Don Pino Puglisi: il suo sangue, un seme che ha portato frutto

Vatican News

“La voce del sangue” è il titolo del convegno per ricordare i trent’anni dal martirio del beato sacerdote, ucciso dalla mafia a Palermo, che si è svolto ieri pomeriggio a Roma. L’iniziativa promossa dalla Università Lumsa insieme alla Fondazione vaticana cardinale Salvatore De Giorgi

Marina Tomarro – Città del Vaticano

Era il 15 settembre del 1993. Una sera di fine estate in una Palermo ancora troppo calda. Per don Pino Puglisi era il giorno del suo compleanno. Compiva 56 anni, ma non era stata una giornata di festa. Infatti rientrava a casa nel Quartiere Brancaccio, dove viveva, dopo aver passato una giornata al comune per ottenere un edificio in quella zona, un tempo luogo di spaccio che lui avrebbe voluto trasformare in una scuola e dare così ancora istruzione e speranza ai ragazzi del Brancaccio strappandoli alla mafia. Ma quella sera sotto casa lo attendevano due boss, e don Pino sentendosi chiamare, ebbe appena il tempo di voltarsi e di guardarli in faccia dicendo “Vi aspettavo”, prima di essere ucciso con più colpi di pistola. La sua morte ha una risonanza enorme, ma la sua opera non si ferma. Il 25 maggio del 2013 è stato proclamato beato. E proprio in occasione del trentennale dalla morte del sacerdote, ieri alla Lumsa (Libera Università Maria Santissima Assunta) si è svolto il convegno “La voce del sangue”, promosso dall’ateneo e dalla Fondazione vaticana cardinale Salvatore De Giorgi.

Dalla sua morte tante opere di pace 

Anche Papa Francesco è voluto essere presente all’incontro, attraverso un messaggio rivolto al rettore della Lumsa Francesco Bonini e ai partecipanti, tra cui il cardinale Marcello Semeraro, prefetto del Dicastero per le Cause dei Santi. Nell’occasione è stato presentato anche il libro del cardinale Salvatore De Giorgi, arcivescovo emerito di Palermo, dal titolo “Il Beato Giuseppe Puglisi. La voce del sangue”, che raccoglie le omelie pronunciate dal porporato nella cattedrale di Palermo, durante le messe nell’annuale ricordo della morte di don Puglisi. “Io ho introdotto la causa della sua beatificazione dopo cinque anni dalla sua sacrilega uccisione – ha raccontato De Giorgi – e quindi ogni anno all’apertura dell’anno pastorale, celebravo la Santa Messa mettendo come esempio virtuoso la sua figura eroica davanti a tutti noi sacerdoti, ricordando i suoi insegnamenti, rapportati anche al cammino che la Chiesa in quel momento faceva. La beatificazione di don Puglisi per me è stato un grande mistero di grazia, dall’aver potuto seguire tutto il processo, e poi la firma del decreto di beatificazione che portava la data del 28 giugno, che coincide con il giorno della mia ordinazione sacerdotale. Poi la data in cui è avvenuta la beatificazione è stato il 25 maggio, che è anche quella del mio ingresso a Palermo e proprio nel 2013 compivo sessant’anni di sacerdozio. Quindi ringrazio il beato don Pino che sicuramente mi assiste dal cielo, dove sicuramente prega per tutti noi”

Ascolta l’intervista al cardinale Salvatore De Giorgi

Un’opera che va avanti 

Le spoglie mortali di don Puglisi, riposano nella cattedrale di Palermo, e tanti sono i fedeli che vi si recano. “Sono davvero tanti i pellegrini che si fermano a pregare davanti la sua tomba”, ha detto monsignor Filippo Sarullo, parroco della Cattedrale di Palermo. “È molto bello anche che molte guide turistiche si fermano con i loro gruppi davanti le spoglie di don Pino e vanno oltre il fenomeno mafioso, sottolineando la straordinaria figura di questo sacerdote. Ed è incoraggiante sapere che queste persone poi quando torneranno nei loro Paesi porteranno con loro il ricordo di una figura bella come quella di padre Puglisi. Noi in cattedrale custodiamo le sue reliquie e io stesso dieci anni fa ho partecipato all’apertura della tomba in cimitero dove riposava, per traslarlo in cattedrale. È stato davvero commovente quando all’apertura della cassa abbiamo trovato il suo corpo completamente incorrotto. Chi lo ha ucciso non ha vinto perché tutto ciò che don Pino aveva fatto è rimasto, anzi fiorito ulteriormente perché il bene si espande e non scompare”.

Ascolta l’intervista a monsignor Filippo Sarullo