«Un giornale “di strada”», ovvero «un giornale che sappia uscire all’esterno, per le strade, a vedere la storia, toccare la storia e riflettere sulla storia. Quella di oggi, quella di ieri». Così Papa Francesco vede «L’Osservatore Romano», il suo giornale, «il giornale di partito» come gli piace definirlo. Lo ha raccontato in una intervista, rilasciata al regista Francesco Zippel, che sta realizzando un documentario prodotto dalla Dazzle Comunications dedicato ai 160 anni del quotidiano della Santa Sede. Riportiamo qui di seguito le parole di Papa Francesco.
Lo so che l’espressione è un po’ ambigua, ma mi piace chiamare L’Osservatore Romano “il giornale del partito”. Io lo leggo tutti i giorni e, quando non esce la domenica, mi manca qualcosa. Non solo oggi. Anche in Argentina l’edizione in lingua spagnola settimanale la leggevo tutta perché so che è un legame con la Santa Sede, con il magistero e con la vita della Chiesa, con la storia della Chiesa.
Il pericolo è il laboratorio. Un giornale, per essere attuale, non può essere il giornale di laboratorio, di solo pensieri. Dev’essere un giornale “di strada” diciamo così, ma nel senso figurativo: un giornale che sappia uscire all’esterno, per le strade, a vedere la storia, toccare la storia e riflettere sulla storia. Quella di oggi, quella di ieri. Ad esempio, il numero dedicato alla Giornata della Memoria è stata una catechesi, una vera catechesi per i giovani di oggi: che vedano cosa è successo in quel tempo e che può succedere oggi. È quindi un giornale vivo, che ci aiuta; per questo non può essere di laboratorio o di scrivania. Dev’essere di strada, per prendere la vita e la vita la si prende come viene, non come io vorrei che venisse.
Paolo VI diceva che L’Osservatore Romano non è semplicemente un quotidiano d’informazione ma è un quotidiano di formazione, ed è vero. Torniamo all’edizione uscita per la Giornata della Memoria: la gente che legge quel servizio sulla memoria viene formata perché gli stiamo dando elementi di ricordi, di memoria e storici per guardare il mondo con quella chiave. Quindi sì, un giornale di formazione. Anche a me ha fatto bene leggere quel numero, c’erano cose che non capivo tanto su questo e che ora così ho capito. Un giornale che forma.
Un giornale che, oltre alla funzione di evangelizzazione possiede anche una dimensione diplomatica molto importante. Soprattutto in relazione alla diffusione del magistero del Papa. Penso a Pio xii che ha parlato di tutti i temi possibili, il suo è stato un magistero ricchissimo. Ha fatto scuola e ha fatto dottrina tramite L’Osservatore Romano. Penso a Pio xii perché ritengo che sia stato un rivoluzionario in questo: il suo magistero è stato diffuso dalla Chiesa con L’Osservatore Romano. Un Papa che incontrava tutti e tutti venivano da lui e lui gli parlava, gli artisti, gli intellettuali, le ostetriche… e si diffondeva con L’Osservatore e con la Radio Vaticana, ma era più facile trovare questo magistero con il giornale che è uno strumento che rimane.
In Argentina c’era un’edizione in lingua spagnola settimanale, riassuntiva. Io lo leggevo tutto, dall’inizio alla fine. Perché avevo bisogno di capire. Ora purtroppo non esce più lì in forma cartacea. Si deve lavorare perché L’Osservatore Romano arrivi a tutti, nella lingua di tutti. Per questo voglio ringraziare la gente che ci aiuta economicamente per questo dono, ai benefattori e alle imprese che ci aiutano.
Io lo leggo dalla prima all’ultima, seguendo l’ordine. A meno che abbia un qualche interesse speciale. Cerco prima ma di solito lo leggo dalla prima all’ultima pagina e quando finisce dico “peccato, è finito”. Lo leggo alla notte.
Come sarà L’Osservatore Romano fra duecento anni? Non ho pensato a questo, non mi sono posto la domanda. Spero che sia sempre attuale.