Il Papa: chi rischia la vita in mare non invade, cerca vita. Il Mediterraneo grida giustizia

Vatican News

Francesco conclude i Rencontres Méditerranéennes a Marsiglia e dinanzi a vescovi, politici, giovani e al presidente francese Macron si fa voce del “grido soffocato” di tanti migranti: “‘Coloro che si rifugiano da noi non vanno visti come un peso da portare, ma come doni”. Il Pontefice chiede di regolare il fenomeno migratorio con responsabilità europea: “No a propagande allarmiste, serve un’accoglienza equa secondo le possibilità”. Appello contro l’eutanasia: “Non è una morte dolce ma salata”

Salvatore Cernuzio – Città del Vaticano

“C’è un grido di dolore che più di tutti risuona, e che sta tramutando il Mare Nostrum in Mare Mortuum, il Mediterraneo da culla della civiltà a tomba della dignità. È il grido soffocato dei fratelli e delle sorelle migranti…”.

Francesco è seduto su una poltrona bianca al centro del palco allestito nel Palais du Pharo di Marsiglia e, seppur con un tono di voce simile a un sussurro, fa risuonare potente la voce della moltitudine di “poveri” che oggi abitano l’Europa: rifugiati, profughi, migranti, ma anche anziani soli, famiglie impaurite, bambini non nati. A questo appello accompagna la denuncia di “campagne allarmiste”, “retoriche fondamentaliste” e “nazionalismi antiquati e belligeranti vogliono far tramontare il sogno della comunità delle nazioni”. Comunità alla quale il Vescovo di Roma lancia un appello in questi giorni di sbarchi incontrollati, in questi anni di continui naufragi.

Contro la terribile piaga dello sfruttamento di esseri umani, la soluzione non è respingere, ma assicurare, secondo le possibilità di ciascuno, un ampio numero di ingressi legali e regolari, sostenibili grazie a un’accoglienza equa da parte del continente europeo, nel contesto di una collaborazione con i Paesi d’origine

Presente il presidente Macron

Papa Francesco conclude i Rencontres Méditerranéennes, l’evento che prosegue il cammino di Bari (2020) e Firenze (2022) che gli ha dato l’occasione di visitare questa città meridionale della Francia che definisce “sorriso del Mediterraneo” e “capitale dell’integrazione dei popoli”. Intorno a lui ci sono i vescovi delle cinque sponde del Mediterraneo; nel parterre sindaci e autorità delle città e dei territori bagnati dal mare. In prima fila sono seduti il presidente Emmanuel Macron e la moglie Brigitte, che lo hanno salutato all’ingresso e che applaudono ascoltando passaggi del discorso.

Mediterraneo, specchio del mondo

Discorso lungo, corposo, intervallato da citazioni di Paolo VI, La Pira, Pascal, don Tonino Bello. Gli occhi sono sui fogli, ma lo sguardo è sul mare, quello che si estende maestoso fuori dal Palais, situato sul promontorio del Pharo che domina il Porto Vecchio. Un mare, il Mediterraneo, il mare nostrum, crocevia tra Nord e Sud, tra Est e Ovest, che “concentra le sfide del mondo intero, come testimoniano le sue ‘cinque rive’”: Nord Africa, vicino Oriente, Mar Nero-Egeo, Balcani ed Europa latina.

Questo mare, ambiente che offre un approccio unico alla complessità, è “specchio del mondo” e porta in sé una vocazione globale alla fraternità, unica via per prevenire e superare le conflittualità.

Culla di civiltà

Il Papa ricorda la storia di queste acque e ribadisce il sogno che, oggi come allora, il Mediterraneo torni ad essere “culla di civiltà”, “laboratorio di pace”, faro in questo “odierno mare dei conflitti”.

Questa è la sua vocazione, essere luogo dove Paesi e realtà diverse si incontrino sulla base dell’umanità che tutti condividiamo, non delle ideologie che contrappongono.

“Quanto ne abbiamo bisogno nel frangente attuale, dove nazionalismi antiquati e belligeranti vogliono far tramontare il sogno della comunità delle nazioni!”, esclama Papa Francesco: “Ma – ricordiamolo – con le armi si fa la guerra, non la pace, e con l’avidità di potere si torna al passato, non si costruisce il futuro”.

Iniziare dai poveri

Da dove iniziare per radicare la pace? Anzitutto da quelli che Cristo ha indicato come i “privilegiati”: i poveri. “Sono volti, non numeri”, rimarca il Papa. “Il cambio di passo delle nostre comunità sta nel trattarli come fratelli di cui conoscere le storie, non come problemi fastidiosi; sta nell’accoglierli, non nel nasconderli; nell’integrarli, non nello sgomberarli; nel dar loro dignità”.

Oggi il mare della convivenza umana è inquinato dalla precarietà, che ferisce pure la splendida Marsiglia. E dove c’è precarietà c’è criminalità: dove c’è povertà materiale, educativa, lavorativa, culturale e religiosa, il terreno delle mafie e dei traffici illeciti è spianato.

Sussulto di coscienza

“L’impegno delle sole istituzioni non basta”, afferma il Papa, ciò che serve è “un sussulto di coscienza per dire ‘no’ all’illegalità e ‘sì’ alla solidarietà, che non è una goccia nel mare, ma l’elemento indispensabile per purificarne le acque”. Il “vero male sociale”, infatti, “non è tanto la crescita dei problemi, ma la decrescita della cura”, ammonisce Francesco. Esorta alla vicinanza, allora, a tutti quei “giovani lasciati a sé stessi, facili prede della criminalità e della prostituzione”, alle “persone schiavizzate” dal lavoro, alle “famiglie impaurite, timorose del futuro e di mettere al mondo nuove creature”. Invita ad ascoltare il “gemito degli anziani soli”, “parcheggiati” in qualche struttura o “con la prospettiva falsamente dignitosa di una morte dolce, in realtà più salata delle acque del mare”. Incita a non dimenticare i “bambini non nati, rifiutati in nome di un falso diritto al progresso, che è invece regresso nei bisogni dell’individuo”.

Le grida di dolore da Nord Africa e Medio Oriente

Dinanzi a questo panorama di sofferenze, il Pontefice sposta poi il focus sulla questione migratoria: “Chi – domanda – guarda con compassione oltre la propria riva per ascoltare le grida di dolore che si levano dal Nord Africa e dal Medio Oriente?”.

Quanta gente vive immersa nella violenza e patisce situazioni di ingiustizia e di persecuzione! Penso a tanti cristiani, spesso costretti a lasciare le loro terre oppure ad abitarle senza veder riconosciuti i loro diritti, senza godere di piena cittadinanza. Per favore, impegniamoci perché quanti fanno parte della società possano diventarne cittadini a pieno diritto.

Porti chiusi

Il Vescovo di Roma si sofferma sull’immagine del porto. Oggi, osserva con dolore, “vari porti mediterranei si sono chiusi”, a causa anche di due parole che sono risuonate “alimentando le paure della gente”: “Invasione” ed “emergenza”.

Chi rischia la vita in mare non invade, cerca accoglienza, cerca vita. Quanto all’emergenza, il fenomeno migratorio non è tanto un’urgenza momentanea, sempre buona per far divampare propagande allarmiste, ma un dato di fatto dei nostri tempi, un processo che coinvolge attorno al Mediterraneo tre continenti e che va governato con sapiente lungimiranza: con una responsabilità europea in grado di fronteggiare le obiettive difficoltà.

La sponda dell’opulenza e quella della precarietà

Il Papa indica la mappa alle sue spalle e guarda “i porti privilegiati per i migranti: Cipro, Grecia, Italia, Malta, Spagna”. “Il mare nostrum grida giustizia, con le sue sponde che da un lato trasudano opulenza, consumismo e spreco, mentre dall’altro vi sono povertà e precarietà”, scandisce Francesco. E anche qui il Mediterraneo rispecchia il mondo, “con il Sud che si volge al Nord, con tanti Paesi in via di sviluppo, afflitti da instabilità, regimi, guerre e desertificazione, che guardano a quelli benestanti, in un mondo globalizzato nel quale tutti siamo connessi ma i divari non sono mai stati così profondi”.

La profezia di Paolo VI

Eppure, “questa situazione non è una novità degli ultimi anni, e non è questo Papa venuto dall’altra parte del mondo il primo ad avvertirla con urgenza e preoccupazione. La Chiesa ne parla con toni accorati da più di cinquant’anni”, rammenta Jorge Mario Bergoglio. Cita allora Paolo VI e la Populorum progressio con il suo appello a favore dei “popoli della fame” che interpellano “i popoli dell’opulenza”, chiamati a “tre doveri”: il “dovere di solidarietà”, “il dovere di giustizia sociale”, il “dovere di carità universale”. Certo, ammette Papa Bergoglio, “sono sotto gli occhi di tutti le difficoltà nell’accogliere, proteggere, promuovere e integrare persone non attese, però il criterio principale non può essere il mantenimento del proprio benessere, bensì la salvaguardia della dignità umana”.

Coloro che si rifugiano da noi non vanno visti come un peso da portare: se li consideriamo fratelli, ci appariranno soprattutto come doni.

Prevenire il naufragio di civiltà

L’invito è allora a lasciarsi “toccare dalla storia di tanti nostri fratelli e sorelle in difficoltà, che hanno il diritto sia di emigrare sia di non emigrare”, e non chiudersi “nell’indifferenza”. “La storia ci interpella a un sussulto di coscienza per prevenire un naufragio di civiltà”, ammonisce il Pontefice. “Il futuro, infatti, non sarà nella chiusura, che è un ritorno al passato, un’inversione di marcia nel cammino della storia”. Dire “basta”, è “chiudere gli occhi”, avverte ancora; tentare ora di “salvare sé stessi”, “si tramuterà in tragedia domani, quando le future generazioni ci ringrazieranno se avremo saputo creare le condizioni per un’imprescindibile integrazione, mentre ci incolperanno se avremo favorito soltanto sterili assimilazioni”.

Integrazione faticosa ma lungimirante

L’integrazione dei migranti allora “è faticosa, ma lungimirante”, mentre l’assimilazione, “che non tiene conto delle differenze e resta rigida nei propri paradigmi”, fa “prevalere l’idea sulla realtà e compromette l’avvenire, aumentando le distanze e provocando la ghettizzazione, che fa divampare ostilità e insofferenze”.

Abbiamo bisogno di fraternità come del pane.

Il ruolo della Chiesa

Il Papa si rivolge alla Chiesa, a cui ricorda la sua vocazione alla carità, la fulgida testimonianza di santi come Charles de Foucauld, il Vangelo che è “la magna charta della pastorale”. La Chiesa non è né “dogana”, né “condominio di prescrizioni”, dice il Pontefice.

Non possiamo accettare che le vie dell’incontro siano chiuse, che la verità del dio denaro prevalga sulla dignità dell’uomo, che la vita si tramuti in morte!

I giovani e le università

Un pensiero va infine ai giovani, “luce che indica la rotta futura”. Marsiglia, grande città universitaria, sede di quattro campus dei quali circa 5 mila studenti su 35 mila sono stranieri, è esempio di come le università possano essere luogo per “tessere i rapporti tra le culture”, costruire il futuro, abbattere pregiudizi, sanare le ferite.

Le università mediterranee siano laboratori di sogni e cantieri di futuro, dove i giovani maturino incontrandosi, conoscendosi e scoprendo culture e contesti vicini e diversi al tempo stesso.

Una teologia mediterranea

“Giovani ben formati e orientati a fraternizzare potranno aprire porte insperate di dialogo”, è l’auspicio del Papa che invoca pure una “teologia mediterranea” in grado di “unire le generazioni legando memoria e futuro” e “promuovere con originalità il cammino ecumenico tra i cristiani e il dialogo tra credenti di religioni diverse”.

Faro di pace per fendere gli abissi della violenza

Ringraziando per la “pazienza dell’ascolto”, il Papa si dice infine contento di essere a Marsiglia: “Una volta il presidente (Macron, ndr) mi ha invitato a visitare la Francia e mi ha detto così: l’importante è che venga a Marsiglia”. Poi fa un invito a tutti: vescovi e politici, sindaci e missionari, giovani e anziani:

Siate porto accogliente, per abbracciare chi cerca un futuro migliore. Siate faro di pace, per fendere, attraverso la cultura dell’incontro, gli abissi tenebrosi della violenza e della guerra.