Il Papa: la Chiesa ascolti davvero i giovani, si rischia di “usarli” per fare bella figura

Vatican News

Salvatore Cernuzio – Città del Vaticano

Niente paternali, né ridicole copiature del loro stile e linguaggio, tantomeno forme di “ingerenza nella coscienza personale”, ma un ascolto profondo, un dialogo sincero diretto, un coinvolgimento fino in fondo nelle varie iniziative pastorali, perché altrimenti i giovani “si rischia di usarli un po’, solo per fare bella figura”. Parlando alla comunità Shalom, realtà carismatica che celebra i 40 anni della fondazione, – ma rivolgendosi in realtà alla Chiesa intera – Papa Francesco chiede di dare maggiore spazio a ragazzi e ragazze, di restituire loro quel “protagonismo della santità” di cui sono esempio Carlo Acutis, Piergiorgio Frassati, Gabriele dell’Addolorata, Teresa di Gesù Bambino, Francesco e Chiara d’Assisi, e la stessa Vergine Maria che quando disse il suo “eccomi” era una ragazza. Tutti santi “giovani” che “hanno edificato la Chiesa e ancora la edificano con la loro testimonianza”, dice il Papa nel suo lungo discorso ai membri della comunità riuniti in Aula Paolo VI in un’udienza caratterizzata da canti con la chitarra e testimonianze.

Responsabilità e prudenza

E proprio in risposta alle testimonianze di alcuni ragazzi e dei missionari di Shalom, Francesco snoda la sua riflessione in cui invita alla “responsabilità” e alla “prudenza”, che nel concreto significano “sapere rispettare la libertà delle persone, saper attendere i diversi tempi di crescita di ognuno e accompagnare con delicatezza e discernimento nella scelta dello stato di vita da abbracciare e nella scelta della vita comunitaria”.

La docilità allo Spirito Santo, l’esperienza e l’ascolto della Chiesa Madre vi insegneranno a evitare sempre qualsiasi forma di ingerenza nella coscienza personale; vi insegneranno a far sì che le varie forme di vita comune al vostro interno tutelino sempre la giusta autonomia e le esigenze delle diverse vocazioni: dei sacerdoti, degli sposati e di chi ha fatto una scelta di celibato per la missione.

Gli albori della comunità

Prima delle raccomandazioni, però, il Papa esprime la sua gratitudine al fondatore Moysés Louro de Azevedo Filho e alla cofondatrice Maria Emmir Oquendo Nogueira per l’avvio di questa realtà nata nel 1982 a Fotaleza (Brasile) durante l’offertorio di una Messa. “Non è nata ‘a tavolino’… È nata nella preghiera, nella Liturgia”, sottolinea Francesco, che incoraggia i membri a mantenere questo spirito di vivacità che ha animato gli albori della comunità che aveva aperto un luogo, la “pizzeria del Signore”, che attirasse i giovani, soprattutto quelli che non andavano in chiesa, per parlargli di Dio.

“Non siete gente da museo”, ripete più volte il Papa a braccio. Shalom è, anzi, la dimostrazione che “è lo Spirito Santo che fa vivere la Chiesa, che la manda avanti”. E lo fa, sottolinea Papa Francesco, “soprattutto nella preghiera, in modo speciale nella Liturgia”, che “non è una bella cerimonia, un rituale in cui ci sono al centro i nostri gesti o, peggio, le nostre vesti, no!”

La Liturgia è azione di Dio con noi, e bisogna essere attenti a Lui: a Lui che parla, a Lui che agisce, a Lui che chiama, a Lui che invia… E questo non fuori dal tempo e dalla storia, no, dentro la realtà storica, dentro le situazioni.  

Giovani protagonisti

Francesco risponde poi a Fabiola, missionaria della comunità, che domanda come mantenere un rapporto con Dio in mezzo alla frenesia del vivere. Un solo verbo è la risposta: “Rimanere”. Rimanere, cioè, uniti a Cristo con la preghiera, l’ascolto della Parola, l’adorazione, il Rosario. Il Papa si rivolge poi a Bertrand, entrato in Shalom perché colpito dallo “stile giovanile” della comunità. La sua testimonianza offre lo spunto per ribadire “l’importanza del protagonismo dei giovani nella Chiesa”. Laddove per giovani non si intende soloi quelli che all’anagrafe hanno qualche anno in meno ma che mantengono “uno spirito giovane”, perché “aperti” allo Spirito Santo che rinnova i cuori, la vita, la Chiesa, il mondo.

Non parliamo di giovinezza fisica, ma di giovinezza di spirito, quella che traspare negli occhi di certi vecchi più che in quelli di certi giovani! Non è questione di anagrafe. E poi un’altra cosa, come disse San Giovanni Paolo II nella Gmg del 2000, “chi sta con i giovani rimane giovane”. Se un anziano si isola, evita i giovani, invecchia prima.

Non essere “paternalisti”

“È bello e arricchente stare un po’ con i ragazzi, con gli adolescenti, con i giovani; non per ‘copiarli’, non per fare prediche, ma per ascoltarli, parlare con loro, raccontare qualche esperienza…”, sottolinea il Papa.

Come pastori, verso i giovani, dobbiamo imparare a non essere paternalisti. A volte coinvolgiamo i giovani nelle iniziative pastorali, ma non fino in fondo. Rischiamo di “usarli” un po’, per fare bella figura. Ma mi domando: li ascoltiamo davvero?

I doni di coraggio, accoglienza, slancio missionario

Papa Francesco richiama poi l’esempio di Madre Teresa di Calcutta che “trovava la forza di andare ogni giorno per le strade a raccogliere i moribondi” in Gesù “che ogni mattina riceveva e adorava”. Mentre, prendendo spunto dal racconto di Madalena e Jacqueline, membri della ‘prima ora’ di Shalom, ricorda i tratti distintivi della comunità: coraggio creativo, accoglienza, slancio missionario”. Caratteristiche che si ritrovano ancora oggi nelle iniziative portate avanti in vari Paesi del mondo che coinvolgono giovani, famiglie, laici, sacerdoti. “Tenete vivi questi doni”, raccomanda il Papa.

Fedeli ai pastori

Infine, dopo aver esortato a conservare uno “spirito di filiale obbedienza, di affetto e di vicinanza” ai pastori che accompagnano e sostengono il movimento, Papa Francesco posa lo sguardo sul futuro di Shalom: “Il vostro fondatore è ancora alla vostra guida e siete perciò ancora in una fase ‘fondazionale’. Vi esorto a rimanere docili all’azione dello Spirito, aperti all’ascolto reciproco e agli orientamenti della Chiesa, per discernere al meglio come proseguire nel vostro cammino”.