Alessandro Di Bussolo – Città del Vaticano
Il Papa trascorrerà in Canada sei giorni, e cinque saranno ricchi di incontri, soprattutto con le popolazioni indigene, dopo aver chiesto pubblicamente perdono il primo aprile per gli abusi su bambini delle popolazioni originarie nelle scuole affidate dal governo alle chiese cristiane, e anche alla cattolica, tra la fine dell’800 e gli ultimi decenni del ‘900.
In tutte le tappe, incontri con le popolazioni originarie
In ognuna delle quattro tappe ad Edmonton, Maskwacis, Québec, e Iqaluit Francesco incontrerà rappresentanti di indigeni. Il 26 luglio parteciperà al pellegrinaggio annuale al lago di Sant’Anna insieme ad alcuni fedeli delle popolazioni originarie. E nell’ultimo giorno in Canada, a sud del Circolo Polare Artico, in una scuola elementare, avrà un colloquio privato con una delegazione degli ex alunni delle Scuole residenziali.
Per la guarigione e la riconciliazione
I vescovi canadesi, ricordando che sarà la quarta visita di un Pontefice nel Paese, vent’anni dopo l’ultima di san Giovanni Paolo II, sottolineano che il viaggio “si concentrerà sulla guarigione e riconciliazione delle popolazioni indigene”. Padre Jaroslaw Kaufmann, dal 2017 rettore del Pontificio Collegio Canadese, spiega a Vatican News che dopo la richiesta pubblica di perdono di Papa Francesco, in udienza con indigeni e vescovi canadesi, “è ancora troppo presto per dire che è cambiato qualcosa, ma è bello che si sia aperto un dialogo”. Religioso sulpiciano, di origini polacche ma naturalizzato canadese, ha vissuto 30 anni a Montreal, e dal 2011 al 2017, prima di essere chiamato a Roma, è stato rettore del Seminario maggiore di Montreal.
Cosa significherà questo viaggio del Papa, vent’anni dopo quello di San Giovanni Paolo II, per la Chiesa che è in Canada e per il Paese in generale?
Penso che è un viaggio molto importante soprattutto dopo 20 anni dalla venuta di Giovanni Paolo che con la sua presenza ha toccato i cuori ed era amato in Canada. Tanto è cambiato in questo tempo, e tutti in Canada si stanno preparano a questa visita che il premier ha detto di attendere molto. E poi è una visita importante soprattutto per la questione della riconciliazione con gli indigeni: quanto accaduto infatti richiede un tempo di incontro e di dialogo soprattutto un e una tempo di conversione e di ricerca di ponti tra quanto accaduto in Canada, tra il popolo canadesi, i cristiani e gli indigeni. Indigeni, cattolici e cristiani, e la popolazione canadese, questi saranno secondo me i tre punti di osservazione di questa visita. Resta una visita importante per continuare sulla strada del dialogo e della guarigione di questa situazione che ci tocca molto. Cerchiamo e speriamo in una riconciliazione di tutta la popolazione canadese.
Dopo la pubblicazione del programma, i vescovi canadesi hanno sottolineato l’impegno di Francesco per la “guarigione e la riconciliazione delle popolazioni indigene”. Dopo la sua richiesta pubblica di perdono per gli abusi subiti da piccoli indigeni nelle scuole residenziali cattoliche, il clima nel Paese su queste vicende è cambiato?
E’ troppo presto per dire che qualcosa è già cambiato, perché ci sono stati i primi passi, ma per guarire serve tempo, parliamo di guarigione dei cuori e non soltanto delle prospettive. Penso che quello che è bello è che si sia aperto un dialogo e una possibilità di rincontrarsi. E’ importante che il Papa venga e poi, quanto potrà cambiare, dipende da noi, dalla popolazione canadese. È difficile, perché parliamo di ferite, di rabbia e di tristezza ma anche di volontà di guarigione. Questo richiede tempo e il Papa ha mostrato che non basta chiedere scusa o perdono, è importante incontrarsi, parlare, ascoltare e vivere insieme. Francesco mette sempre l’accento sull’importanza dell’incontro con le persone, che permette di esprimere il proprio dolore e il Papa vuole soprattutto ascoltare e essere con il popolo indigeno. Penso che sarà il popolo indigeno ad essere coinvolto di più, mentre i canadesi osserveranno cosa accade. Sarà molto importante capire il rapporto e il dialogo possibile, tra cristiani e indigeni, e come vivere insieme nel bel Paese che è il Canada.
Una tappa importante sarà la partecipazione del Papa al pellegrinaggio in onore di Sant’Anna sulle rive del Lac st. Anne ad Alberta. Da dove nasce la grande devozione dei canadesi e delle popolazioni indigene verso Sant’Anna?
Penso che questa devozione a Sant’Anna è da leggere come rispetto per gli antenati. Noi sappiamo che tutto quello che è oggi il Canada lo dobbiamo ai nostri antenati, a quelli che hanno costruito questo paese. E in un certo senso questi due anziani, Anna e Gioacchino, sono, da anziani, i garanti della trasmissione della fede, della cultura, della lingua e dell’amore. Per gli indigeni gli antenati sono fondamentali, sono molto legati e collegati a loro. Nella cultura occidentale invece noi non lo riconosciamo il valore degli antenati e degli anziani. Gli indigeni credono che tutto ciò che sono ora lo devono agli antenati. Per questo Anna e Gioacchino sono tanto importanti nella loro devozione. Mi ricordo quando lavoravo al seminario di Montreal, accanto ad un dipinto della Santa Famiglia avevamo un ritratto indigeno di Anna e Gioacchino perché era per loro il collegamento col passato, un legame di fede e saggezza. Per questo il Papa va nei luoghi in cui si venera sant’ Anna e sarà un evento simbolico per gli indigeni e per i cristiani e cattolici in Canada.
Come sta partecipando e come parteciperà il Pontificio collegio canadese che a Roma alla preparazione alla visita del Papa? Gli studenti rientrati in Canada saranno presenti a qualche evento? Ci sono stati o ci saranno momenti di preghiera in collegio?
Il collegio si sta preparando sin dall’annuncio di questa visita, con le preghiere quotidiane personali e collettive. Abbiamo pregato davanti al Santissimo e quando sono venuti a Roma gli indigeni abbiamo seguito la visita. Questo durante l’anno. Ora come collegio non possiamo partecipare tutti al viaggio perché siamo di diverse regioni del Canada, ma alcuni saranno presenti alle varie celebrazioni. Così i preti che rientrano nelle loro diocesi saranno insieme al Papa per pregare.