di Dale S. Recinella
Più di trent’anni fa, nell’autunno del 1988, iniziai a fare volontariato alla mensa per i poveri “Good News Soup Kitchen”, situata in West Georgia Street a Tallahassee, in Florida. Il mio studio legale, collocato nell’attico all’ottavo piano di un edificio in centro, si trovava solo a cinque isolati da questa mensa. Il breve percorso, però, mi trasferiva da uno dei palazzi più costosi della città fin dentro al cuore del ghetto: un mondo completamente diverso. Mi presentavo lì ogni giorno e vi restavo dalle 11 alle 13,30. Ci andavo a piedi, con indosso il mio completo elegante da avvocato e la cravatta di seta Contessa Mara, per aiutare a servire il pranzo ai senzatetto.
L’esperto personale di cucina mi assegnò al servizio alla porta, un compito umile che spettava sempre al volontario novellino. Il mio incarico era di assicurarmi che i senza tetto in attesa di mangiare si disponessero in fila fuori dalla porta sul retro in modo ordinato. Ogni giorno restavo alla porta sul retro della mensa dei poveri per più di un’ora, chiacchierando con la gente di strada che aspettava il pasto.
Prima di divenire volontario presso il Good News Ministries, gente di strada era per me un termine privo di significato, che definiva un gruppo senza definire nessuno in particolare. Dal comfort della mia auto, della mia casa nella periferia elegante e del mio studio legale in centro, le persone di strada erano solo quelli là fuori da qualche parte. Nessuno di loro era abbastanza importante da farmi conoscere il loro nome, la loro storia o i dettagli della loro vita.
Poi, un giorno, mentre ero di servizio alla porta, una signora anziana che si chiamava Helen arrivò di corsa fino alla porta del Good News. Un uomo stava inseguendola e minacciando di ucciderla se non gli avesse restituito il suo dollaro.
“Digli che non può farmi del male qui perché questa è proprietà della chiesa!”, mi supplicò.
Da bravo avvocato, spiegai che il Good News Ministries non è ufficialmente una chiesa, ma che ciononostante lui non avrebbe dovuto colpire Helen. La mia eloquente distinzione tra una chiesa e un servizio assistenziale senza scopo di lucro non interessava nessuno a portata d’orecchio. Dopo venti minuti di inutile mediazione, ottenni la pace dando un dollaro a ciascuno dei due.
Quella sera stessa, mi trovavo all’angolo tra Park Avenue e Monroe Street, davanti al palazzo del mio studio legale, a godermi un meraviglioso tramonto su Tallahassee. Nella frescura del crepuscolo striato di rosso, intravvidi una sagoma solitaria che avanzava faticosamente verso di me arrivando da Tennessee Street.
“Povero senzatetto”, pensai tra me, mentre la figura si avvicinava.
Stavo per rimettermi a pensare ai fatti miei, quando notai qualcosa di familiare nella sagoma in ombra. La sciarpa rossa, la borsa di plastica chiara col bordo bianco. Le scarpe spaiate.
“Mio Dio”, pensai, “quella è Helen.”
Fissai lo sguardo su di lei mentre mi sorpassava zoppicando e svoltava in Park Avenue. Sicuramente si sarebbe accovacciata sotto un cespuglio per trascorrervi la notte. La mia mente aveva sempre cancellato l’immagine di un senzatetto entro pochi secondi. Ma non poteva cancellare l’immagine di Helen.
Quella notte, coricato sul mio lussuoso letto ad acqua, dalla temperatura controllata, del valore di 1500 dollari, nella mia casa sita nei quartieri alti, non riuscivo a dormire. Una voce dentro la mia anima continuava a chiedere: “Dove starà dormendo Helen stanotte?”
Nessun senzatetto, visto fuori dall’edificio del mio studio legale, aveva mai disturbato il mio sonno. Ma l’immagine della figura in ombra, con la sciarpa rossa e la borsa di plastica, mi aveva seguito fino a casa. Avevo commesso un errore fatale. L’avevo conosciuta per nome.
Due decenni dopo, è un sabato mattina a Winter Haven in Florida. Il sole delle 10 si riversa da un cielo senza nuvole sugli alberi di agrumi dietro la chiesa. Macchie arancioni sbirciano brillanti tra le foglie di un verde acceso. Il tetto spiovente della Chiesa Cattolica San Matteo risponde con le sue tonalità verde intenso. Uno scenario meraviglioso per l’insolito evento che sta svolgendosi sotto il porticato della chiesa.
La portiera posteriore del lucente carro funebre nero si apre. Sei portantini sollevano la bara. Una folla di circa settanta parrocchiani è presente per partecipare alla solenne Messa funebre che riconosce questo defunto come uno di noi, un fratello cattolico in Cristo. Ciò che è insolito è che nessuna di queste persone è parente del morto. Quasi nessuno di loro lo ha mai incontrato faccia a faccia. Eppure, eccoli qui, ed ecco il suo corpo.
Un telo bianco con una croce ricamata sopra è drappeggiato sulla bara. Il parroco, Padre Ruse, inizia con una benedizione e guida la processione dentro la chiesa. La semplice cassa, verniciata di marrone, contenente i resti, viene collocata davanti all’altare e perpendicolare all’imponente bellezza del Cero pasquale. Tutti i simboli proclamano la vita. La Messa ha inizio.
Ricky, il defunto, era stato giustiziato alle 9,30 di mercoledì 2 ottobre 2002, con l’iniezione letale, nel carcere statale della Florida. Padre Ruse era il suo assistente spirituale. Dopo quattro anni di visite mensili e cinque visite settimanali nel periodo dell’attesa della morte, Padre Ruse restò con lui davanti alla sua cella durante le cinque ore prima dell’esecuzione. Io e mia moglie fungemmo da sostegno al Padre e ai membri del gruppo pastorale, che presero parte alla veglia e alle preghiere per tutto questo periodo. Il Padre non era mai solo quando si recava al carcere. In modo molto reale, tutte queste persone della sua parrocchia, che sono riunite qui oggi, erano sempre con lui.
Questa è una parte del mistero della chiesa. Questa è la famiglia nella fede, un segno visibile della Comunione dei Santi. Ho sentito dire che nel linguaggio degli Eschimesi non esiste una parola che definisca l’orfano, perché qualsiasi bimbo perda i genitori viene immediatamente inserito in un’altra famiglia. Non ci sono orfani. Questa Famiglia Cattolica nella Fede rappresenta la stessa realtà nel regno spirituale. Nessun membro di questa famiglia viene abbandonato. Nessuno che appartenga a questa famiglia dovrebbe finire a Boot Hill.
Boot Hill (la Collina degli Stivali) è la dichiarazione conclusiva che una vita umana non importava a nessuno. È l’ultimo degrado per coloro che erano già stati relegati al fondo della piramide sociale. Boot Hill è il cimitero dei poveri gestito dallo stato, riservato a coloro che muoiono nelle carceri di Raiford o di Starke, per i quali nessuno si presenta a reclamare i resti. Mi è stato detto che il corpo degli uomini giustiziati viene tolto dalla stanza dell’esecuzione, analizzato dal medico legale e mandato direttamente a Boot Hill. Nessuna dichiarazione è più efficace di questa nel dimostrare che una vita umana non importava a nessuno.
Stamattina queste brave persone della chiesa di San Matteo a Winter Haven stanno prendendo posizione per difendere il valore della vita umana, non solo in generale, ma nel caso particolare di quest’uomo che altri consideravano privo di valore. Stanno prendendo questa posizione a scapito delle loro risorse personali di tempo, attenzione e denaro. Stanno lanciando il guanto di sfida alla cultura della morte, scegliendo di vedere quest’uomo non come le sue azioni peggiori, ma piuttosto come lo vede Dio, fatto a Sua immagine e somiglianza.
Nel corso della Messa funebre vengono offerte preghiere per le sue vittime, i loro cari e per lui e per i suoi cari. Alcune delle canzoni cantate sono le stesse che Ricky e Padre Ruse hanno cantato con i cappellani della prigione davanti alla sua cella poche ore prima della sua morte. Le ultime parole di Ricky sono condivise. In chiusura dell’omelia, Padre Ruse dice: “Questa è la Chiesa al suo meglio”.
Adesso, nell’autunno del 2022, sono passati oltre trent’anni da quando vidi Helen zoppicare quella sera su per Park Avenue. Da allora, i cambiamenti nella mia vita ci hanno permesso di conoscere il nome e la storia di decine di migliaia di persone che ci hanno benedetti con la loro fede e il loro coraggio. Conoscerli ci ha cambiati. Non potremmo mai dimenticarli.
Il 2 ottobre scorso, Festa degli Angeli Custodi, Padre Ruse ha scritto un profondo ricordo, per commemorare il ventesimo anniversario dell’esecuzione di Rigoberto “Ricky” Sanchez-Velasco nel carcere statale della Florida a Starke:
“Era mio amico. Sono stato con lui in quelle ultime ore, in quell’ultimo minuto. Il mio ministero presso di lui come sacerdote e amico ha confermato il mistero dell’opera di Dio in mezzo a noi e che ci ama, tutti noi, indipendentemente dalle nostre scelte. Questo ricordo commemora anche la tragica perdita della vita delle sue vittime e la sofferenza tra le loro famiglie. Viene ricordata anche la famiglia di Ricky.
“Per fortuna la società si occupa ancora, è ancora sconvolta e dibatte sulla pena di morte, la malattia mentale, la paura e la violenza, la giustizia ineguale e arbitraria per i poveri e i diversi, l’amministrazione emotiva, reazionaria e privilegiata della legge e della giustizia, un sistema penale guasto, e molte altre preoccupazioni umane e spirituali.
“Possano la sua anima e le anime di tutti i fedeli defunti, per la misericordia di Dio, riposare in pace. Amen.”
Grazie, Helen. Grazie, Ricky. Grazie, Padre Ruse.
Tutti voi ci avete benedetti abbondantemente.