Alessandro De Carolis – Città del Vaticano
È nella genetica spirituale delle Chiese latinoamericane quella di procedere in modo comune e dunque sinodale, come la frontiera indicata dal Papa chiede ora a ogni Chiesa del mondo. Lo dimostra la storia e la traiettoria “Medellín, Puebla, Santo Domingo, Aparecida” e il cardinale Grech lo riconosce con schiettezza: voi, dice, per la “straordinaria esperienza di comunione ecclesiale” che avete vissuto potreste essere “un esempio per molte Conferenze episcopali”.
Cinque verbi per una Chiesa sinodale
Il capo della Segreteria del Sinodo parla alla prima Assemblea ecclesiale dell’America Latina e dei Caraibi, in corso in Messico fino al 28 novembre, e mette a confronto i caratteri universali della sinodalità con quelli tipici della tradizione ecclesiale del continente. Dopo la Conferenza di Aparecida e nel solco Sinodo dell’Amazzonia, all’interno dell’esperienza e dell’identità delle comunità latinoamericane è evidente, constata il cardinale Grech, quell’approccio “periferia-centro” e “l’Ecclesiologia del Popolo di Dio” così cari al Papa Il porporato prende a riferimento quanto affermato da Francesco nell’Evangelii Gaudium, che parla della dimensione missionaria della Chiesa, in particolare della “Chiesa in uscita”, i cui discepoli, afferma, sanno prendere l’iniziativa, si coinvolgono, accompagnano, portano frutto e festeggiano. Questi cinque verbi, propri di ua comunità evangelizzatrice, valgono allo stesso modo, asserisce il cardinale Grech, per una comunità “sinodale”.
Prossimità
L’iniziativa, spiega, nasce dal fatto che la Chiesa che vuole essere sinodale agisce “senza paura, andando agli “incroci per invitare gli esclusi” e questo perché “la Chiesa sinodale ha un desiderio inesauribile di offrire misericordia”. Il “farsi coinvolgere” dipende dal voler essere con “opere e gesti nella vita quotidiana degli altri”, accorciando le distanze, abbassandosi “fino all’umiliazione se necessario”. L’accompagnamento è rivolto a tutta l’umanità “in tutti i suoi processi, per quanto duri e prolungati possano essere”, giacché la Chiesa sinodale, assicura il cardinale Grech, “sa cosa significa il lavoro duro e la resistenza apostolica”. E sa anche come “portare frutto”, “si prende cura del grano e non perde la sua pace a causa delle erbacce”. Infine, “la comunità sinodale sa sempre come ‘festeggiare’. Celebra ogni piccola vittoria, ogni passo avanti nella sinodalità” nella bellezza della liturgia.
Sinodali si impara vivendo
Insomma la sinodalità si impara vivendola e vivendo la sinodalità si è al contempo missionari. Il segretario del Sinodo fa l’esempio di una Chiesa sinodale in cui l’evangelizzazione sia opera individuale, autoreferenziale di gruppi slegati, sulla base di doti personali: sarebbe l’opposto della missione che nasce dalla comunione ecclesiale, senza la quale non può esserci vero annuncio del Vangelo. “Un progetto missionario – osserva – può nascere solo dal processo sinodale di ascolto-discernimento, che è, inoltre, un esercizio di discepolato”. L’approfondimento del legame tra queste due dimensioni della Chiesa, indica il cardinale Grech, “può essere uno dei contributi più significativi di questa Assemblea e del cammino sinodale delle Chiese dell’America Latina e dei Caraibi”.
Ricomporre la “tunica lacerata”
Ma se dal Concilio in poi “la particolare forma di ‘camminare insieme’” è stata peculiare di questa parte di mondo – e se pure, sottolinea il porporato, “nel cammino della sinodalità siamo tutti apprendisti, voi lo siete da molto tempo”, avendo compreso e custodito la teologia del popolo di Dio – la Chiesa latinoamericana da trent’anni a questa parte vive, afferma ancora, una condizione difficile che un famoso libro paragona a una “tunica lacerata”. Dunque, secondo il cardinale Grech, “non sarà possibile una conversione missionaria se non si attua una conversione sinodale, che comporta un ascolto umile e rispettoso dell’altro e delle sue ragioni; che ha il coraggio di chiedere e dare perdono; che vuole l’unità non a prezzo della verità, ma non identifica mai la verità con la ‘mia’ verità. Forse questa sarà la fatica più grande, ma costituirà anche la testimonianza più forte”. Anche di fronte al fenomeno del settarismo, che promuove “una comprensione individualistica e intima della fede”. Proprio la comunione, la sinodalità, conclude il porporato, sarà la “risposta più credibile”: non un “canto all’unisono, una linea melodica a una sola voce, ma una sinfonia, dove ogni voce, ogni registro, ogni timbro vocale arricchisce l’unico Vangelo, cantato in una infinita possibilità di variazioni”.