Alla fine della mattinata, nella nuova sede della Conferenza Episcopale Indonesiana, il Papa ha incontrato un centinaio di malati, persone con disabilità e poveri assistiti da diverse realtà caritative, definendoli “piccole stelle luminose nel cielo di questo arcipelago”. Le testimonianze di una persona che ha perso la vista e di un giovane con lieve autismo
Alessandro Di Bussolo – Città del Vaticano
“Siete piccole stelle luminose nel cielo di questo arcipelago, le membra più preziose di questa Chiesa”. Papa Francesco, con delicatezza e vicinanza, saluta così un centinaio di malati, persone con disabilità e poveri assistiti dalle realtà caritative della Chiesa indonesiana, che incontra al termine della seconda mattina a Jakarta, nella nuova sede della Conferenza Episcopale. Fa i complimenti a Mikahil, un giovane con lieve autismo che stato selezionato nel contingente di Jakarta Est per i Giochi paralimpici di nuoto, e per tutti chiede un applauso, perchè “siamo chiamati tutti insieme a diventare campioni dell’amore nelle grandi olimpiadi della vita”. E poi fa gli auguri ad un’anziana mamma “che non è potuta venire, è a letto, ma oggi fa 87 anni!” e anche per lei chiede un applauso, indicando la sedia a rotelle in prima fila, con la foto della donna sullo schienale.
I bisogni delle periferie
Momenti di un incontro durato meno di un ora, dopo la lunga tappa interreligiosa in moschea. Il Papa arriva alle 10.45 di Jakarta (le 5.45 in Italia), accolto dal presidente della Conferenza episcopale indonesiana, monsignor Antonius Franciskus Subianto Bunyamin, vescovo di Bandung, e dal cardinale Ignatius Suharyo. Nella nuova sede, al centro di Jakarta, inaugurata e benedetta il 15 maggio di quest’anno, Francesco è accompagnato all’ottavo piano, nella Henry Soetio Hall. Qui monsignor Subianto lo saluta ricordando che “la sua vita e il suo lavoro riflettono la compassione di Gesù per noi, specialmente attraverso la sua cura dei nostri fratelli e sorelle che sono poveri, deboli, emarginati e sofferenti”. E che per festeggiare i cento anni della Conferenza episcopale cattolica indonesiana, la Chiesa locale si sta concentrando “sui bisogni di coloro che si trovano nelle periferie”.
La testimonianza di Mimi
Accanto al vescovo prende la parola Mimi Lusli, che ha perso la vista a 17 anni, e che racconta di aver trovato conforto nella Via Crucis, dove ha incontrato Gesù, che “non mi ha abbandonata, ma mi ha insegnato a navigare nella vita senza la mia vista fisica”. Lo chiama “nostro faro di speranza” e si dice sicura che “Dio abbia creato gli esseri umani con capacità uniche per arricchire la diversità del nostro mondo, e la disabilità è solo uno di questi aspetti unici”. Sottolinea che il ruolo della Chiesa “è cruciale nel garantire la dignità della persona umana” e per questo, come cattolici, dobbiamo assumerci la responsabilità e “sostenere attivamente i diritti dei disabili”. Ma la presenza e la compassione del Papa, conclude, “ci assicura che non saremo mai dimenticati”.
La storia di Mikail
Al 18 enne Mikail Andrew Nathaniel è stato diagnosticato un lieve disturbo dello spettro autistico e una lieve disabilità intellettiva. Prova a parlare senza leggere l’intervento preparato, ma poi chiede di aiutarsi con gli appunti preparati. A Francesco dice che “i miei genitori mi amano incondizionatamente” e “mi forniscono il miglior terapeuta ed esperto della città”. Mikail vuol essere una persona indipendente, e quindi oltre ad essere stato selezionato nel contingente di Jakarta Est per i Giochi paralimpici di nuoto, racconta che sta frequentando un corso di barista e lezioni di chitarra e batteria.
La ricchezza della diversità
Nel suo saluto, Francesco sottolinea che “È molto bello che i vescovi indonesiani abbiano scelto di celebrare i 100 anni della loro Conferenza nazionale” con malati, persone con disabilità e poveri. E dice di condividere pienamente ciò che ha detto Mimi: “Dio ha creato gli esseri umani con capacità uniche per arricchire la diversità del nostro mondo”.
E lei stessa ce lo ha dimostrato parlandoci in modo meraviglioso di Gesù, “nostro faro di speranza”, ha detto lei. E grazie per questo. Affrontare insieme le difficoltà, fare tutti del nostro meglio portando ognuno il suo contributo irripetibile, ci arricchisce e ci aiuta a scoprire giorno per giorno quanto vale il nostro stare insieme, nel mondo, nella Chiesa, in famiglia.
L’importanza dell’amore reciproco
Tutti abbiamo bisogno gli uni degli altri , conclude il Pontefice, “e questo non è un male: ci aiuta, infatti, a capire sempre meglio che l’amore è la cosa più importante della nostra esistenza, ad accorgerci di quante persone buone ci sono attorno a noi”. E ci ricorda poi “di quanto il Signore ci vuole bene a tutti, al di là di qualsiasi limite e difficoltà. Ciascuno di noi è unico ai suoi occhi, agli occhi del Signore, e Lui non si dimentica mai di noi: mai. Ricordiamolo, per tenere viva la nostra speranza e per impegnarci a nostra volta, senza mai stancarci, a fare della nostra vita un dono per gli altri”.
L’incontro si conclude con la preghiera recitata dal carmelitano monsignor Henricus Pidyarto, vescovo incaricato della Commissione liturgica. “Offri al tuo popolo una compassione senza limiti – recita il presule – affinché possa riconoscerti come un Padre che ci ama incondizionatamente. Vieni misericordiosamente in nostro aiuto, ti preghiamo, affinché, ricevendo lieti da te la gioia del Vangelo, possiamo servire i nostri fratelli e sorelle deboli, emarginati, sofferenti, disabili, malati e abbandonati.
Il Pontefice dona alla Conferenza Episcopale Indonesiana una grande icona della Vergine “Portaitissa”, una particolare raffigurazione della Vergine Maria “Odighitria” – che in greco significa “Colei che indica la via” – e che tradizionalmente vuole Maria che regge il Bambino Gesù col braccio sinistro, indicandolo con la mano destra. E prima di lasciare la Henry Soetio Hall firma la placca in marmo della Sede della Conferenza Episcopale. Quindi saluta personalmente e benedice tutti i presenti. Al termine Papa Francesco benedice e abbraccia col suo sorriso i tanti fedeli con bandierine del Vaticano e dell’Indonesia, che affollano i corridoio d’ingresso della nuova sede dell’episcopato, decorato con grandi bassorilievi, tra i quali spicca quello di due mani che si stringono.