I vescovi del Sudafrica: la democrazia è responsabilità

Vatican News

Isabella Piro – Città del Vaticano

“Insegnare alla popolazione la democrazia e incoraggiarla a votare sulla base di principî e responsabilità, invece del sentimentalismo e dell’attaccamento a determinate persone e partiti”: questa l’indicazione di monsignor Sithembele Anton Sipuka, presidente della Conferenza episcopale del Sudafrica (Sacbc), durante l’Assemblea Plenaria dei vescovi. L’incontro, in corso dal 2 al 7 agosto, si svolge in videoconferenza a causa del perdurare della pandemia da Covid-19.

L’allarme sociale

In primo luogo, il presule ha affrontato la difficile questione delle violenze e dei saccheggi che, negli ultimi tempi, hanno devastato l’eSwatini e lo stesso Sudafrica. Il primo territorio è sconvolto da forti proteste contro il re Mswati III, al potere da più di tre decenni. L’episodio scatenante è stato l’omicidio di uno studente, avvenuto a maggio, per il quale la polizia è ritenuta responsabile. Le manifestazioni sono state represse con il pugno di ferro da parte del monarca e il dispiegamento dell’esercito ha provocato morti e feriti. La nazione sudafricana, invece, ha visto scontri e tumulti che hanno provocato oltre 70 morti e 1.200 arresti. All’origine delle tensioni, le proteste scatenatisi in seguito all’arresto dell’ex Capo dello Stato, Jacob Zuma, condannato a 15 mesi di carcere per oltraggio alla Corte, nell’ambito di un processo per corruzione. “Un aspetto positivo che si può notare in queste proteste – ha evidenziato Monsignor Sipuka – è che sembrano essere una mossa irreversibile per affrontare con decisione la mancanza di democrazia” sul territorio. “Un nobile obiettivo” che la Sacbc auspica venga raggiunto “senza ulteriori perdite di vite preziose”.

I nodi delle responsabilità

Al contempo, il presidente dei vescovi ha sottolineato le differenze tra i conflitti esplosi nei due Paesi: “In eSwatini – ha spiegato – la gente sta combattendo contro un re che sta trattando la nazione come una sua proprietà privata, mentre in Sudafrica coloro che istigano alla violenza lottano per l’impunità di un uomo che ha fatto qualcosa di simile: ha facilitato il saccheggio del Paese e quando è stato chiamato a rispondere delle sue azioni, non ha rispettato le leggi nazionali”. In sostanza, ha detto Monsignor Sipuka, “in eSwatini la gente è stanca di un grande uomo intoccabile, mentre in Sudafrica si lotta proprio per il ritorno di un uomo del genere” al potere. Ma “la sindrome del grande uomo con la quale una persona è autorizzata a fare quello che vuole, è disastrosa per il Paese”, ha messo in guardia il presule, perché significa che chi è al potere “può sacrificare il bene comune” per il proprio tornaconto.

Il cammino della chiesa in Sudafrica

Tale “sindrome patologica” ha colpito anche la Chiesa, in passato – ha aggiunto il presidente dei vescovi – ma “grazie a Dio, ora la Chiesa si è svegliata”. Di qui, l’incoraggiamento del presule ad impegnarsi attivamente per il rilancio del Sudafrica, unendo la voce della Chiesa a quella di coloro che invocano la responsabilità per chi ha commesso violenze e saccheggi e di chi auspica “un serio miglioramento economico della popolazione”, invece di mere “sovvenzioni temporanee”. D’altronde – ha ricordato il presule – le statistiche rilevano che, ogni anno, in Sudafrica “nasce 1,1 milione di bambini. Tra questi, solo 150mila arrivano al diploma”, il che permette a “qualsiasi impostore” di usare i giovani “per i suoi fini egoistici”.

Lo sguardo dei vescovi alla società civile

Ma è proprio nel campo dell’educazione e dell’occupazione, ad esempio nel settore rurale, che la Chiesa può fare la sua parte, ha ricordato il presidente della Sacbc: “Abbiamo scuole ed abbiamo ampie terre che i missionari ci hanno lasciato in eredità. Possiamo quindi cercare una soluzione”. La catastrofica situazione in eSwatini e in Sudafrica, quindi, va colta “come un’opportunità” affinché la Chiesa possa trasmettere alla gente i principî democratici più utili alla riconciliazione nazionale.  Poi, lo sguardo del presule è andato alla pandemia da Covid-19 che, in Sudafrica, ha provocato ad oggi 2,47 milioni di contagi ed oltre 72.00 decessi. Monsignor Sipuka ha ringraziato tutti coloro che “hanno mantenuto la fede in questi tempi difficili”, nonché “i sacerdoti e gli operatori pastorali che hanno continuato a essere creativi” in tale contesto, così critico. Un pensiero riconoscente è andato a tutti i malati ed i defunti a causa della pandemia. Nonostante ciò, “possiamo tranquillamente dire che la fede cattolica è ancora viva nell’Africa meridionale”, ha aggiunto il presule, ricordando poi a tutti i fedeli che “le chiese sono aperte e si possono visitare, nel pieno rispetto di tutti i protocolli sanitari”.

Il richiamo a un maggiore impegno verso i più bisognosi

Al contempo, il presidente della Sacbc si è detto amareggiato per come i cattolici e tutti i cristiani in generale si siano spesi poco per “mitigare le sofferenze sociali derivanti dal Covid-19 e dalle recenti violenze”. “I cristiani costituiscono l’80 per cento della popolazione sudafricana – ha notato il presule – Se fossimo più uniti, potremmo donare di più” alle persone bisognose, invece di disperdere i singoli contributi tra denominazioni diverse. Di qui, l’appello “imperativo” a “lavorare per l’ecumenismo ed il dialogo interreligioso”, soprattutto a livello di base. Infine, Monsignor Sipuka si è detto fiducioso nella campagna di vaccinazione anti-Covid che “sembra fare finalmente progressi”: al momento, nel Paese, sono state somministrate 7,57 milioni di dosi, che hanno raggiunto il 5 per cento della popolazione.

Tra gli altri temi in agenda della Plenaria ci sono il cammino verso il Sinodo generale dei vescovi, in programma in Vaticano nel 2023 sul tema “Per una Chiesa sinodale: comunione, partecipazione e missione”, e la discussa proposta di legge nazionale sui matrimoni che mira ad introdurre la poliandria.