È morto Giorgio Napolitano, per due volte presidente della Repubblica Italiana

Vatican News

Primo presidente in Italia a essere stato eletto per un secondo mandato, è scomparso oggi a 98 anni nella clinica Salvator Mundi di Roma. Francesco aveva chiesto di recente preghiere per lui, definendolo “servitore della Patria”. In un telegramma alla moglie ricorda la sua “lungimiranza” nelle scelte importanti per la vita del Paese

di Marco Bellizzi

Giorgio Napolitano, l’ex presidente della Repubblica italiana, eletto per due volte alla più alta carica dello Stato, è morto questa sera, 22 settembre, a Roma. Aveva 98 anni ed era ricoverato nella clinica romana Salvator Mundi. Le sue condizioni di salute si erano aggravate nell’ultimo periodo, tanto che Papa Francesco nell’ultima udienza generale di mercoledì scorso aveva invitato i fedeli a rivolgere un pensiero e una preghiera al presidente emerito della Repubblica italiana, definendolo un “servitore della patria”.

Questa sera in un telegramma alla signora Clio Bittoni Napolitano, Francesco esprime i suoi “sentimenti di commozione e al tempo stesso di riconoscenza per questo uomo di Stato, che nello svolgimento delle sue alte cariche istituzionali, ha manifestato grandi doti di intelletto e sincera passione per la vita politica italiana, nonché vivo interesse per le sorti delle nazioni”. Il Papa scrive di conservare “grata memoria degli incontri personali avuti con lui, durante i quali – afferma – ne ho apprezzato l’umanità e la lungimiranza nell’assumere con rettitudine scelte importanti, specialmente in momenti delicati per la vita del Paese, con il costante intento di promuovere l’unità e la concordia in spirito di solidarietà, animato dalla ricerca del bene comune”. 

Appena saputa la notizia, il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, ha rilasciato una dichiarazione in cui esprime profondo dolore e sentimenti di gratitudine di tutta la Repubblica alla memoria di Napoletano e il cordoglio ai familiari da parte di tutta la Nazione. “Nella vita di Giorgio Napolitano si specchia larga parte della storia della seconda metà del Novecento, con i suoi drammi, la sua complessità, i suoi traguardi, le sue speranze – si legge nel testo -. Di lui Mattarella ricorda che fin dalla frequentazione giovanile dell’ambiente culturale napoletano, all’adesione alla causa antifascista e al movimento comunista, all’impegno “per lo sviluppo del Mezzogiorno e delle classi sociali subalterne, sino poi alla convinta opera europeistica e di rafforzamento dei valori delle democrazie, il presidente Napolitano ha interpretato significative battaglie per lo sviluppo sociale, la pace e il progresso dell’Italia e dell’Europa”. Come membro del Parlamento Europeo, e presidente della sua Commissione Affari costituzionali, scrive ancora Mattarella, “promosse il rafforzamento delle istituzioni comunitarie per un’Europa sempre più autorevole e unita”. Nei suoi autorevoli ruoli ricoperti, afferma infine, Napolitano “ha interpretato con fedeltà alla Costituzione e acuta intelligenza il ruolo di garante dei valori della nostra comunità, con sentita attenzione alle istanze di rinnovamento presenti nella società. Votato alla causa dei lavoratori, inesauribile fu la sua azione per combattere la spirale delle morti sul lavoro”.

Napolitano era nato a Napoli il 29 giugno del 1925. Già attivo politicamente negli ambienti universitari (si laureò in Giurisprudenza nel 1947), dopo una breve esperienza nei Gruppi universitari fascisti, a partire dal 1942 fece parte di gruppi antifascisti per poi aderire, nel 1945, al Partito Comunista Italiano (Pci), di cui fu militante e poi dirigente fino alla costituzione del Partito Democratico della Sinistra (1991). Fu eletto alla Camera dei deputati per la prima volta nel 1953. La sua attività parlamentare si concentrò all’inizio sui problemi del Mezzogiorno, per poi rivolgersi ai temi dell’economia nazionale e della politica internazionale. Esponente e leader della cosiddetta ala “migliorista” del Pci (che sosteneva l’accettazione e la riforma del capitalismo), Napolitano fu il primo dirigente di un un partito comunista a ricevere l’autorizzazione a recarsi negli Stati Uniti (era il 1978) per tenere una serie di conferenze. Dal 1989 al 1992 fu membro del Parlamento europeo, prima di essere eletto presidente della Camera dei Deputati fino al 1994. Sotto il governo guidato da Romano Prodi fu ministro dell’Interno (dal 1996 al 1998). Nel 1999 fu eletto al Parlamento europeo, dove fino al 2004 fu presidente della Commissione Affari costituzionali. L’anno successivo venne nominato senatore a vita da Carlo Azeglio Ciampi. Il 10 maggio del 2006 fu eletto Presidente della Repubblica con 543 voti e il 20 aprile del 2013 venne rieletto con 783 voti. Il 14 gennaio del 2015 rassegnò le dimissioni, già annunciate al momento della rielezione.

L’intervista di Napolitano alla Radio Vaticana

La vita politica di Giorgio Napolitano si è caratterizzata per la sua dedizione, teorica e pratica, a riavvicinare il comunismo italiano sulle posizioni del socialismo europeo, percorso che lo portò a dialogare frequentemente anche con il Partito socialista guidato da Bettino Craxi. Sebbene la sua attività sia stata molto lunga e articolata (sono numerose e apprezzate anche le sue pubblicazioni) è soprattutto il periodo trascorso al Quirinale che ha reso Napolitano un personaggio cruciale della politica italiana. Si era in un momento di grandissime tensioni internazionali e soprattutto istituzionali, dovute in particolare all’aspra contesa interna fra il centrodestra e il centrosinistra. Il primo, guidato da Silvio Berlusconi, era impegnato a contestare l’attività della magistratura (che aveva aperto diverse inchieste sul “Cavaliere”) con esiti che minacciavano di innescare una crisi istituzionale senza precedenti. Questo mentre la crisi economica e finanziaria che stava colpendo l’Italia era tale che la stessa Unione europea premeva fortemente per un cambio di rotta (era l’epoca del picco dello spread e della crisi che condusse poi, nel 2011, alla caduta del governo Berlusconi e all’incarico conferito a Mario Monti).  Napolitano non fu, nell’esercizio del suo mandato, un notaio della Carta costituzionale quanto piuttosto un sagace interprete della stessa, di cui conosceva e comprendeva nel profondo i suoi principi ispiratori. Ciononostante, non furono poche le voci critiche che si levarono lamentando, nella sua azione da capo dello Stato, un eccesso di attivismo non conforme alle prerogative presidenziali. Allo stesso tempo, altri riconobbero invece come le lunghe riflessioni sulla natura della democrazia e sul rapporto di questa con i sistemi massimalisti avessero reso l’uomo politico robusto nella sua convinta adesione ai cardini fondanti della Repubblica italiana che intese difendere energicamente.  Anche la sua rielezione al Quirinale, un inedito nella storia istituzionale italiana, va ricondotta a un contesto che richiedeva scelte di grande responsabilità. Arrivò infatti, si ricorda, solo a seguito di pressanti richieste da gran parte del mondo politico incapace di esprimere un nome condiviso nonostante il rischio di un pericoloso stallo istituzionale. Del resto Napolitano accettò il secondo mandato preannunciando subito le dimissioni non appena si fossero materializzate le condizioni politiche necessarie.  Cosa che poi avvenne puntualmente.

La sua natura di uomo incline al dialogo si evidenzia anche nel suo rapporto, da capo dello Stato, con il Vaticano (su quello in particolare con i Papi si veda l’articolo qui accanto), con il quale non ebbe difficoltà a trovare naturali intese, per esempio sull’europeismo, sulle politiche sociali e dell’immigrazione e, in particolare, sull’emergenza educativa, argomento caro a Benedetto XVI: “Questo è un tema comune – disse nel corso di un’intervista rilasciata a L’Osservatore Romano e a Radio Vaticana nell’ottobre del 2008 dopo la visita di Ratzinger al Quirinale – su cui mi è parso giusto mettere l’accento, raccogliendo un’espressione che è dovuta al Pontefice e che oramai è riconosciuta da molte parti come sostanzialmente fondata. Se vogliamo parlare del ‘chi’, dei soggetti, direi che è una responsabilità che ne chiama in causa diversi, ciascuno nel proprio ruolo e nella sua autonomia:  parlo quindi di soggetti che sono la Chiesa cattolica, nella più ricca ramificazione della sua capacità di comunicazione e di guida spirituale, e lo Stato italiano, in primo luogo attraverso la scuola pubblica; e parlo poi anche di una responsabilità del mondo della cultura, di una responsabilità sempre più rilevante del mondo dell’informazione. Se ci chiediamo come dovrebbe realizzarsi questa collaborazione, io penso che si tratti di riconoscersi in un quadro di sforzi e impegni convergenti attorno ad alcuni obiettivi: il rifiuto della violenza, la cultura e la pratica della legalità, un rinnovato senso del bene comune e del dovere civico, il richiamo a valori spirituali, ideali e morali contro le suggestioni della corsa al denaro e al superfluo, dell’esibizionismo fine a se stesso, dell’avidità e dell’egoismo senza scrupoli. Tutto questo richiede veramente un grande, molteplice impegno che può comporsi verso questi grandi obiettivi comuni”.