Salvatore Cernuzio – Città del Vaticano
Vicinanza, perché è triste avere preti “alla guida di una parrocchia che gridano a squarciagola” o “che vivono semplicemente di tre o quattro cose e non sanno dialogare”. Tenerezza, perché è brutto vedere sacerdoti “incapaci di accarezzare un bambino, di baciare un anziano” o che sono “rigidi” verso chi viene a chiedere perdono in confessione. E soprattutto preghiera, perché “un sacerdote che non prega finisce nella discarica”. Nel discorso a braccio rivolto ieri, ma diffuso oggi, a rettori e formatori dei Seminari dell’America Latina, Papa Francesco delinea il ritratto del bravo sacerdote, colui che è capace di “vicinanza, misericordia e tenerezza”, evidenziando pure limiti, pericoli ed eventuali tentazioni.
Dopo aver messo da parte il discorso scritto di 12 pagine, consegnandolo comunque ai presenti (“È una cosa pesante, lasciamola leggere con calma”), il Papa, parlando per tutto il tempo in spagnolo, dice di voler condividere “tre o quattro cose che ho nel cuore per la vostra vita sacerdotale, soprattutto per la vita dei formatori in seminario”.
Capaci di tenerezza
La prima raccomandazione riguarda comportamento e atteggiamento nei confronti della gente:
“Non possiamo avere sacerdoti alla guida di una parrocchia che gridano a squarciagola, che sovraccaricano tutto, che vivono semplicemente di tre o quattro cose e non sanno dialogare o che sono incapaci di accarezzare un bambino, di baciare un anziano o che semplicemente non vanno a ‘perdere tempo’ a parlare con i malati, che è una perdita di tempo, ma che sono nei piani parrocchiali e tutto il resto. No, non va bene”
Discernere durante la formazione
Francesco poi si sofferma sul tema, sempre delicato e complesso, della formazione. Aspetto della vita sacerdotale che ha subito nel tempo diversi cambiamenti: “Ai miei tempi – rammenta – eravamo tutti inseriti in una serie, e la formazione avveniva per serie: ‘Oggi è questo, questo, questo…’. E colui che durò fino alla fine fu ordinato, mentre gli altri caddero in disgrazia o se ne andarono. A quel tempo uscivano così eccellenti sacerdoti, eccellenti sacerdoti. Oggi non è più così, perché è un’altra epoca, un’altra carne, un’altra materia prima. Ci sono altri giovani, altre preoccupazioni; quindi, bene, noi siamo lì per formare questi giovani”.
La tentazione della rigidità
Nella formazione si insinua una tentazione che è quella della “rigidità”, cioè tutti quei ragazzi che vengono “con schemi rigidi di formazione”. “Sono sorte congregazioni religiose che sono un disastro, che hanno dovuto essere chiuse a poco a poco, congregazioni di rigidi ‘no, no, no…’”, rivela il Papa.
Dietro questa rigidità, si nasconde il vero marcio.
No a risposte preconfezionate
È quindi importante “discernere bene”, durante tutta la formazione, su come accompagnare i ragazzi. “Se un formatore non ha la capacità di discernere, dovrebbe dire al suo vescovo: ‘Senti, mandami da un’altra parte, non sono adatto a questo’”, afferma il Pontefice. E il discernimento presuppone “silenzio”, “preghiera”, “accompagnamento”, presuppone “la capacità di soffrire” e presuppone di “non avere una risposta pronta”.
“Oggi le risposte preconfezionate non servono ai giovani; dobbiamo accompagnarli, con una dottrina chiara, certo, ma dobbiamo accompagnarli nelle diverse situazioni”.
Il calo numerico
Il Papa non manca di fare un cenno anche alla questione del calo numerico delle vocazioni: “È un problema di numero di seminaristi, non può esserci un seminario con quattro persone, no. ‘Non ne abbiamo più’. Riunitevi. Punto e a capo”.
Vicini alla gente, misericordiosi in confessionale
Da qui, una ennesima (“È una mania che ho”, dice il Papa stesso) raccomandazione sulla prossimità. Che nel concreto si traduce nel parlare e agire con “lo stile di Dio”, quindi “la vicinanza”. “Questo deve essere contagioso, cioè il sacerdote, il seminarista, il prete deve essere ‘vicino’. Vicino a chi? Alle ragazze della parrocchia? E alcuni di loro lo sono, sono vicini, poi si sposano, va bene. Ma vicino a chi? Vicino come?”.
Dio è vicino con misericordia e con tenerezza. E queste tre cose devono essere realizzate nei ragazzi. Devono essere sacerdoti che siano uomini buoni, misericordiosi ma con tenerezza.
Per il Papa è una sofferenza, infatti, incontrare “persone che vengono a piangere perché si sono confessate e gli è stato detto di tutto. Se vai a confessarti perché hai fatto una, due, diecimila cose sbagliate… ringrazi Dio e le perdoni!”. E “se l’altra persona si vergogna” non bisogna bastonarla: “‘E non posso assolverti, non posso perché sei in peccato mortale, devo chiedere il permesso al vescovo…’. Questo accade, per favore! Il nostro popolo non può essere nelle mani di delinquenti! E un sacerdote che si comporta così è un delinquente, in ogni parola. Che piaccia o no”.
Pregare
Un ultimo invito il Papa rivolge poi a tutti i preti: “Pregate”.
Un sacerdote che non prega finisce nella discarica. Forse persevererà fino alla vecchiaia, ma nella pattumiera, cioè nella mediocrità. Non intendo dire nel peccato, ma nella mediocrità.