“Giullare di Dio”, convegno alla Cattolica sullo sguardo di San Francesco sul mondo

Vatican News

Appuntamento Internazionale presso l’Ateneo a Milano e Brescia dal 17 al 19 aprile per indagare su come la logica ribaltata di San Francesco da ideale si sia incarnata nella storia, da un lato entro le forme ‘ordinate’ dell’organizzazione politica, civile, religiosa ed economica, dall’altro nelle forme della rappresentazione materiale

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Al capitolo 83 della Compilatio Assisiensis si racconta che due anni prima di morire, Francesco iniziò a perdere la vista. L’atroce dolore degli occhi lo tormentava, impedendogli di stare alla luce del sole di giorno, e a quella del fuoco di notte. Chiuso nella povertà della sua cella di stuoie a San Damiano, viveva nell’oscurità, tormentato dai topi che non gli permettevano di dormire, pregare e mangiare. Quando stremato Francesco chiese al Signore la pazienza per sopportare tutto questo, ricevette una risposta rovesciata: perché guardava le sue tribolazioni rendendole assolute, invece di considerarle per quello che erano, un nulla, in relazione alla certezza di possedere già il regno di Dio? Al mattino, Francesco decise di comporre una “nuova lauda del Signore” come ringraziamento “riguardo alle sue creature”: il Cantico di Frate Sole. Dispose, poi, che la laude venisse appresa dai suoi frati, servi di Dio inviati al popolo per commuovere il cuore degli uomini ed elevarlo alla gioia. Stabilì anche in che modo: sotto la guida di fra Pacifico ‘re dei versi’, il gruppo di frati sarebbe andato per il mondo a predicare e lodare Dio. Uno di loro avrebbe pronunciato un sermone, finito il quale tutti insieme avrebbero cantato le lodi, come giullari di Dio. E come i giullari avrebbero ricevuto una ricompensa: il mutamento di vita di chi li ascoltava, che da cieco avrebbe riacquistato la vera vista sul Creato. Il giullare, insomma, agiva ed invitava ad agire un nuovo sguardo sul mondo.

Ricerca interdisciplinare

Benché riferita a questo preciso episodio, l’immagine del ‘giullare di Dio’ è stata usata dagli studiosi come icona, quasi un sigillo, della rivoluzionaria logica della proposta francescana. La ricerca interdisciplinare ha ampiamente mostrato quanto la spiritualità francescana abbia influenzato arte figurativa, letteratura, predicazione, devozione, drammaturgia, determinando una ‘funzionale’ trasformazione delle forme della rappresentazione dalla quale non si può prescindere per comprendere la cultura umanistica e, con essa, la modernità. Erich Auerbach (1946) sosteneva che l’origine di questo terremoto culturale fu la vita stessa di Francesco: il suo modo di presentarsi in pubblico «era di grande effetto teatrale» e «tutto quello che fece fu una rappresentazione», poiché «trasfondeva il suo impulso interiore nella condotta esteriore», servendosi di modalità espressive immediate, realistiche, direttamente accessibili con i sensi e di conseguenza straordinariamente efficaci e leggibili per un pubblico popolare. Già nel 1984, Federico Doglio sottolineava che il legame tra francescanesimo e teatro tardo medievale è così stretto da essere dato per scontato e per questo forse non adeguatamente approfondito dagli studi teatrologici. Le biografie dell’Assisiate sono punteggiate da episodi quasi scenici o addirittura ludici – come argomentava Huizinga (1949) – e da un ‘fare’ assimilabile a una ‘disciplina performativa’ in grado di inaugurare addirittura una via diversa per l’attore (Attisani 2020).

San Francesco, uomo “drammatico”

Francesco, però, non fu un uomo ‘teatrale’ in senso stretto. Piuttosto fu un uomo ‘drammatico’. Agata Sobczyk (2012) ha mostrato che, tra XII e XIII secolo, il significato di ioculator Domini è sovente collegato a quello di ‘santa semplicità’ con cui si fa riferimento a chi – avendo un solo cuore, un solo volto e un solo gesto – non costruisce un’immagine apparente di sè, ma si presenta per quello che è. Il ‘semplice’ (in ebraico tamîm) è colui che non è ‘doppio’. In lui non c’è finzione: essere, apparire, pensare e fare non sono separati.

 

Tramite la ‘santa semplicità’, l’immagine ‘sigillo’ del Francesco ioculator Domini indica colui che agisce, ma non finge. Colui che fa dell’imitazione di Cristo una pratica incarnata concreta, presente e corporea (il ‘fare come’), non una simulazione (il ‘fare come se’). Francesco è un agonistes del dramma della vita, non un hypocrites.

Agire nel mondo e col mondo confrontarsi

Il giullare è anche colui che simbolicamente cammina a testa in giù e, così, propone uno sguardo capovolto sul mondo. La vita fraterna come sudditanza reciproca, la rinuncia radicale del potere e della ricchezza in ogni sua forma, la posizione di sottomissione e minorità, la gratuità del dono, la nudità come inanizione e rinuncia sono tutte ‘proposte ribaltate’ che invertono – o tengono insieme – dentro e fuori, essere e apparire, visione e azione, parola e gesto, alto e basso, sublime e umile (Maranesi 2019). Lo sguardo ribaltato di Francesco è quello di un ‘folle di Dio’ nuovo e diverso rispetto agli esempi orientali, perché non è un solitario che vive isolato, fuori dalle regole sociali che contesta. Egli è un novellus pazzus che non guarda dall’esterno il mondo, ma sceglie di essere in mundo: sceglie di agire nel mondo e con il mondo confrontarsi, di parlare al mondo facendosi capire dal mondo e di andare per il mondo, dando vita, in pochissimo tempo, ad un Ordine di enormi dimensioni e di grande importanza ecclesiale (Gagliardi 2017).

La follia dell’intuizione e la realtà dell’istituzione

Il convegno intende investigare come la logica ribaltata di Francesco da ideale (la follia dell’intuizione) si sia incarnata nella storia (la realtà dell’istituzione), da un lato entro le forme ‘ordinate’ dell’organizzazione politica, civile, religiosa ed economica, dall’altro entro le forme della rappresentazione materiale.

Per raggiungere questo scopo, il convegno mette in dialogo studiosi di varie discipline chiedendo loro di interrogarsi sulle dinamiche del rovesciamento operate dalla cultura francescana e sui suoi esiti. Tre i contesti di lavoro: anzitutto, le innovazioni riguardanti la concezione e la gestione dello spazio nella dimensione istituzionale; le strutture della vita regularis; il nesso ricchezza-povertà e le sue conseguenze pratiche sull’economia; i rapporti sociali in relazione alla coeva metamorfosi delle istituzioni politiche (Comuni e monarchie); l’ecclesiologia e la gerarchia degli ordines; i rapporti tra i generi. 

Poi, secondo contesto la rivoluzione dei dispositivi della rappresentazione e delle sue forme materiali tra il 1200 e il 1400. Ci interessa investigare l’influenza del rovesciamento francescano sui cambiamenti intercorsi in epoca tardo medievale nei seguenti ambiti: forme della parola e del discorso (poesia, preghiera, predicazione); forme della visione (meditazione, mistica e arte figurativa); forme della rappresentazione rituale e drammatica (forme liturgiche, para liturgiche, devozionali).

Infine, terzo contesto, la permanenza e l’importanza del dispositivo drammatico–performativo in epoca contemporanea. Si intende indagare l’eredità della figura di Francesco nel teatro del Novecento ed in particolare: l’influenza del suo habitus vivendi et agendi sulla nascita e sugli sviluppi della pedagogia teatrale; la disciplina artistica come disciplina del corpo e dell’anima, la continuità tra forma d’arte e forma di vita; l’importanza decisiva che, a partire dai padri fondatori della pedagogia teatrale di inizio secolo, hanno avuto parole come ‘povertà’, ‘simplicitas’, ‘regola’; l’idea di un teatro pensato e vissuto al di fuori della rappresentazione e al di là di ogni autoreferenzialità estetica, per riportarlo al grado zero dell’azione, praticabile nella sua accezione individuale e comunitaria.