Federico Piana – Città del Vaticano
“Sono dovuto rientrare nel rifugio perché ora fuori hanno ricominciato a sparare”. Un attimo di silenzio, poi il tono della voce si fa più drammatico: “La situazione è pericolosissima. Gli allarmi anti-aerei suonano in ogni momento. È stata in parte distrutta anche la chiesa ortodossa del Patriarcato di Mosca”. Quando don Grygoriy Semenkov, cancelliere della diocesi latina di Kharkiv-Zaporižžja, parla via WhatsApp con i media vaticani è appena ritornato da quella che poteva essere, per lui, una missione fatale: uscire per le strade di Kharkiv nel tentativo di capire se la cittadina fosse definitivamente collassata sotto il peso delle bombe e dei missili.
Colpita anche la curia
Kharkiv, seconda città più popolosa dell’Ucraina, si trova a meno di 70 chilometri dal confine russo: forse proprio per questo è uno dei centri urbani più coinvolti dal conflitto. Gli scontri armati si stanno consumando ad una manciata di chilometri da lì ma i bombardamenti non si sono mai fermati, provocando centinaia di morti e feriti. Anche il palazzo della curia vescovile è stato colpito: “L’altro ieri – racconta il sacerdote – un missile ha centrato la caserma di polizia, che si trova a cinquecento metri da noi, e l’onda d’urto dell’esplosione ha investito la nostra cattedrale: un ufficio della curia è stato completamente distrutto” . Fortunatamente, “non ci sono state vittime”.
Civili in fuga
Se la gente può, fugge. Basta una piccola tregua dei bombardamenti e subito si formano capannelli di persone pronti ad utilizzare qualsiasi mezzo nella speranza di abbandonare la città. “Con i miei occhi – spiega don Semenkov- ho visto anche dei bambini uscire da un palazzo ed essere portati via da un autobus. È terribile vedere scappare tante persone” .
Via anche molti sacerdoti e suore
Anche i sacerdoti stanno lasciando Kharkiv, ma non stanno scappando: accompagnano i propri fedeli, spesso donne e minori, verso la salvezza, in un viaggio che di sicuro ha poco o niente, potrebbe essere anche l’ultimo. Don Semenkov afferma, ad esempio, che “il direttore della Caritas locale è andato via insieme a quaranta rifugiati che erano stati ospitati in curia, mentre il vescovo ha chiesto alle suore di tre case d’accoglienza di spostarsi lontano, in un posto meno pericoloso”.
Difficile celebrare l’Eucarestia
A Kharchiv, anche celebrare la Messa sta diventando quasi impossibile. “Ieri sera – rivela il cancelliere – non potevamo fare la celebrazione dalle camere della cattedrale e trasmetterla via social perché c’erano i bombardamenti. Ma oggi riproveremo. Io, però, non me ne andrò. E anche il vescovo ha deciso di rimanere. La gente ci chiama e ci dice: finché voi ci sarete, a Kharchiv la speranza non morirà”.