Francesco: prima che mezzi, alla Chiesa occorrono cuori che attirino a Dio

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E’ di santa Teresa di Gesù Bambino, Dottore della Chiesa, la testimonianza di zelo apostolico al centro della catechesi all’udienza generale. Esposta sul sagrato di Piazza San Pietro l’urna con le reliquie della santa proclamata “patrona delle missioni”, cui il Papa ha annunciato di volere dedicare una Lettera apostolica

Adriana Masotti – Città del Vaticano

E’ la chiesa rettoria di Sant’Antonio Abate all’Esquilino a Roma ad ospitare dal 6 giugno, le reliquie di santa Teresa di Lisieux e dei suoi genitori. Numerose le celebrazioni previste fino al 16 giugno, ma stamattina, in occasione dell’udienza generale, le reliquie della monaca carmelitana sono state trasferite in Piazza San Pietro e Papa Francesco afferma: “È bello che ciò accada mentre stiamo riflettendo sulla passione per l’evangelizzazione, sullo zelo apostolico”. Annuncia poi che sarà la testimonianza di santa Teresina al centro della catechesi odierna e che a lei, nel 150.mo della nascita che ricorre del 2023, ha intenzione di dedicare una Lettera apostolica.

Teresa: “patrona dei missionari” rimanendo in convento

“È patrona delle missioni, ma non è mai stata in missione”, osserva il Papa. Come si spiega questo? La sua salute era fragile, tanto che morì a soli 24 anni, ma “il suo cuore era vibrante, missionario”.

Nel suo “diario” racconta che essere missionaria era il suo desiderio e che voleva esserlo non solo per qualche anno, ma per tutta la vita, anzi fino alla fine del mondo. Teresa fu “sorella spirituale” di diversi missionari: dal monastero li accompagnava con le sue lettere, con la preghiera e offrendo per loro continui sacrifici. Senza apparire intercedeva per le missioni, come un motore che, nascosto, dà a un veicolo la forza di andare avanti.

Non cercare consolazioni per sé, ma “consolare” Gesù

La sua vita in convento non fu facile, “ma accettò tutto con amore, con pazienza, offrendo, insieme alla malattia, anche i giudizi e le incomprensioni” per il bene della Chiesa e soprattutto per i più lontani. Francesco si chiede da dove nascevano la sua gioia e la sua forza missionaria e cita due episodi della vita della santa, prima della sua entrata in monastero, che aiutano a capire: il primo risale alla notte di Natale del 1886 quando Teresa aveva soli 14 anni. Un dispiacere in famiglia la fa piangere, ma poco dopo dimentica tutto, ritrova la gioia e il desiderio di amare. 

Cos’era successo? Che in quella notte, in cui Gesù si era fatto debole per amore, lei era diventata forte d’animo: in pochi istanti era uscita dalla prigione del suo egoismo e del suo piangersi addosso; cominciò a sentire che “la carità le entrava nel cuore, col bisogno di dimenticare sé stessa”. Da allora rivolse il suo zelo agli altri, perché trovassero Dio e anziché cercare consolazioni per sé si propose di “consolare Gesù, [di] farlo amare dalle anime”, perché – annotò Teresa – “Gesù è malato d’amore e […] la malattia dell’amore non si guarisce che con l’amore”. 

La forza dell’intercessione

“Fare amare Gesù” diventa il proposito quotidiano di Teresina, come anche intercedere “perché gli altri lo amassero”.

“Vorrei salvare le anime e dimenticarmi per loro: vorrei salvarle anche dopo la mia morte. Passerò il mio cielo a fare del bene sulla terra. (dalle lettere di santa Teresa)”

Papa Francesco ricorda un secondo episodio della vita della santa di Lisieux che dimostra il suo zelo apostolico rivolto in particolare ai peccatori: Teresa viene a sapere di un criminale condannato a morte. Si chiama Enrico Pranzini. Le dicono che non vuol ricevere il conforto della fede. Allora inizia a pregare per la sua conversione, perché mostri “un piccolo segno di pentimento e faccia spazio alla misericordia di Dio”. Il Papa prosegue:

Avviene l’esecuzione. Il giorno dopo Teresa legge sul giornale che Pranzini, appena prima di poggiare la testa nel patibolo, “a un tratto, colto da un’ispirazione improvvisa, si volta, afferra un Crocifisso che il sacerdote gli presentava e bacia per tre volte le piaghe sacre” di Gesù. La santa commenta: “Poi la sua anima andò a ricevere la sentenza misericordiosa di Colui che dichiarò che in Cielo ci sarà più gioia per un solo peccatore che fa penitenza che per novantanove giusti che non hanno bisogno di penitenza!”.

Missionario è chi vive perchè attraverso di lui passi Gesù

Papa Francesco afferma che motore della missione è proprio questa “forza dell’intercessione mossa dalla carità”, e sottolinea che i missionari “non sono solo quelli che fanno tanta strada, imparano lingue nuove”, ma missionari sono anche tutti coloro che lì dove si trovano, vivono “come strumento dell’amore di Dio”; missionario è chi “fa di tutto perché, attraverso la sua testimonianza, la sua preghiera, la sua intercessione, Gesù passi”. E conclude:

Questo è lo zelo apostolico che, ricordiamolo sempre, non funziona mai per proselitismo – mai! – o per costrizione – mai! -, ma per attrazione: la fede nasce per attrazione, non si diventa cristiani perché forzati da qualcuno, no, ma perché toccati dall’amore. Alla Chiesa, prima di tanti mezzi, metodi e strutture, che a volte distolgono dall’essenziale, occorrono cuori come quello di Teresa, cuori che attirano all’amore e avvicinano a Dio. E chiediamo alla santa – abbiamo le reliquie, qui – chiediamo alla santa la grazia di superare il nostro egoismo e chiediamo la passione di intercedere, di intercedere perché questa attrazione sia più grande nella gente e perché Gesù sia conosciuto e amato.