Amedeo Lomonaco – Città del Vaticano
Il tema della Giornata mondiale del malato si ispira al brano evangelico “in cui Gesù critica l’ipocrisia di coloro che dicono ma non fanno”. Il messaggio di Papa Francesco ci esorta a non incorrere nel rischio dell’ipocrisia. È quanto sottolinea fratel Carlo Mangione, direttore generale dell’ospedale “Santa Maria della Pietà” a Casoria, in provincia di Napoli. “A volte – ricorda a Vatican News – si pensa che la carità sia solo una dimensione sociale, solo una filantropia e un aiutare l’altro”. “Il Papa – spiega il religioso camilliano – ci ricorda che il nostro primo impegno, come battezzati, è quello di santificarci, di sforzarci ad essere come Gesù”. Non bisogna cadere nel rischio, come ricorda il Pontefice, di non essere coinvolti “nella storia e nelle necessità dell’altro”.
R. – Credo che questo sia il rischio che noi corriamo sempre. Come combattere questa ipocrisia? Papa Francesco dice che combattere l’ipocrisia significa stare davanti al fratello e alla sorella che soffre. Il Papa propone la terapia del fermarsi, dell’ascoltare e di stabilire una relazione diretta e personale con l’altro. Questo “stare” è quello di Maria ai piedi della Croce. È Gesù che sta con gli apostoli e tra le folle. È il cristiano che, dinanzi alla persona malata, sta e si ferma. Questo del fermarsi è un concetto molto importante perché, tante volte, siamo portati più a fare, a correre. E non ci accorgiamo delle emozioni e soprattutto, a volte, non ci accorgiamo di quello che il malato non dice. La vera carità è cogliere non solo la richiesta del malato, ma anche il bisogno non espresso.
È centrale dunque una terapia della vicinanza, della prossimità. Quale situazione emerge declinando il messaggio di Papa Francesco per la Giornata mondiale del malato e partendo dall’esperienza quotidiana negli ospedali?
R. – Ad esempio, Papa Francesco fa riferimento anche i malati di Covid. È chiaro che non è solo una malattia che investe il malato. Ma è una malattia che porta il malato nella solitudine. C’è una duplice sofferenza: quella del malato lontano dalla famiglia e la sofferenza della famiglia che non può stare vicino al malato. Si impone allora un supplemento di amore, di vicinanza da parte degli operatori sanitari e anche del mondo del volontariato. In questo tempo non solo i malati di Covid vivono un’esperienza così traumatica e forte. C’è anche un sistema sanitario nazionale che, prediligendo questi pazienti, va a trascurare gli altri malati .
E si trascurano patologie, non legate al Covid, che poi possono portare ad esiti drammatici…
R. – Questo si sta vedendo già statisticamente: per esempio, le patologie cardiologiche e oncologiche non curate vanno a degenerare. Qui torna allora il discorso di Papa Francesco sulle scelte politiche, sull’amministrare con risorse in maniera equa garantendo una assistenza anche ai poveri. È necessaria, ricorda il Papa, una politica che sia una forma di carità.
Nel messaggio, il Papa ricorda che l’attuale pandemia ha fatto emergere “tante inadeguatezze dei sistemi sanitari e carenze nell’assistenza alle persone malate”. Francesco sottolinea, poi, che “la pandemia ha messo in risalto anche la dedizione e la generosità di operatori sanitari, volontari, lavoratori e lavoratrici, sacerdoti, religiosi e religiose”…
R. – Questa dedizione degli operatori sanitari e di quelli pastorali è una dedizione ordinaria, che già si riscontra 365 giorni su 365. Chiaramente la pandemia, visto anche la pericolosità, la mortalità e la modalità del contagio, ha messo in luce questa generosità. Io penso, per esempio, a tanti istituti religiosi dediti all’assistenza agli ammalati. Penso a tutto il mondo camilliano. Quanti operatori sanitari hanno vissuto il quarto voto senza averlo professato. Io credo che in una situazione di pandemia non ci si improvvisa. Se non ci fosse stata questa dedizione nella quotidianità, oggi non ci si poteva ‘improvvisare eroi’. È molto bella questa valutazione e rivalutazione delle figure sanitarie e del mondo del volontariato. Figure che, nella quotidianità, hanno sempre vissuto questa dimensione.
“La relazione con la persona malata – scrive Francesco – trova una fonte inesauribile di motivazione e di forza nella carità di Cristo, come dimostra la millenaria testimonianza di uomini e donne che si sono santificati nel servire gli infermi”…
R. – Questo è molto bello anche perché ci coinvolge come Ordine. Penso che San Camillo e tanti santi della carità si sono santificati attraverso l’esercizio del servizio ai malati. A me pare molto importante perché, a volte, si pensa che la carità sia solo una dimensione sociale, solo una filantropia e un aiutare l’altro. Papa Francesco ci ricorda che il nostro primo impegno, come battezzati, è quello di santificarci, di sforzarci ad essere come Gesù che ci ha dato l’esempio della vicinanza ai poveri e ai malati. Quando cerchiamo magari una pratica per santificarci e per essere migliori Papa Francesco ci indica proprio l’esempio di tanti santi e un servizio, come Gesù ha fatto, basato su una relazione interpersonale con gli ammalati. Un servizio che ci aiuta in questo cammino di perfezione. San Camillo diceva di voler avere 100 braccia per alleviare le sofferenze di tanti poverelli infermi. Oggi le cento braccia sono quelle degli operatori sanitari.