Europarlamento: stop ai motori ma con transizione equa

Vatican News

Fausta Speranza – Città del Vaticano

La plenaria del Parlamento europeo (Pe) ha approvato, ieri a Strasburgo, la proposta della Commissione europea di rendere obbligatoria entro il 2035 l’immissione sul mercato Ue di auto e furgoni nuovi a zero emissioni, che decreta sostanzialmente la fine dei veicoli a combustione interna. In sostanza, uno stop alle vendite di auto nuove con motore a combustione a diesel e benzina. L’ok della Plenaria alla posizione negoziale degli eurodeputati sugli standard di emissioni di CO2 è arrivato con 339 voti a favore, 249 contro e 24 astenuti. L’emendamento sostenuto dal Partito popolare europeo (Ppe), che prevedeva una riduzione delle emissioni di CO2 del 90 per cento invece che del 100 per cento, non è stato approvato. Per il relatore Jan Huitema, “l’acquisto e la guida di auto a emissioni zero diventeranno più economici per i consumatori”.

Prossime tappe

Perché si possa parlare di decisioni operative bisogna aspettare. Seguiranno il Consiglio Ambiente del 28 giugno e la delicata trattativa tra l’Europarlamento e gli Stati membri. Il voto di ieri però rappresenta un segnale da non sottovalutare per il futuro dell’auto nel Vecchio Continente. 

Non basta lo stop ai motori

Come già suggerito dalla Commissione Ambiente del Pe, si propongono regole sulle emissioni più stringenti da applicare all’industria. E, soprattutto, si fanno tre richieste alla Commissione Ue: presentare una relazione, la prima entro la fine del 2025 e successivamente su base annuale, per monitorare l’impatto sui consumatori e sull’occupazione; preparare un rapporto, entro la fine del 2023, sui finanziamenti necessari per garantire una transizione equa nel settore auto e per preservare i livelli di occupazione; adottare, entro il 2023, un nuovo metodo di calcolo delle emissioni che consideri l’intero ciclo di vita delle vetture.

Combattere l’inquinamento

In sostanza, gli eurodeputati hanno adottato – con 339 voti favorevoli, 249 contrari e 24 astensioni – il loro mandato per negoziare con i governi Ue i livelli di riduzione delle emissioni di CO2 delle autovetture e dei veicoli commerciali sostenendo la proposta della Commissione e fissando obiettivi intermedi, come quello della riduzione delle emissioni per il 2030  al 55 per cento per le automobili e al 50 per cento per i furgoni. Del tempo a disposizione e della necessità di lotta all’inquinamento abbiamo parlato con Matteo Caroli, docente di Gestione delle imprese internazionali all’Università Luiss:  

Ascolta l’intervista con Matteo Caroli

Il professor Caroli evidenzia che, in base alle statistiche sulle vendite di auto, praticamente siamo di fronte a tre cicli di acquisti, sottolineando dunque che per chi avesse problemi con i costi oggi delle auto non inquinanti c’è tempo per vedere abbassare i costi. Il punto è – sottolinea – che non si possono dimenticare gli incentivi alle imprese e ai consumatori che vanno calibrati e messi in conto.

Politiche ad ampio raggio

C’è poi una raccomandazione nelle parole del professor Caroli: riguarda le scelte politiche che vanno fatte per accompagnare misure come questa che – afferma – sono obbligate se vogliamo ripristinare vivibilità nell’ambiente. Non si può che affermare il principio che chi inquina paga – spiega – perché non ci sarebbe altro modo di convincere le imprese. Ovviamente – dice – non si possono immaginare interventi nel settore auto dimenticando altri fondamentali comparti industriali, come per esempio pensando ai trasporti anche la nautica. E a questo proposito assicura che anche in questo settore ci si muove a livello di ricerca e investimenti per essere all’altezza al più presto proprio di quel principio inesorabile: chi inquina paga, chi non inquina deve essere premiato.

La questione occupazione

Sull’importanza di essere pronti a far fronte all’impatto in termini di occupazione, abbiamo sentito Carlo Andrea Bollino, docente di Economia dell’Energia all’Università Luiss:

Ascolta l’intervista con Carlo Andrea Bollino

Il professor Bollino raccomanda di non dimenticare l’impatto sull’occupazione di misure così significative: si tratta – ricorda – di una rivoluzione industriale che stravolge la società così come impostata nel secolo scorso. Indubbiamente, sottoscrive la necessità di agire in modo deciso a difesa dell’ambiente, ma – spiega – il punto è di non farlo in modo sconsiderato. Ricorda che, a parte il peso della guerra in Ucraina, anche prima si era presentata la questione energetica, con costi legati alla difficile ripresa. Tutto questo va considerato – avverte – e vanno monitorati i passi da fare, step by step. Non si può dimenticare di agire contemporaneamente a livello sociale per tutelare i posti di lavoro.

Non solo auto elettriche

Bollino raccomanda di non parlare soltanto di auto elettriche che – ricorda – possono avere anche i loro problemi per l’approvvigionamento di materie prime utili alle batterie. Bisogna valutare – dice – se l’implementazione di infrastrutture di ricarica e la disponibilità di materie prime per la produzione di batterie saranno in grado di eguagliare il continuo e rapido aumento dei veicoli elettrici a batteria. E’ fondamentale – chiarisce – non muoversi in un’unica direzione e investire in innovazione tecnologica. E fa l’esempio dell’idrogeno che può essere un’alternativa insieme ad altra tecnologia.