Edith Bruck: “Se si vuole la pace, non si deve mai odiare”

Vatican News

Francesca Sabatinelli – Città del Vaticano

“Io che ho patito la peggiore delle guerre, sono contenta di intervenire per la pace”. La voce ferma e profonda di Edith Bruck attraversa la folla radunata nella centralissima piazza romana dei Santi Apostoli. Con il suo racconto fa attraversare a tutti la tragedia della Seconda guerra mondiale e quella vissuta da lei e da tutti coloro che hanno patito l’orrore dei campi di sterminio nazisti. Edith Bruck sale sul palco chiamata dalla Comunità di Sant’Egidio, assieme ad altri testimoni, ad esponenti delle forze politiche italiane, tra loro anche il sindaco capitolino Roberto Gualtieri, tutti uniti nel dire no alla guerra, a quella che ogni ora rischia di deflagrare al confine tra Russia e Ucraina.

La guerra, avventura senza ritorno

Non c’è solo il pacifismo a manifestare, ci sono i partiti senza bandiere, ci sono organizzazioni umanitarie, ci sono i sindacati, c’è il coraggio dell’afghano Dawood Yousefi e quello dell’ucraina Svetlana Brovach. È forte la preoccupazione per ciò che potrebbe accadere, se le armi dovessero prendere il sopravvento sul dialogo. “Se la casa del vicino brucia, prima o poi brucerà anche la nostra”, avverte Marco Impagliazzo, presidente di Sant’Egidio, che cita Giovanni Paolo II, quando ricorda che “la guerra è una avventura senza ritorno”. “Abbiamo sentito come un dovere morale dover chiamare tutte le forze vive del Paese, al di là delle loro appartenenze, a manifestare per la pace – spiega a Vatican News – l’Europa non ha bisogno o di una guerra, non ne hanno bisogno né Russia, né l’Ucraina. C’è invece bisogno di ricostruire i nostri Paesi dopo la tragedia del Covid. Abbiamo già avuto migliaia e migliaia di morti per questa tragica pandemia e oggi il problema, come dice Papa Francesco, è ricostruire su nuove basi qualsiasi Paesi, per questo abbiamo bisogno della pace”. L’invito di Impagliazzo è ad alzare la voce, a farsi sentire, perché le “orecchie degli europei sono disabituate ad ascoltare discorsi sulla pace”, anche se oggi ormai tutti si rendono conto che “ce ne è profondamente bisogno”.

Ascolta l’intervista con Marco Impagliazzo

Le conseguenze della guerra

Dawood Yousefi è arrivato in Italia molti anni fa, dopo 11 mesi di viaggio, “camminando per tanti giorni e tante notti, attraversando il mare in gommone sotto i camion e dentro i camion”. Per lui è “una vergogna” che nel 2022 ci sia ancora qualcuno che pensa alla guerra. “Le guerre con sé portano la povertà, la violenza, l’ingiustizia e la fame e, soprattutto, milioni di sfollati, di rifugiati, di profughi, che cercano di intraprendere viaggi pericolosi per essere vivi, per essere salvati, per essere lontani dalla guerra”, pensa Dawood, guardando al suo Paese, a quell’Afghanistan dove la situazione è allo stremo, proprio a causa del susseguirsi dei conflitti. “In una guerra si muore da tutte e due le parti”, è la sua angosciata riflessione, “fin quando gli esseri umani vorranno risolvere i problemi attraverso la guerra?”, è la sua domanda che inchioda.

Ascolta l’intervista con Dawood Youssefi

La disumanizzazione del conflitto

“Se si vuole la pace non si deve mai odiare”, e se a dirlo è Edith Bruck non può essere altro che verità. È di questo lei parla nelle scuole, di come ad oggi non provi alcun sentimento di odio, neanche nei confronti dei suoi aguzzini. “Io non odio nulla al mondo, neanche i miei nemici, neanche i nazisti, però detesto la guerra. Quando hai un fucile in mano è come se tu dovessi comunque uccidere, come se ti spingesse l’arma stessa ad agire, quindi veramente quello che io detesto nel modo più assoluto sono le guerre”. Le paure della scrittrice si chiamano “indifferenza e irresponsabilità”, ciò che ci sta facendo rischiare una nuova guerra in Europa. “I Paesi, tranne la Germania forse un po’, non si sono confrontati con l’ultima guerra mondiale – spiega – perché l’uomo tende a rimuovere, a negare, anche a se stesso, quello che ha fatto e, quindi, non cambia nulla, non impara niente. L’uomo è smemorato, è quasi nemico di se stesso. Io credo che quando si uccidono centinaia di persone, in qualche maniera si muore dentro, la persona che uccide un po’ muove, si disumanizza completamente, come il nazifascismo ha disumanizzato le persone, completamente, totalmente. Ed era esattamente il programma, soprattutto dei nazisti, disumanizzare e ci sono quasi riusciti, penso ai campi di concentramento, alla mamma che strappava l’ombra di pane dalla bocca della figlia”. La disumanizzazione è uccidere sentimenti e ragione, con le armi e con l’odio, conclude la Bruck, rifiutandosi di credere che possa scoppiare una guerra, perché fa troppo orrore pensarlo, perché non si può immaginare “che l’uomo ricominci da capo a massacrarsi a vicenda, quindi io ancora spero, e così fino all’ultimo momento, che non succederà niente”.

Ascolta l’intervista con Edith Bruck