Il Papa agli anglicani: la comunione imperfetta non ci impedisca di camminare insieme

Vatican News

Francesco incontra i primati della Comunione anglicana e sottolinea l’importanza di pregare e camminare gli uni accanto agli altri in vari ambiti e nella testimonianza del Vangelo: l’amore che in nome di Dio antepone il fratello “alla ferrea difesa del proprio sistema religioso” può unire. E a proposito del ministero petrino, sottolinea che serve un dialogo fraterno e paziente che metta da parte “inutili controversie” affinché si comprenda che può “svolgersi quale servizio d’amore per tutti”

Tiziana Campisi – Città del Vaticano

Il Signore chiama ciascuno di noi ad essere costruttore di unità e, anche se non siamo ancora una cosa sola, la nostra comunione imperfetta non deve impedirci di camminare insieme.

Esorta i cristiani a collaborare Papa Francesco, parlando ai primati della comunione anglicana riuniti in questi giorni a Roma e ricevuti stamani 2 maggio in udienza nel Palazzo Apostolico, invita a pregare, camminare e lavorare “insieme, con fiducia e speranza” e specifica che occorre cooperare a livello “pastorale, culturale, sociale, e anche nella testimonianza al messaggio del Vangelo” e che le divergenze “non possono impedirci di riconoscerci reciprocamente fratelli e sorelle in Cristo”.

Il lavoro della Comunione internazionale anglicano-cattolica

Ringrazia la Comunione internazionale anglicano-cattolica, per essersi “impegnata con dedizione”, in questi ultimi cinquant’anni, “nel superamento di diversi ostacoli che si frappongono sui cammini dell’unità”, e per aver riconosciuto che la comunione che unisce anglicani e cattolici “si fonda sulla fede in Dio nostro Padre, in nostro Signore Gesù Cristo e nello Spirito Santo”, sul comune battesimo in Cristo, “sulla condivisione delle Sacre Scritture, del Credo degli Apostoli” e di quello Niceno-Costantinopolitano” e ancora “sulla formula calcedoniana”, l’“insegnamento dei Padri” e la “comune eredità cristiana di molti secoli”.

Lasciare il primato allo Spirito Santo

Il Papa fa notare che già dalle origini del cristianesimo, come emerge dalle Scritture, ci sono stati “momenti di tensioni e di incomprensioni, nati spesso dalle fragilità dei discepoli, oppure da differenti interpretazioni del rapporto con la tradizione passata”, ma che gli apostoli sono giunti “a conciliazioni e soluzioni lasciando il primato” allo Spirito Santo.

Non dobbiamo avere paura delle discussioni, no, ma viverle lasciando il primato al Paraclito. A me piace tanto quella formula degli Atti degli Apostoli: “É parso allo Spirito Santo e a noi”. É una cosa, molto, molto bella. Pregare e ascoltarci, cercando di comprendere l’animo altrui e domandando a noi stessi – prima che chiederne conto agli altri – se siamo stati docili alle ispirazioni dello Spirito Santo o succubi delle nostre opinioni personali o di gruppo.

La missione dei cristiani: fare conoscere Gesù

“La prospettiva divina” non è “mai quella della divisione”, “della separazione”, dell’interruzione del dialogo”, rimarca inoltre Francesco, chiarendo che semmai “la via di Dio” porta a stringersi “sempre più vitalmente al Signore Gesù, perché solo in comunione con Lui ritroveremo la piena comunione in noi”.

Il mondo lacerato di oggi ha bisogno della manifestazione del Signore Gesù! Ha bisogno di conoscere Cristo! Alcuni di voi provengono da regioni in cui la guerra, la violenza e l’ingiustizia sono l’avariato pane quotidiano dei fedeli, ma anche nei Paesi ritenuti benestanti e pacifici non mancano sofferenze. La povertà di tanti in questo. Cosa possiamo proporre noi di fronte a tutto questo, se non Gesù, il Salvatore? Farlo conoscere è la nostra missione.

Per il Pontefice, “sarebbe uno scandalo se, a causa delle divisioni”, non venisse realizzata la “comune vocazione di far conoscere Cristo”, che ci avvicinerà “se al di là delle rispettive visioni saremo in grado” di testimoniarlo “con umiltà e amore”. È l’“amore che in nome di Dio antepone il fratello alla ferrea difesa del proprio sistema religioso” che può unire, insiste Francesco.

Prima il fratello e dopo il sistema.

Il ruolo del vescovo di Roma

Ai primati della Comunione anglicana, il Papa rivolge anche il suo grazie per avere scelto di radunarsi nella capitale italiana e riserva qualche parola per l’arcivescovo Justin Welby, incontrato in diverse occasioni e insieme al quale, nel febbraio del 2023, si è recato per un “pellegrinaggio ecumenico di pace” in Sud Sudan e quest’anno, durante la celebrazione dei Vespri nella Solennità della Conversione di San Paolo, ha conferito il mandato ad alcune coppie di vescovi cattolici e anglicani perché svolgano insieme il loro ministero, in modo da ‘essere per il mondo un’anticipazione della riconciliazione di tutti i cristiani nell’unità dell’unica  Chiesa di Cristo. Consapevole del fatto che “il ruolo del Vescovo di Roma rappresenta tra i cristiani una questione ancora controversa e divisiva”, Francesco rammenta, poi, che Gregorio Magno, il quale “inviò Sant’Agostino come missionario in Inghilterra”, lo definisce “servus servorum Dei – servo dei servi di Dio”, un’espressione che, ha spiegato Giovanni Paolo II, nella Ut unum sint, “salvaguarda nel modo migliore dal rischio di separare la potestà (ed in particolare il primato) dal ministero, ciò che sarebbe in contraddizione con il significato di potestà secondo il Vangelo, cioè: ‘Io sto in mezzo a voi come colui che serve’”. Francesco sottolinea che serve “un dialogo fraterno” e “paziente”, che metta da parte “inutili controversie”, perché si comprenda che il ministero petrino può “svolgersi quale servizio d’amore per tutti”.

Il percorso sinodale della Chiesa cattolica e gli anglicani

Infine, il Papa accenna al percorso sinodale che la Chiesa cattolica sta compiendo e confida di essersi rallegrato per la partecipazione, alla prima sessione dell’Assemblea generale, nell’ottobre scorso, tra i delegati fraterni, di un vescovo della Comunione anglicana. Aggiunge di attendere “con gioia un’ulteriore partecipazione ecumenica nella sessione di quest’autunno”, assicura la sua preghiera “affinché una migliore comprensione del ruolo del Vescovo di Roma sia tra i frutti del Sinodo” e ricorda che “la Relazione di sintesi, al termine della prima sessione, ha chiesto di studiare più a fondo il legame tra sinodalità e primato ai vari livelli (locale, regionale, universale)” e auspica che il lavoro della Commissione internazionale anglicano-cattolica possa essere “un’utile risorsa”.