Alla prima udienza generale del nuovo anno, il Papa invita a non dimenticare il dramma dei rifugiati di religione musulmana che fuggono dal Myanmar e la cui sorte sembra essere sospesa costantemente in un limbo. “Siamo persone, non numeri”, avevano protestato l’estate scorsa in Sri Lanka. La manifestazione, davanti all’ufficio Onu di Colombo, si è ripetuta in questi giorni per il timore che le Nazioni Unite chiudano il presidio locale che li aiuta
Antonella Palermo – Città del Vaticano
Mostra ancora una volta di avere particolarmente a cuore la sorte del popolo Rohingya, Papa Francesco, il quale infatti è tornato anche stamani a ricordarlo, voce di gente che non trova un posto dove vivere stabilmente e senza tensione e di cui le cronache mediatiche internazionali parlano poco o per nulla.
La protesta dei Rohingya in Sri lanka
“E non dimentichiamo i nostri fratelli Rohingya che sono perseguitati”, ha detto il Pontefice dopo aver fatto appello alla pace nei luoghi infiammati dai conflitti. Il suo invito risuona peraltro all’indomani della protesta inscenata da un gruppo di rifugiati Rohingya che vivono in Sri Lanka. Ha avuto luogo ieri davanti all’ufficio dell’Agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati, convocata per il timore di perdere il sussidio di sussistenza una volta che questo ufficio nell’isola chiuderà, come da tempo paventato. I manifestanti vogliono anche essere reinsediati in un altro Paese, perché lo Sri Lanka non permette loro di vivere lì in modo permanente. Si ricorda che qui se ne sono insediati un centinaio, la maggior parte salvati in mare dalla Marina mentre cercava di raggiungere l’Indonesia dopo essere fuggita dal Myanmar per il Bangladesh.
Le condizioni nei campi del Bangladesh
Circa 740mila Rohingya sono stati reinsediati in Bangladesh dopo essere fuggiti dalle loro case in Myanmar per sfuggire a una brutale campagna di controinsurrezione delle forze di sicurezza. Quasi un milione sono le persone della minoranza musulmana del Myanmar costrette a vivere in campi di bambù e plastica nel distretto di confine di Cox’s Bazar. Ruki Fernando, attivista per i diritti nello Sri Lanka, ha dichiarato che i rifugiati ricevono un’indennità di base dalle Nazioni Unite e un’assistenza sanitaria limitata dal governo. Tuttavia, ai bambini rifugiati non viene garantita l’istruzione e agli adulti non è permesso lavorare. I profughi chiedono di essere aiutati a trovare una soluzione permanente in un altro Paese per “superare l’incertezza e che non renda noi e i nostri figli definitivamente apolidi”.
Il Pam aumenta la razione di cibo
L’Onu ha aumentato, intanto, a partire dal primo gennaio, la razione di cibo per ogni rifugiato Rohingya in Bangladesh di 2 dollari al mese, portandola a 10 dollari, ha dichiarato il Programma Alimentare Mondiale (PAM). L’anno scorso le Nazioni Unite avevano tagliato di un terzo gli aiuti alimentari ai rifugiati, portandoli a 8 dollari al mese, poiché avevano raccolto meno della metà degli 876 milioni di dollari necessari a sostenerli. “Il rapido deterioramento della situazione nutrizionale nei campi è estremamente preoccupante”, ha dichiarato Dom Scalpelli, direttore del PAM in Bangladesh. La malnutrizione qui, come documentato da un’indagine dello stesso PAM, ha superato la soglia di emergenza del 15%, secondo la classificazione di emergenza dell’Organizzazione Mondiale della Sanità.