Isabella Piro – Città del Vaticano
“La nostra posizione rimane inequivocabile: l’eutanasia e il suicidio assistito costituiscono l’uccisione deliberata della vita umana in violazione dei Comandamenti di Dio; essi erodono la dignità condivisa impedendo la considerazione, l’accettazione e l’accompagnamento di coloro che soffrono e muoiono. Inoltre, minano il dovere fondamentale che abbiamo di prenderci cura dei membri più deboli e vulnerabili della società”. Con queste parole, la Conferenza episcopale del Canada (Cccb) condanna la recente approvazione del disegno di legge, che amplia la possibilità di ricevere l’assistenza medica per porre fine alla propria esistenza, precedentemente riservata solo a coloro che avevano “una ragionevole prevedibilità di morte naturale”. La normativa infatti comprende anche le persone che potrebbero non essere a rischio di morte imminente, ma che hanno raggiunto uno stato di “intollerabile sofferenza fisica o psicologica” a causa di una malattia incurabile o una disabilità.
Proteggere la vita dal concepimento alla morte naturale
In una nota a firma di monsignor Richard Gagnon, arcivescovo di Winnipeg e presidente dei vescovi del Canada, la Chiesa cattolica locale ribadisce invece che “la vita umana deve essere protetta dal concepimento alla morte naturale, in tutte le fasi e in tutte le condizioni”, mentre con l’approvazione della nuova legge i malati mentali e i disabili potrebbero ricevere pressioni “fin troppo reali, pericolose e potenzialmente distruttive”. I presuli, poi, esprimono la loro gratitudine e manifestano il loro sostegno a tutti gli operatori sanitari e ai volontari “compassionevoli”, che “continuano a difendere la vita, resistendo all’eutanasia e al suicidio assistito, promuovendo la cura della famiglia, degli amici e delle persone care nella loro sofferenza, o assistendo i malati e i moribondi”. Di qui, l’appello della Conferenza episcopale ad incentivare “un accesso rapido alle cure per la salute mentale, al sostegno sociale per i malati di mente e per i programmi di prevenzione del suicidio”, tutelando anche i malati cronici, chi soffre di patologie degenerative o chi vive isolato in strutture per la lunga degenza.
Contro ogni cultura della morte
I vescovi canadesi citano anche la Lettera “Samaritanus bonus sulla cura delle persone nelle fasi critiche e terminali della vita”, diffusa dalla Congregazione per la Dottrina della Fede nel settembre del 2020 e nella quale si afferma:” Il dolore e la morte non possono essere i criteri ultimi che misurano la dignità umana, la quale è propria di ogni persona, per il solo fatto che è un essere umano”. Agli uomini e donne di fede, inoltre, i presuli di Ottawa lanciano un incoraggiamento: “Non perdetevi d’animo. Vi accompagneremo nella preghiera e nella difesa vigile contro una cultura della morte che continua ad erodere la dignità della vita umana nel nostro Paese”. Dai vescovi arriva anche il richiamo alla possibilità dell’obiezione di coscienza per gli operatori sanitari che si oppongono all’eutanasia e al suicidio assistito: “Sarebbe inaccettabile – prosegue la nota – se fossero costretti a partecipare ad atti che la loro coscienza considera moralmente sbagliati”. Tanto più che “l’uccisione diretta di una persona non può mai essere considerata un dovere”. Per questo, i presuli si dicono “categoricamente contrari a permettere che l’eutanasia e il suicidio assistito abbiano luogo in istituzioni cattoliche”.
Sviluppare le cure palliative
Forte inoltre l’esortazione a promuovere le cure palliative che “sono benefiche per le condizioni fisiche, emotive e spirituali di un paziente, specialmente se fornite precocemente”. Esse infatti possono “alleviare e controllare il dolore e la sofferenza fisica, psicologica e spirituale, così come la solitudine e l’isolamento, i sentimenti di perdita di dignità e il peso dell’assistenza spesso sperimentato dalla famiglia, dagli amici e da chi assiste i malati”. “Le cure palliative, e non l’eutanasia o il suicidio assistito, sono la risposta compassionevole e solidale alla sofferenza e al morire”, sottolineano ancora i vescovi canadesi. La chiamata ai fedeli è anche all’impegno ed al coinvolgimento a livello individuale, parrocchiale e comunitario per “continuare a fare pressione sui politici eletti riguardo a questi temi”. “Preghiamo seriamente per una nuova effusione di grazia – conclude la nota episcopale – in modo che la paura e la disperazione sperimentate da molti lascino il posto al coraggio e alla speranza e affinché tutti possano accogliere la chiamata a sostenere i sofferenti e i moribondi con lo sguardo amorevole e compassionevole di Cristo Risorto”.