Adriana Masotti – Città del Vaticano
Papa Francesco interviene nella serata conclusiva dell’Incontro di preghiera per la pace con i leader cristiani e delle religioni mondiali che si è aperto domenica scorsa a “la Nuvola” di Roma. Ripete con forza un appello già lanciato un anno fa, sempre al Colosseo, ma che oggi, afferma, è “ancora più attuale” e dice: “Le religioni non possono essere utilizzate per la guerra (…) nessuno usi il nome di Dio per benedire il terrore e la violenza”. Che la ricerca della pace sia al centro del nostro agire, dice ancora, e lo fa proprio nel giorno in cui, in merito alla guerra in Ucraina, sembra aprirsi uno spiraglio di dialogo. Le agenzie nel primo pomeriggio riportano infatti la notizia che la Russia sarebbe pronta a dialogare con Papa Francesco, con gli Usa e con la Francia per cercare una soluzione al conflitto in corso.
La preghiera delle religioni per la pace
Prima di tenere il suo discorso, intorno alle le 16.20, Francesco partecipa ad un momento di preghiera all’interno del Colosseo alla presenza dei rappresentanti delle Chiese e delle Comunità cristiane, mentre i leader delle altre religioni sono riuniti in preghiera in diversi luoghi della città. Poi alle 17, sul palco allestito all’esterno dell’Anfiteatro Flavio, la cerimonia finale tutti insieme, con alcune testimonianze e i discorsi conclusivi seguiti da un minuto di silenzio per ricordare le vittime della guerra, del terrorismo, della violenza e della tratta di esseri umani. Al termine la firma dell’Appello di pace di Roma da parte di Papa Francesco e degli altri capi religiosi, poi consegnato ad alcuni ragazzi e ragazze dalla scrittrice, testimone della Shoah, Edith Bruck e simbolicamente a tutti i giovani del mondo.
Francesco: una pace oggi gravemente ferita
Prendendo la parola, Francesco ringrazia ciascuno dei presenti spinti da quello stesso “spirito di fratellanza” che ispirò la prima convocazione in nome della pace voluta da San Giovanni Paolo II ad Assisi, trentasei anni fa, e afferma:
Quest’anno la nostra preghiera è diventata un “grido”, perché oggi la pace è gravemente violata, ferita, calpestata: e questo in Europa, cioè nel continente che nel secolo scorso ha vissuto le tragedie delle due guerre mondiali. Siamo nella terza. Purtroppo, da allora, le guerre non hanno mai smesso di insanguinare e impoverire la terra, ma il momento che stiamo vivendo è particolarmente drammatico.
Il grido di pace non può essere soppresso
Papa Francesco sottolinea ancora una volta che “la pace è nel cuore delle religioni”, quella pace negata e umiliata in tante parti del mondo e il cui grido viene spesso messo a tacere “dalla retorica bellica”, ma anche dall’odio e dall’indifferenza. Eppure è un’invocazione che, afferma il Papa, “non può essere soppressa”.
Sale dal cuore delle madri, è scritta sui volti dei profughi, delle famiglie in fuga, dei feriti o dei morenti. E questo grido silenzioso sale al Cielo. Non conosce formule magiche per uscire dai conflitti, ma ha il diritto sacrosanto di chiedere pace in nome delle sofferenze patite, e merita ascolto. Merita che tutti, a partire dai governanti, si chinino ad ascoltare con serietà e rispetto.
La guerra è sempre un fallimento
Che la guerra sia “madre di tutte le povertà”, e lasci “il mondo peggiore di come lo ha trovato”, che sia “un fallimento della politica e dell’umanità”, lo dimostrano, osserva il Papa, “le lezioni dolorosissime del secolo Ventesimo, e purtroppo anche di questa prima parte del Ventunesimo”, in cui, dimenticando Hiroshima e Nagasaki, si è tornato a minacciare l’uso delle armi nucleari. Ma se, sostiene Papa Francesco, i potenti della terra non danno ascolto alle aspirazioni dei loro popoli, non muta il disegno di pace di Dio per l’umanità e che sta a noi accogliere. E il Papa prosegue:
La pace è dono suo e l’abbiamo invocata da Lui. Ma questo dono dev’essere accolto e coltivato da noi uomini e donne, specialmente da noi credenti. Per favore, non lasciamoci contagiare dalla logica perversa della guerra; non cadiamo nella trappola dell’odio per il nemico. Rimettiamo la pace al cuore della visione del futuro, come obiettivo centrale del nostro agire personale, sociale e politico, a tutti i livelli. Disinneschiamo i conflitti con l’arma del dialogo.
L’appello al dialogo di San Giovanni XXIII sessant’anni fa
Un analogo appello aveva rivolto ai governanti nell’ottobre del 1962, San Giovanni XXIII attraverso un radiomessaggio. Sembrava vicino allora un nuovo “scontro militare e una deflagrazione nucleare” e Papa Roncalli supplicava che si facesse tutto il possibile per “salvare la pace” e per evitare al mondo gli orrori di una guerra. Papa Francesco ripete le parole pronunciate dal suo predecessore:
“Promuovere, favorire, accettare i dialoghi, a tutti i livelli e in ogni tempo, è una regola di saggezza e di prudenza che attira la benedizione del cielo e della terra”. Sessant’anni dopo, queste parole suonano di impressionante attualità. Le faccio mie. Non siamo ‘neutrali, ma schierati per la pace. Perciò invochiamo lo ius pacis come diritto di tutti a comporre i conflitti senza violenza’.
Oggi tra le religioni ci sentiamo più fratelli
La fraternità tra le religioni, in questi anni è cresciuta, costata Francesco, “sempre più ci sentiamo fratelli tra di noi”, dice e ricorda quanto detto nell’Incontro di preghiera per la pace dello scorso anno:
Un anno fa, incontrandoci proprio qui, davanti al Colosseo, lanciammo un appello, oggi ancora più attuale: “Le Religioni non possono essere utilizzate per la guerra. Solo la pace è santa e nessuno usi il nome di Dio per benedire il terrore e la violenza”.
Non rassegnamoci alla guerra
È un impegno che, afferma ancora il Papa, vogliamo continuare a vivere. Non dobbiamo rassegnarci alla guerra. E cita ancora San Giovanni XXIII che nella Pacem in terris scriveva: “Si affratellino tutti i popoli della terra e fiorisca in essi e sempre regni la desideratissima pace”. Che “sia così – conclude Francesco – con la grazia di Dio e la buona volontà degli uomini e delle donne che Egli ama”.