Nell’udienza alla Società Max Planck, il Papa solleva interrogativi etici sul “pensiero ibrido”: “Nella Seconda Modernità si è diffuso un principio di responsabilità ‘tecnica’, che non ammette il giudizio morale di ciò che è bene e male. L’agire, specialmente delle grandi organizzazioni, andrebbe valutato in termini solo funzionali, come se tutto ciò che è possibile fosse, per ciò stesso, eticamente lecito. La Chiesa mai potrà accettare una posizione del genere”
Alessandro Di Bussolo – Città del Vaticano
Un nuovo monito rivolto ai sostenitori del “pensiero ibrido”, unione di quello biologico e quello artificiale, che “modificherebbe in modo sostanziale la specie homo sapiens”. Ma anche ai fautori della Seconda Modernità, secondo i quali tutto ciò che è tecnicamente possibile è “per ciò stesso, eticamente lecito”. E un invito, agli uomini di scienza, alla responsabilità di prendersi cura dell’altro e non solo a “come dare conto di ciò che si è fatto”, perché “si è responsabili non solo per quel che si fa, ma anche e soprattutto per quel che non si fa, pur potendolo fare”. Li rivolge Papa Francesco ai responsabili della Società Max Planck per la Promozione delle Scienze, guidati dal presidente Martin Stratmann, ricevuti questa mattina in udienza. A motivo di un forte raffreddore, il Pontefice ha consegnato loro il discorso preparato.
La scienza pura, un bene pubblico
Il Papa ribadisce innanzitutto “l’apprezzamento della Santa Sede per la ricerca scientifica” e, in particolare, per la Società “nella quale migliaia di persone, nell’ambito dei numerosi Istituti, lavorano al servizio di una conoscenza sempre più approfondita e precisa nelle diverse aree del sapere”. E incoraggia i membri della Società a conservare “gli standard più alti dell’integrità scientifica, perché essa resti libera da influenze inappropriate di natura sia politica sia economica”. Sottolinea quindi l’importanza, oggi, di salvaguardare ma anche accrescere il sostegno alla scienza pura.
Infatti, senza nulla togliere alla scienza applicata, occorre riconoscere la natura di bene pubblico della scienza pura, i cui esiti devono essere posti al servizio del bene comune. E certamente la vostra Istituzione può fare molto in tal senso.
Il “pensiero ibrido” e il rischio per l’homo sapiens
Il pensiero di Francesco va poi all’annuncio della nascita prossima del cosiddetto “pensiero ibrido”, “risultante dalla ibridazione del pensiero biologico e di quello non biologico, che consentirebbe all’uomo di non essere soppiantato dall’Intelligenza Artificiale”. Un pensiero che “solleva interrogativi di grande rilevanza sia sul piano etico sia su quello sociale”.
Bisogna considerare, infatti, che la fusione tra la capacità cognitiva dell’uomo e la potenza computazionale della macchina modificherebbe in modo sostanziale la specie homo sapiens. Non possiamo allora non porci il problema del senso ultimo, cioè della direzione, di quanto va accadendo sotto i nostri occhi.
Richiamo all’importanza dell’eticità nell’agire
Questo, prosegue il Pontefice, se non desta preoccupazione per chi si riconosce “nel progetto transumanista”, non vale altrettanto per chi invece si spende “per far avanzare il progetto neo-umanista, secondo cui non può essere accettato il divario tra l’agire e l’intelligenza”.
Se si separa la capacità di risolvere problemi dalla necessità di essere intelligenti nel farlo, ciò che si annulla è l’intenzionalità e dunque l’eticità dell’agire. Sono certo che la Società Max Planck vorrà dare un contributo fondamentale a tale riguardo.
Non tutto ciò che la tecnica può fare, è lecito per l’etica
Infine Papa Francesco guarda con preoccupazione alla “stagione della Seconda Modernità” nella quale, “negli ambiti della grande scienza”, si va diffondendo un principio di responsabilità “tecnica”, che “non ammette il giudizio morale di ciò che è bene e male”. L’agire, specialmente delle grandi organizzazioni, lamenta il Papa, “andrebbe valutato in termini solo funzionali, come se tutto ciò che è possibile fosse, per ciò stesso, eticamente lecito”.
La Chiesa mai potrà accettare una posizione del genere, delle cui tragiche conseguenze abbiamo già avuto fin troppe prove. È piuttosto la responsabilità come prendersi cura dell’altro, e non solo come dare conto di ciò che si è fatto, che oggi dobbiamo riportare al centro della nostra cultura. Perché si è responsabili non solo per quel che si fa, ma anche e soprattutto per quel che non si fa, pur potendolo fare.