Michele Raviart – Città del Vaticano
Con l’espansione globale dell’uso della tecnologia e dell’aumento del tempo passato online, dovuto anche alla conseguenza della pandemia di Covid-19, il mondo virtuale è diventato uno spazio sempre più favorevole al reclutamento e al controllo delle vittime della tratta di esseri umani. Un fenomeno che frutta oltre 150 miliardi di dollari agli sfruttatori e che in rete trovano gli strumenti “per reclutare, sfruttare e controllare le vittime, organizzarne il trasporto e l’alloggio, raggiungere potenziali clienti, in un contesto che favorisce maggiore velocità, economicità e anonimato”. A ricordarlo sono le Nazioni Unite, nel messaggio per la Giornata mondiale contro la tratta degli esseri umani, che si celebra oggi in tutto il mondo e che quest’anno è dedicata proprio ai rischi, ma anche alle opportunità delle tecnologie come strumento che può da un lato favorire e dall’altro ostacolare questo fenomeno. Tra le organizzazioni che si occupano di questo c’è anche la rete “Talitha Kum” – dalle parole in aramaico di Gesù “Fanciulla, alzati” – che dal 2009 coinvolge suore e volontari in 92 Paesi del mondo. A coordinare la rete, che si è occupata lo scorso anno di oltre 300 mila persone è suor Gabriella Bottani.
Che anno è stato il 2021 per la lotta alla tratta degli esseri umani?
Il 2021 è stato un anno in cui abbiamo iniziato a sentire con maggior forza quello che è stato l’impatto delle conseguenze del Covid-19, per cui abbiamo visto crescere situazioni di instabilità in diversi Paesi, con povertà e perdita di lavoro, non solo da parte delle persone che erano uscite dai percorsi della tratta e che stavano cercando di reinserirsi. Abbiamo letto e sappiamo che il gruppo maggiormente colpito sono state le donne nel settore dei servizi e che hanno perso il lavoro. Abbiamo sentito ancora l’eco delle chiusure dei lockdown che hanno reso difficile avvicinarci ai gruppi di rischio dove le religiose di Talitha Kum da anni sono impegnate nell’identificare e nel far emergere eventuali situazioni di tratta tra i migranti senza documenti, tra le donne in situazione di prostituzione, nelle comunità rurali dove bambine e bambini vengono reclutati con promesse di lavoro nelle grandi città. In questo tempo i reclutatori e anche la vendita di persone sfruttate e quindi vittime della tratta è cresciuto sempre di più, soprattutto “nel mondo nascosto” cioè sia nel privato degli appartamenti, ma anche attraverso il mondo virtuale.
In che modo il mondo virtuale può far entrare una persona nel giro della tratta?
Attraverso proposte di lavoro su Facebook, ad esempio. Abbiamo pubblicato di recente un caso seguito dalle sorelle del Perù in cui una ragazza ha risposto a un annuncio di lavoro su Facebook e quindi l’aggancio da parte dei reclutatori avvenuto attraverso il mondo del web. Questo è un caso classico.
Si parla ancora delle conseguenze del Covid per quanto riguarda la tratta degli esseri umani. Come mai c’è ancora questa onda lunga?
Il lockdown ha innescato dei processi di crisi multiple, soprattutto nell’ambito economico e da queste non siamo ancora uscite. Sicuramente il Covid non è stata l’unica causa, ma certamente ha accelerato dei processi di “vulnerabilizzazione” e di crisi economica. In più ci sono state situazioni di instabilità, non ultima la guerra in Ucraina, che stanno aumentando i fattori di rischio alla tratta. E non dimentichiamoci che tra questi c’è la povertà estrema, per cui non avendo nessuna possibilità di lavoro le persone accettano con grande facilità delle proposte che permettano di sognare una vita migliore.
L’ultimo rapporto di Talitha Kum riguarda il 2021. La guerra in Ucraina è iniziata il 24 febbraio. Ci sono già dei segnali per capire quanto il conflitto sta incidendo nella tratta di esseri umani?
Talitha Kum è un osservatorio non statistico, ma parte dall’esperienza quotidiana delle suore. I centri di accoglienza in Europa hanno già iniziato ad accogliere donne vittime della tratta provenienti da questi gruppi di donne ucraine che hanno lasciato la loro terra. Per cui sì. Se agli inizi facevamo delle azioni di sensibilizzazione, di allerta, spinti anche dal riconoscimento di diverse organizzazioni che le situazioni di conflitto sono tra le principali cause della tratta, adesso stiamo già avendo dei casi che purtroppo confermano che anche la guerra in Ucraina aumenta la vulnerabilità delle donne Noi abbiamo più un osservatorio che riguarda le donne, ma so che anche gli uomini vengono poi sfruttati nel lavoro e cadono dentro la tratta.
Nel rapporto sono dei numeri che riguardano i cinque continenti. Quali sono i luoghi in cui la rete di Talita Kum è più efficace?
Sicuramente i luoghi in cui siamo più efficaci è dove c’è la presenza delle sorelle nelle situazioni di rischio. Vicino alle sopravvissute, alle vittime, alle famiglie e alla comunità, perché non dimentichiamoci che dietro una persona c’è tutto mondo. I processi di reinserimento sociale, di cura, di guarigione, di empowerment per restaurare hanno bisogno di anni. Questo forse è il punto di forza più bello nostro, questa condivisione e presenza nei campi profughi, con le popolazioni migranti che non hanno documenti, con le donne che vivono grandi situazioni di vulnerabilità nella prostituzione e che magari trovano nella suora una persona che le accoglie e che le ascolta.
In questo senso uno dei ruoli decisivi, da quello che emerge dal rapporto, è quello delle persone che escono dalla tratta e si mettono a disposizione per aiutare altre persone a non entrarne o a uscirne. Che significato ha questo apporto?
Sono nostre sorelle e nostri fratelli nel cammino. Ci aiutano anche a crescere insieme su quello che può essere un impegno a sognare una società senza tratta e soprattutto a entrare in gioco insieme a noi e fare in modo che un’esperienza di dolore possa diventare anche un’esperienza generativa per tutta la società e poterlo fare insieme è molto bello.
Oggi è la Giornata internazionale delle Nazioni Unite contro la tratta di esseri umani. Qual è l’appello e cosa bisogna continuare a fare?
L’esperienza fondamentale di questi ultimi anni di Talitha Kum è quella di rispondere con il bene. Di rispondere alla violenza e allo sfruttamento con la cura, alla violenza con la tenerezza e presentare il valore fondamentale della dignità di ogni persona. La dignità umana e il bene hanno la parola più importante da dire. Questo ce lo insegna la Parola di Dio, “annuncio del Vangelo”. Ce lo insegna Cristo nel suo messaggio. E questo credo sia la parola importante che dobbiamo annunciare e portare oggi 30 di luglio in questa giornata: la forza del bene e la forza della speranza.
L’impegno delle suore di Talitha Kum in una mostra al Maxxi
Al fine di sensibilizzare quante più persone possibile al tema della lotta alla tratta la rete Talitha Kum ha promosso e organizzato la mostra “Nuns Healing Hearts” della fotografa umanitaria Lisa Kristine. 28 scatti che sottolineano il lavoro delle suore di Talitha Kum in Thailandia, Italia, Messico, Guatemala e Stati Uniti. Dopo essere stata esposta in Vaticano, al Palazzo di Vetro delle Nazioni Unite a New York e Tokyo, la mostra è ora ospitata al MAXXI di Roma ed è possibile visitarla sul sito del museo