Benedetta Capelli – Città del Vaticano
Lo stesso nome. E’ quello che salta agli occhi, leggendo la storia del secondo miracolo attribuito a Charles De Foucauld e che riguarda un ragazzo di 21 anni, falegname, di nome Charles anche lui, come il futuro santo, di nazionalità francese. Il 30 novembre 2016, vigilia del centenario della morte del sacerdote avvenuta in Algeria, il giovane stava lavorando al restauro della cappella della scuola di San Luigi a Saumur, nel sud della Francia. Era su un’impalcatura dalla quale improvvisamente cadde, compiendo un volo di 15 metri, finendo a terra con un voluminoso montante di legno conficcato nel corpo.
Una caduta che solitamente provoca la morte. Dopo l’incidente, centinaia di persone della parrocchia di Saumur pregarono Charles de Foucauld perché guarisse il ragazzo, figlio di cristiani ma non battezzato e non praticante. Un’altra similitudine tra i due Charles: il futuro santo infatti visse una gioventù “senza niente negare e senza niente credere”. Il falegname restò sei giorni in ospedale, dopo due mesi era già al lavoro senza alcuna conseguenza. Ben 7 medici definirono inspiegabile la sua guarigione. L’istruttoria per il riconoscimento del miracolo è durata tre anni, nel 2020 si è concluso il processo ma poi la data della canonizzazione è slittata a causa della pandemia.
“Nel mio cuore lo volevo santo”
Giovanni Pulici, 88 anni di Desio, chiamava De Foucauld semplicemente “Carlo”. Lo aveva incontrato agli esercizi spirituali, organizzati dai gesuiti in Brianza, e se ne era innamorato. Uno dei predicatori lo aveva definito “un santo che non è ancora santo”. “In quel momento – racconta con una voce tremolante ma decisa – nel mio cuore è nato un desiderio: vederlo santo prima di morire. Ho sognato per una vita questo ma ora non posso andare a Roma, il mio cuore ha però raggiunto il suo scopo, portarlo sugli altari”. Giovanna Citeri, sua moglie che di anni ne ha 82, aggiunge che suo marito ha letto molto su Charles De Foucauld, “aveva comprato un libro fuori dalla basilica di Desio e lo continuava a leggere ma poi lo pregava sempre”. E la preghiera si fa più insistente quando Giovanna si ammala.
“Salva la mia Giovanna”
“Ci siamo sposati nel ’67, poi è nata Elisabetta e nel ’79 Paola – racconta Giovanna -. E’ nell’81 che scopro un tumore al seno, mi opero e per due anni tutto sembra andare bene”. Improvvisamente compare una tosse che provoca dolori grandi in ogni parte del corpo. “Appena sentivo un colpo di tosse le costole si rompevano”. La scintigrafia conferma che il cancro è arrivato alle ossa. Il marito Giovanni è fiaccato ma confida nella preghiera e nel suo “Carlo”. “Si rivolgeva a lui in dialetto brianzolo – ricorda la moglie –, gli diceva: ‘Salva la mia Giovanna. Come faccio senza di lei?’” In pochi mesi lei rinasce, comincia a stare meglio, le ossa non si rompono più. A Pasqua va a Messa con la famiglia. “Il mio dottore diceva che la fede di mio marito è stata più forte della scienza”.
“Il miracolo è qui”
La famiglia Pulici per decenni custodisce nel cuore il miracolo di Charles de Foucauld. “La mia vita è continuata nel silenzio, nel raccoglimento, non è cambiata”, dice Giovanni che agli amici che gli chiedevano come stava la moglie rispondeva: “Sta bene la miracolata”. Solo una battuta, nulla di più. Si arriva al Giubileo del 2000, i coniugi sono a Roma, è dicembre. In piazza sant’Ignazio, davanti alla chiesa dei gesuiti, incontrano le Piccole Sorelle di Charles de Foucauld. “Le riconosco subito dall’abito – afferma Giovanni – mi sono avvicinato e ho chiesto loro quando sarebbe stato beatificato Charles. Una di loro mi rispose che mancava il miracolo e io allora, spontaneamente, dal cuore ho detto che il miracolo ce l’avevo io ed era mia moglie”. Un caso che diventa un segno, tra le Piccole Sorelle ce n’è una che si occupa della causa di beatificazione del mistico francese. Tutto parte da lì.
Una montagna fiorita
Il 13 novembre 2005, Charles de Foucauld diventa beato, di lui Papa Benedetto sottolineò la fraternità universale che ispirò la sua vita. Prima libertino, valido esploratore, ad un certo punto riscopre Dio, nel 1890 entra fra i trappisti in Francia, si sposta in Siria, chiede di essere dispensato dai voti e nel 1897 viene accontentato. Dopo qualche anno, nel 1901 viene ordinato prete e parte per l’Africa, scegliendo un’oasi nel deserto del Sahara. Trascorre 13 anni nel villaggio tuareg di Tamanrasset, in Algeria, qui alcuni malviventi lo uccidono il primo settembre del 1916. La sua spiritualità e il suo modo di vivere il Vangelo genera numerosi frutti: ben diciannove differenti famiglie di laici, sacerdoti, religiosi e religiose. E’ a Tamanrasset che i coniugi Pulici si recano nel 2006, per ringraziare e pregare nei luoghi di De Foucauld. “Ho provato una grande emozione – racconta Giovanni – quando ci siamo svegliati lì, la montagna intorno a noi era tutta fiorita. Un Piccolo Fratello che da 35 anni era a Tamanrasset ha detto che non era mai accaduto e ha pensato che quello era un segno di Charles per ringraziare la miracolata della visita”.
Da de Foucauld abbiamo imparato l’umiltà
Ma c’è un dono che Giovanni e Giovanna sentono forte, al di là del miracolo. “Charles de Foucauld ci ha insegnato l’umiltà”. Giovanni lo ripete per ben tre volte, dice che da lui ha imparato a pregare e a meditare. “Per me lui è un richiamo alla preghiera perché si è sempre messo all’ultimo posto come ha fatto Cristo sulla croce”. Di sera prima di addormentarsi, gli sposi recitano la preghiera dell’abbandono. Giovanni ancora oggi si chiede: “Perché fratel Carlo hai scelto proprio me? Io che sono l’ultimo degli ultimi”.
Padre mio, io mi abbandono a te, fa di me ciò che ti piace. Qualunque cosa tu faccia di me Ti ringrazio. Sono pronto a tutto, accetto tutto. La tua volontà si compia in me, in tutte le tue creature. Non desidero altro, mio Dio. Affido l’anima mia alle tue mani Te la dono mio Dio, con tutto l’amore del mio cuore perché ti amo, ed è un bisogno del mio amore di donarmi, di pormi nelle tue mani senza riserve con infinita fiducia perché Tu sei mio Padre.
Giovanna sarà a Roma per partecipare alla Messa di canonizzazione, “vivo questi giorni con grande emozione, per me è una cosa bellissima, troppo, troppo… A Charles io devo la vita”.