Dopo l’aggressione dei giorni scorsi nel quartiere romano di Tor Bella Monaca, il sacerdote ringrazia per la solidarietà da parte delle istituzioni civili e religiose e chiede una resistenza cristiana nei quartieri difficili della capitale. “Giovani non lasciatevi affascinare dal crimine e dalla droga, è il Signore che vi rende felici”.
Eugenio Bonanata – Città del Vaticano
Don Antonio Coluccia non si ferma. Una troupe di Telepace lo ha raggiunto a Tor Bella Monaca proprio dove nei giorni scorsi ha subito un’aggressione che ha provocato il ferimento di uno degli agenti della sua scorta. “Mi ha salvato la vita”, ripete mentre al suo fianco ci sono alcuni esponenti del mondo istituzionale e diversi membri delle forze dell’ordine. Il sacerdote, però, rivolge il suo pensiero anche al ragazzo che ha tentato di investirlo e che ora dovrà rispondere di tentato omicidio. “Ciò che è accaduto mi ha provocato tanta sofferenza, soprattutto riguardo a questa persona che è un giovane”. L’invito è a distinguere tra l’errore e l’errante, come diceva san Giovanni XXIII, e soprattutto a guardare al contesto di degrado in cui è maturata la vicenda. “Il disagio e la povertà – spiega – diventano appetibili per le organizzazioni malavitose le quali assoggettano questi territori offrendo pane e criminalità”.
Don Antonio è fermamente convinto che non bisogna abbandonare il campo, in linea con la sua missione condotta in varie borgate della capitale. Un chiaro esempio di ‘Chiesa in uscita’ – per usare le parole di Papa Francesco – che non è certamente al riparo da pericoli. “Vengo qui – afferma – cercando di annunciare il Vangelo che abbraccia, che non discrimina, ma che soprattutto impegna e sensibilizza le coscienze anche per una resistenza cristiana in questi territori”. L’accaduto non scalfisce affatto questa testimonianza. “Continuerò a fare quello che ho sempre fatto”, assicura infatti il religioso che ricorda le varie piazze di spaccio della capitale in cui opera – da San Basilio al Quarticciolo fino al Laurentino 38 – sempre animato dall’idea che “i giovani vanno ascoltati perché sono fragili”.
L’azione di ‘Tor più Bella’
Sono tanti i messaggi di solidarietà che continuano ad arrivare al suo indirizzo. E anche i media hanno fatto altrettanto, dando ampia risonanza alla notizia. Tra i residenti c’è qualcuno, come Tiziana Ronzio, presidente dell’associazione ‘Tor più Bella’, che auspica che con il clamore arrivino anche le soluzioni dei problemi. “Il degrado, la droga e l’abbandono devono finire”, ribadisce. “Mi aspetto una risposta forte da parte delle istituzioni”, prosegue avanzando una proposta concreta: “Occorre fare un censimento delle case popolari gestite dal comune e dalla regione per buttare fuori le persone che usano gli appartamenti per lo spaccio”.
“No alle zone franche nella città di Roma”, afferma il presidente della commissione parlamentare antimafia, Chiara Colosimo, che insiste sul ritorno dello Stato in tutte le aree alle prese con lo strapotere delle consorterie criminali. “Adesso servono uomini e mezzi”, dice il presidente del VI Municipio capitolino Nicola Franco osservando che è necessario un impegno corale per riprendere il controllo di questi territori. Tutti, anche attraverso la propria presenza, dimostrano vicinanza alla causa. E don Coluccia, dal canto suo, condivide il sostegno del governo italiano arrivato in queste ore nell’ambito di un incontro con il presidente del consiglio Giorgia Meloni. “La politica – spiega il sacerdote – ha gli strumenti e può farlo. Noi come Chiesa, assieme al mondo del volontariato, possiamo solo supportare ogni azione per il bene comune e per il bene dei nostri ragazzi”. Prima di compiere un giro tra i palazzi dove si concentra lo spaccio a Tor Bella Monaca, don Antonio apre il suo cuore per inviare un messaggio ai ragazzi: “Non lasciatevi affascinare dal crimine e dalla droga: è il Signore che vi rende felici, anche nella povertà che diventa un’opportunità per migliorare la vostra vita”.