Emanuela Campanile – Città del Vaticano
La catechesi di Francesco all’Angelus di quest’ultima domenica di ottobre, inizia e si sviluppa da una ripetizione. È quella dello scriba, come si legge nel Vangelo odierno di Marco: “Udita questa risposta, lo scriba non soltanto la riconosce giusta, ma nel farlo ripete quasi le stesse parole dette da Gesù.”
L’apparente banalità di ripetere le parole ascoltate contengono, spiega il Papa, la necessità di fissare in modo indelebile quanto Cristo ci insegna. Non è un buon oratore quello che Dio cerca, ma un cuore in grado di vivere la Parola. Dice infatti Francesco:
La Parola del Signore non può essere ricevuta come una qualsiasi notizia di cronaca: va ripetuta, fatta propria, custodita. La tradizione monastica usa un termine audace ma molto concreto: la Parola di Dio va “ruminata”.
Quando il Signore abita il cuore
La Parola nutre ogni ambito della nostra vita avvicinandoci al Regno di Dio ma, continua il Papa, perchè ciò accada è necessario che risuoni dentro di noi:
Possiamo dire che è così nutriente che deve raggiungere ogni ambito della vita: coinvolgere, come dice Gesù oggi, tutto il cuore, tutta l’anima, tutta la mente, tutta la forza. Deve risuonare, echeggiare dentro di noi. Quando c’è quest’eco interiore, significa che il Signore abita il cuore. E dice a noi, come a quel bravo scriba del Vangelo: “Non sei lontano dal regno di Dio”.
Non basta capire
Ecco perchè “capire che bisogna amare Dio e il prossimo” non basta. Così come leggere il Vangelo, non è la stessa cosa di “familiarizzare con il Vangelo”:
…è così importante familiarizzare con il Vangelo, averlo sempre a portata di mano, leggerlo e rileggerlo, appassionarsene. Quando lo facciamo, Gesù, Parola del Padre, ci entra nel cuore, diventa intimo a noi e noi portiamo frutto in Lui.
Il grande comandamento
Abbiamo dunque la possibilità che “il grande comandamento” – amare Dio e il prossimo – non rimanga lettera morta. Francesco ci esorta, infatti, a diventare una “traduzione vivente, diversa e originale dell’unica Parola di amore che Dio ci dona”:
È necessario che questo comandamento, il “grande comandamento”, risuoni in noi, venga assimilato, diventi voce della nostra coscienza. Allora non rimane lettera morta, perché lo Spirito Santo fa germogliare in noi il seme di quella Parola. E la Parola di Dio opera, è viva ed efficace.
La giusta domanda
Il Papa conclude la catechesi con un suggerimento che ha la forma di una domanda, di quelle davanti alle quali non si sfugge:
Chiediamoci, questo comandamento orienta davvero la mia vita? Trova riscontro nelle mie giornate? Ci farà bene stasera, prima di addormentarci, fare l’esame di coscienza su questa Parola, vedere se oggi abbiamo amato il Signore e abbiamo donato un po’ di bene a chi ci è capitato di incontrare.
Al terrmine della preghiera mariana, Francesco rivolge il suo pensiero e la sua preghiera al Vietnam per le gravi inondazioni e alla Sicilia colpita dal mal tempo. L’appello poi alla comunità internazionale per non dimenticare Haiti, terra segnata dal dolore. L’invito alla preghiera è anche per l’imminente incontro Cop26 a Glasgow, e infine il pensiero ai martiri beatificati in Spagna, uccisi in odio alla fede durante la guerra civile.