amore che questo santo ci ha lasciato nella sua vita.