Michele Raviart – Città del Vaticano
Con l’ufficializzazione della nomina di ieri Mariella Enoc ha iniziato il suo terzo mandato come presidente dell’Ospedale pediatrico Bambino Gesù. Con oltre 600 posti letto e cinque sedi a Roma e nel Lazio, l’ospedale della Santa Sede è uno dei punti di riferimento in Europa e nel mondo per la cura dei più piccoli. Un anno difficile, quello appena passato a causa della pandemia, ma che lascia una speranza per il futuro, come spiega nel suo intervento a “Radio Vaticana con voi” la stessa Mariella Enoc.
R. – Il terzo mandato che mi era stato comunicato già ufficialmente a novembre dal segretario di stato in accordo col Santo Padre ha per me il valore di un riconoscimento al lavoro che ha fatto l’ospedale in questi anni. Io in fondo non sono che il coordinatore, l’animatore, in qualche misura un po’ la guida, ma il lavoro, vero viene fatto certamente da questa grande squadra che è quella dell’ospedale pediatrico Bambino Gesù.
Questo è stato un anno particolare per il personale medico in tutto il mondo e lo è stato anche per il Bambino Gesù. Che anno è stato e come si affronta questo 2021 in cui purtroppo siamo ancora in piena pandemia?
R. – Infatti abbiamo ancora molti bambini ricoverati a Palidoro e quindi vuol dire che la pandemia non è affatto finita. Noi lo affrontiamo però guardando in avanti, anche in questo anno passato l’ospedale ha sempre fatto trapianti su casi molto delicati. Anche in pieno lockdown questa attività noi non l’abbiamo mai sospesa. Qualcuno diceva “c’è da fare un trapianto, ma c’è il lockdown!”, ma i medici ripetevano “certo, ma la salute di questo bimbo è troppo importante e dobbiamo in massima sicurezza fare tutto”.
Ricordiamo che ci sono purtroppo anche le altre malattie che continuano e non c’è solo la pandemia di coronavirus…
R. – Questo è un rischio, quello di sottovalutare tutte le altre la patologie.
C’è la convinzione e ci sono anche evidenze scientifiche che i sintomi più gravi del covid-19 siano meno presenti nei bambini. è così e quali sono invece gli effetti collaterali nella vita dei bambini, penso al semplice fatto di poter uscire meno stare chiusi in casa?
R. – Il bambino mano a mano cresce e la sua anatomia e la sua fisiologia assomiglia sempre di più a quella dell’adulto. Quindi se i casi sono meno gravi nei neonati, certamente cominciano poi ad aggravarsi invece dopo i 10-11 anni. Oggi abbiamo anche due bambini ricoverati in terapia intensiva, grazie a Dio sembrano in buone condizioni, però anche nei bambini ci può essere questo tipo di malattia. Forse meno aggressiva, ma naturalmente il pericolo è sempre quello che siano colpiti i bambini che hanno altre patologie, quindi bambini pneumatologici, bambini che hanno fatto trapianti. Questi sono anche i più delicati, i più a rischio. Per questo noi abbiamo anche cercato di fare il reparto covid a Palidoro, quindi il più possibile, salvo casi eccezionali via dal Gianicolo, che è un po’ il centro principale per tenere veramente questo reparto il più possibile separato e avere il Gianicolo “covid-free”. Quali sono i rischi per i bambini? Noi abbiamo avuto in ospedale un aumento di casi di tentato suicidio – e purtroppo qualcuno anche riuscito – e di malattie legate all’alimentazione che non si era mai verificato. Non sono stati sufficienti i letti di neuropsichiatria per ricoverare tutti i casi gravi che qui sono arrivati. Sono anche malattie che ci sono sempre state, ma il numero è in grande grande aumento. Quindi il disagio sta crescendo. Sempre più ci sono casi di ragazzi che non vogliono più uscire dalle loro camere oppure ragazzi che diventano violenti, ragazzi in cui questi disturbi dell’alimentazione si stanno moltiplicando. Questa pandemia sta colpendo la psiche dei ragazzi come sta colpendo peraltro anche quella degli adulti e in maniera molto grave. È per questo che l’ospedale Bambin Gesù ha fatto anche dei lavori di ricerca per dimostrare che, con le giuste attenzioni, la scuola è un luogo sicuro e quindi è importante che i ragazzi riescano a trovare un minimo di comunicazione e relazione. Diversamente avremo una generazione ancora più infragilita di quello che già era.
Ringraziamo anche il lavoro degli operatori del Bambino Gesù. E proprio ieri sera è andata in onda per chi vuole capire meglio la realtà dell’ospedale la quarta stagione di “dottori in corsia”su Rai tre…
R. – Questa serie, quando era iniziata aveva avuto tutte le mie perplessità quando la RAI me l’aveva chiesto perché io temevo che non si dovesse mostrare il dolore dei bambini. Poi lentamente ho capito che invece poteva essere un segno di speranza e quindi questa serie ha cominciato ad andare in onda e siamo alla quarta stagione. Si raccontano casi, possibilmente storie a lieto fine anche se non tutte le storie sono a lieto fine in ospedale, proprio perché si vuole dare uno sguardo al futuro, si vuole dire che ci si può curare che ce la si può fare. Credo che quindi questo sia un messaggio che fa conoscere, forse dell’interno anche meglio, l’ospedale. Perché è sempre difficile descrivere questo ospedale, ma nello stesso tempo vuole anche dire che oggi la cura c’è, la scienza avanza le prospettive migliorano tutti i giorni