Il 5 novembre urne aperte per scegliere il 57.mo presidente degli Stati Uniti d’America. Per i due candidati testa a testa con il 48% delle preferenze accordate dai sondaggi. I primi risultati già nella notte tra mercoledì e giovedì
Election day, come funziona il sistema USA
Il meccanismo elettorale
“In molti Stati la votazione è già in corso”, spiega Alegi, che aggiunge “possiamo dire che la votazione si svolgerà in 50 modi diversi, perché il diritto di voto è federale, ma la meccanica del voto appartiene ai singoli Stati. C’è ancora chi vota su carta, altri sono già più avanzati sull’elettronica.” Al termine del voto popolare ogni Stato esprime i grandi elettori, i quali poi votano per il presidente. In linea di massima, una volta designati i grandi elettori, il loro voto non può riservare sorprese. “Anche se nel 2021 era stato proprio il loro voto ad essere messo in discussione portando poi all’insurrezione del 6 gennaio”, specifica il professor Alegi.
14 miliardi di dollari
La lunga campagna elettorale – la più costosa della storia degli USA con circa 14 miliardi di dollari spesi – è stata caratterizzata da toni molto accesi in cui si è fatto fatica a decifrare i temi che interessano maggiormente l’elettorato. “Una delle preoccupazioni che accomuna gli elettori è l’andamento dell’inflazione in quanto incide sui prezzi dei beni di consumo e di prima necessità – osserva Gregory Alegi – Poi ci sono i temi di politica estera che tradizionalmente negli Stati Uniti pesano poco. E infine ci sono i temi, come dire, sociali che invece sono più dibattuti, in particolare quelli che si possono ricondurre all’assistenza sanitaria e della salute della donna, insomma questioni che sfociano in temi etici importanti”.
Accesso al voto
Il sistema elettorale statunitense risale alla fine del XVIII secolo e per quanto abbia retto bene fino a oggi non mancano elementi di criticità. Una delle questioni più dibattute riguarda la facilitazione dell’accesso al voto per tutti i cittadini, coniugato con le sfide relative alla sicurezza nel sistema elettorale al fine di evitare irregolarità o brogli. “La meccanica del voto – sottolinea Alegi – in alcuni Stati è importantissima: pensiamo agli Stati centrali dove la densità di popolazione è bassa e bisogna fare spesso decine di chilometri per recarsi al seggio. In questi casi ci si trova tendenzialmente di fronte a due atteggiamenti: c’è chi attua più sforzi nell’ottica di una visione comune del valore della partecipazione dei cittadini e chi si trova più in difficoltà per il timore che possano votare dei non aventi diritto”.
Una società polarizzata
In un clima in cui la fiducia collettiva verso il proprio sistema democratico si incrina, diventa difficile escogitare sistemi completamente sicuri per garantire la massima inclusività politica nell’espressione della propria volontà elettorale e questa è una sfida relativamente nuova per il contesto statunitense. “E neppure aiuta il fatto – osserva Alegi – che il Paese sia spaccato a metà nella scelta del futuro presidente (48% delle preferenze a testa secondo i sondaggi più recenti), quindi alla fine la battaglia elettorale si concentra sul 4% dei cittadini. Una spaccatura che sarebbe rispecchiata anche se il sistema fosse proporzionale e non maggioritario”.