Nel Dizionario della Dottrina sociale della Chiesa, Erminio Trevisi e Giuseppe Bertoni spiegano l’importanza dello stare bene degli animali che inevitabilmente si riverbera sul benessere degli uomini
Erminio Trevisi* e Giuseppe Bertoni**
La parola benessere deriva da ben-essere cioè “stare bene” o “esistere bene” e consiste in uno stato di equilibrio momentaneo e dinamico dal punto di vista biologico, psichico e sociale dell’essere umano (Organizzazione Mondiale della Sanità, 1948). Le evidenze scientifiche suggeriscono che tale condizione è percepita anche dagli animali, coinvolgendo la sfera psicologica e consentendo loro di esprimere i comportamenti tipici. Pertanto:
– La percezione del benessere è del singolo animale. L’uomo può interpretarla più o meno correttamente, basandosi su risposte oggettive, ma dovrebbe astenersi da valutazioni antropomorfe;
– La percezione di ogni animale è influenzata da tante componenti che coinvolgono il sistema nervoso centrale. Così un animale selvatico risponderà in maniera totalmente differente rispetto ad uno domestico, assuefatto alla presenza dell’uomo e alle condizioni di allevamento, pur in presenza delle medesime limitazioni;
– Nelle specie animali da tempo addomesticate, le reazioni dei soggetti sono diverse da quelle dei selvatici. La selezione genetica ha favorito la maggiore aderenza ai caratteri desiderati dall’uomo, tra cui la mansuetudine (si pensi alle razze canine selezionate per aggressività o docilità). Dunque, i comportamenti degli animali domesticati – e le loro reazioni nei confronti dell’ambiente di allevamento – sono mutati e diversi da quelli originali;
– L’uomo-allevatore è motivato a favorire un elevato stato di benessere degli animali; poiché da ciò dipende strettamente la produttività immediata e futura (longevità). Il livello di benessere è importante per qualsiasi attitudine animale, dall’equitazione al lavoro di trasporto.;
– Per definire il livello di benessere è cruciale individuare indicatori oggettivi e misurabili sugli animali. Se ne conoscono molti, ma nessuno, da solo, può valutarlo pienamente;
– Solo la misura di più indicatori può quantificare il livello di benessere e suggerire come migliorarlo (evitando l’uso di pratiche che provocano sofferenza);
– Allevamenti razionali non causano sofferenza a priori, o non più di quanto avvenga nelle condizioni naturali dove ogni animale deve contrastare vari eventi che ne limitano le libertà e causano sofferenza e morte precoce;
– Elevati standard di benessere degli animali allevati hanno vantaggi per la salute umana (più alimenti nobili e salubri), gli animali e il pianeta (meno allevamenti e minore impatto ambientale), in sintonia col paradigma One Health e con il Compendio della dottrina sociale della Chiesa (n° 456) che richiama all’uso responsabile di tutte le risorse naturali (animali inclusi).
* Professore di Zootecnia Speciale presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore; Direttore del Dipartimento di Scienze Animali, della Nutrizione e degli Alimenti – DIANA
** Professore Emerito di Fisiologia animale; Dipartimento di Scienze Animali, della Nutrizione e degli Alimenti – DIANA
Potete ascoltare qui la serie di podcast sulla Dottrina sociale della Chiesa. La puntata è di Erminio Trevisi e Giuseppe Bertoni, curatori della voce “Preferenze sociali e cooperazione” del Dizionario di Dottrina sociale.