Francia, il vescovo di Nanterre: davanti alla violenza, è urgente riaprire il dialogo

Vatican News

Continua il vandalismo dopo l’uccisione del 17 enne Nahel, colpito dalla polizia a Nanterre, dove oggi pomeriggio è previsto il funerale. Il governo sta cercando di contenere la violenza con 45 mila agenti e blindati nelle strade. 1300 i fermi solo l’ultima notte. I leader religiosi francesi, in un appello congiunto, chiedono la pace. Per monsignor Matthieu Rougé per il ritorno alla pace è necessario un ritorno al dialogo, dove la rabbia possa essere espressa e ascoltata

Delphine Allaire e Alessandro Di Bussolo – Città del Vaticano

Quella tra venerdì e sabato è stata la quarta notte di violenza, in tutta la Francia, scatenata dalla morte di Nahel, un ragazzo di 17 anni, ucciso da un agente di polizia martedì 27 giugno nel sobborgo parigino di Nanterre. I suoi funerali si tengono nel pomeriggio di oggi, sabato 1 luglio, nella moschea Ibn Badis della città alle porte di Parigi. Da martedì, ci sono state notti di disordini con saccheggi, danni e scontri con la polizia in grandi e medie città francesi. Venerdì il capo di Stato francese, Emmanuel Macron, ha invitato i genitori dei rivoltosi, spesso molto giovani, ad assumersi le proprie responsabilità, così come le piattaforme di social networking, citando Snapchat e TikTok, le applicazioni che, a suo dire, sono state utilizzate per organizzare i raduni violenti.

Il messaggio dei leader religiosi a livello locale

Monsignor Matthieu Rougé, vescovo della diocesi di Nanterre, ha lanciato giovedì 29 giugno un appello congiunto alla calma, insieme ai leader locali di altre confessioni religiose: “Come leader religiosi della città di Nanterre, con un impegno di lunga data per la fraternità, vogliamo fare appello insieme, in queste ore difficili per la nostra città e il nostro Paese, al dialogo e alla pace”. Questo testo ha portato nelle ore successive all’appello di diversi rappresentanti religiosi a livello nazionale.

L’ appello delle autorità religiose nazionali

Venerdì 30 giugno, la Conferenza dei leader religiosi di Francia (CRFC) ha condiviso un appello al dialogo e alla pace. Il testo è stato firmato da monsignor Éric de Moulins-Beaufort, presidente dei vescovi cattolici di Francia, dal rabbino capo Haïm Korsia, rettore della Grande Moschea di Parigi e presidente della CFCM, nonché dal presidente dei vescovi ortodossi, dal presidente della Federazione protestante e dal presidente dell’Unione buddista. I leader hanno esortato a preservare e consolidare “il necessario legame di fiducia tra la popolazione e le forze dell’ordine” che “hanno dato tanto durante le prove che il Paese ha attraversato”. Deplorando “profondamente” la distruzione di scuole, negozi, municipi e mezzi di trasporto, hanno sottolineato che “i primi a subirne le conseguenze sono gli abitanti, le famiglie e i bambini di questi quartieri”. Incoraggiando i leader e i rappresentanti eletti della nazione “a lavorare insieme in modo responsabile per ripristinare la giustizia e la pace”, i leader delle comunità religiose si sono impegnati a contribuire a questo sforzo.

La preghiera proposta dai vescovi francesi

Dopo l’appello congiunto, i presuli francesi hanno proposto alle comunità cattoliche di tutto il Paese di recitare, in tutte le celebrazioni di questo fine settimana, questa preghiera: “Ti preghiamo, Signore, per il ritorno alla calma e alla pace nel nostro Paese. Ti affidiamo Nahel e preghiamo per i suoi cari. Lo Spirito di luce e di pace li sostenga. Ti affidiamo i feriti di queste notti di violenza, e coloro i cui luoghi di vita o di lavoro sono stati distrutti o danneggiati. Ti preghiamo, Signore, per coloro che sono impegnati nelle forze dell’ordine e nei servizi statali, sottoposti a forti pressioni e talvolta attaccati. Ispiraci, affinché con i credenti di altre denominazioni cristiane e di altre religioni come pure tutti i nostri concittadini, sappiamo essere artefici di dialogo e di pace. Ti supplichiamo ancora: che anche al di là delle attuali esplosioni, la nostra società sappia individuare con lucidità le cause della violenza e trovare i mezzi per superarla”.

Rougé: riaprire le strade che portano alla pace

Ecco la testimonianza di monsignor Matthieu Rougé, vescovo di Nanterre, la città epicentro delle violenze. Il presule invita tutti i credenti a essere servitori della pace, ribadendo con una sola voce, insieme ad altri leader religiosi, “che la violenza non è mai una buona strada da percorrere”. L’intervista è di Delphine Allaire.

Ascolta l’intervista in lingua originale con monsignor Matthieu Rougé

Qual è la situazione nella sua diocesi dopo queste notti di violenza?

I pochi luoghi che ho potuto visitare venerdì mattina erano segnati da danni, auto bruciate e grande emozione tra la gente dei quartieri più sensibili. Ho raggiunto alcuni fedeli al termine di una Messa nella piccola chiesa in mezzo al quartiere Picasso. Erano perseveranti nella preghiera, nella speranza e nel desiderio di contribuire alla pace, ma erano molto commossi.

Oltre a Nanterre, anche molte altre città francesi sono state travolte dalla violenza. Cosa le ispirano questi eventi?

Nella società francese c’è una grande violenza latente e crescente da diversi anni. Le cause sono molteplici e vanno identificate con maggiore chiarezza. È bastata una scintilla perché la violenza e i quartieri si infiammassero. Oggi dobbiamo assolutamente riaprire le strade che portano alla pace. Esse implicano necessariamente un dialogo in cui tutti possano esprimere la loro rabbia, in cui tutti possano essere ascoltati, in cui possa accadere qualcosa per rompere questo circolo vizioso.

Qual è la natura di questo malessere profondo e latente della società francese?

C’è una dimensione sociale, educativa e familiare. In generale, c’è una mancanza di rispetto per la dignità umana in tutti gli aspetti della vita comunitaria. Il risultato è che nessuno rispetta più nessuno. Dal punto di vista familiare, si parla molto della madre del giovane che è morto, ma non si parla del padre. Mi colpisce molto il fatto che nelle zone più sensibili della mia diocesi ci siano tante madri meravigliose e coraggiose. Lottano per i loro figli, ma sono sole. Questo squilibrio familiare è sicuramente una delle cause della violenza.

Come può la Chiesa cattolica porsi di fronte a questa sfida della violenza?

Per il momento, posso individuare tre aspetti. In primo luogo, la preghiera. Dobbiamo pregare e riunire i fedeli a pregare, per chiedere insieme il dono della pace, affinché il Signore possa disarmare i cuori e aprire la strada al dialogo. In secondo luogo, la preoccupazione fraterna è una nostra responsabilità. I fedeli delle nostre comunità nei quartieri più sensibili vivono tra gli altri in luoghi dove per tre notti ci sono stati colpi di mortaio, auto bruciate, negozi danneggiati e scuole distrutte. Tutto questo è traumatico per le persone che si chiedono in ogni momento se un’esplosione stia per incendiare il loro appartamento. Infine, dobbiamo lavorare con tutti gli altri attori della società per riportare il dialogo. Insieme ai vari leader religiosi della città di Nanterre, cristiani non cattolici, ebrei e musulmani, giovedì abbiamo lanciato un appello alla solidarietà e al dialogo. A prescindere dalla nostra grande compassione per la famiglia colpita dal lutto, affermiamo che la violenza non è mai una risposta adeguata per superare ciò che può suscitare rabbia o sofferenza.

Come possiamo far sentire la fraternità in un simile contesto?

Sono già contento che siamo riusciti a trovare un accordo molto semplice con tutti i leader religiosi della città di Nanterre. Spero che nelle prossime ore riusciremo ad allargare lo spettro. E questo è un segnale importante. La fratellanza è più che mai attuale. Quando è difficile, dobbiamo servirla. Questo è ciò a cui sto pensando e che sto facendo in questo momento: esaminare tutto ciò che può essere fatto per incoraggiare il dialogo e il ritorno alla pace.