Andrea De Angelis – Città del Vaticano
Un bene prezioso, che deve essere gratuito ed universale. Il Papa all’Angelus recitato al policlinico Gemelli ha lanciato un forte appello per l’accessibilità ad un buon servizio sanitario:
In questi giorni di ricovero in ospedale, ho sperimentato ancora una volta quanto sia importante un buon servizio sanitario, accessibile a tutti, come c’è in Italia e in altri Paesi. Un servizio sanitario gratuito che assicuri un buon servizio accessibile a tutti. Non bisogna perdere questo bene prezioso. Bisogna mantenerlo! E per questo occorre impegnarsi tutti, perché serve a tutti e chiede il contributo di tutti.
Parole, queste, che ricordano un passaggio del messaggio di Francesco per la ventiquattresima Giornata Mondiale del Malato, celebrata l’11 febbraio 2021:
L’attuale pandemia ha fatto emergere tante inadeguatezze dei sistemi sanitari e carenze nell’assistenza alle persone malate. Agli anziani, ai più deboli e vulnerabili non sempre è garantito l’accesso alle cure, e non sempre lo è in maniera equa. Questo dipende dalle scelte politiche, dal modo di amministrare le risorse e dall’impegno di coloro che rivestono ruoli di responsabilità. Investire risorse nella cura e nell’assistenza delle persone malate è una priorità legata al principio che la salute è un bene comune primario.
La salute, dunque, deve essere un bene universale ed imprescindibile, come sottolinea nell’intervista a Vatican News il professor Roberto Cauda, direttore del Dipartimento Scienze di laboratorio e infettivologiche del Gemelli.
Professor Cauda, quanto è prezioso l’appello odierno di Francesco per un buon servizio sanitario gratuito ed accessibile a tutti?
Certamente le autorevoli parole del Papa hanno ancora una volta ribadito che la salute è un bene universale che deve essere protetto e garantito per tutti. Soprattutto in Europa, in Italia diamo questo per scontato, ma non è così. Ci sono ancora persone che hanno poco accesso alle strutture sanitarie, e la pandemia ha portato al centro la questione. Pensiamo alla distribuzione dei vaccini, alle differenze nelle diverse parti del mondo. Bisogna fare in modo che tutti i cittadini abbiano invece lo stesso accesso, sia per una logica di solidarietà che per vincere davvero la battaglia contro il Covid-19.
Dottore, si sente l’eco delle parole del Papa quando ammonì il mondo dicendo che nessuno si salva da solo?
Assolutamente, il Papa più volte con autorevolezza ha ammonito gli Stati dal non sottrarsi dalla solidarietà. Solo così potremo uscire dalla pandemia, ma più in generale la salute va riconosciuta come bene universale, di tutti. In Italia qualche anno fa si cambiò il nome del Ministero, da Sanità a Salute, proprio perché è quest’ultima che deve essere garantita, lo ripeto, come bene universale.
Chiedo al medico, a chi ha dedicato la sua vita alla salute degli altri: che effetto le fa vedere in queste ore, in questi giorni tanti malati vicini al Papa, nella preghiera e fisicamente, come all’Angelus di oggi?
Francesco come altri Pontefici è vicino ai malati. Penso a Giovanni Paolo II, ad esempio. Ed anche quando non era riconosciuto un welfare simile a quello che oggi conosciamo, la Chiesa è stata sempre dalla parte dei malati. Si è adoperata, con gli ordini religiosi, con ospedali da lei creati, per favorire un’assistenza che ci riporta fino al medioevo. Il Papa accanto agli ammalati, il modo in cui ha condiviso la loro sofferenza è una straordinaria testimonianza che rimane nei cuori di tutti noi.