Disabilità, il cardinale Zuppi: non dobbiamo lasciare solo nessuno

Vatican News

Il cardinale ha preso parte questa mattina a Roma, insieme al ministro italiano per le Disabilità, Alessandra Locatelli, a una tavola rotonda nell’ambito del secondo convegno nazionale “Noi, non loro. Il progetto di vita” voluto dal Servizio per la pastorale delle persone con disabilità della CEI. “Chiesa e istituzioni devono collaborare per offrire ai più fragili un progetto di vita stabile e attento alle diversità”, dice il porporato. Locatelli: tutti devono sentirsi responsabili

Tiziana Campisi – Città del Vaticano

Occorre partire da un “noi”: su questo Chiesa e istituzioni sono d’accordo, le persone con disabilità devono essere integrate nella quotidianità di tutti, occorre elaborare un progetto di vita che non porti a distinguerle, a differenziarle, ma ad inserirle pienamente nella società. E poi Chiesa è Stato devono collaborare. Lo hanno ribadito il cardinale Matteo Zuppi, presidente della Conferenza episcopale italiana, e il ministro per le Disabilità, Alessandra Locatelli che questa mattina si sono confrontati alla tavola rotonda del secondo convegno nazionale “Noi, non loro. Il progetto di vita”, iniziato ieri a Roma e che si concluderà domani, organizzato dal Servizio per la pastorale delle persone con disabilità della Cei. L’evento si è svolto alla Fondazione Santa Lucia, struttura ospedaliera che si dedica alla neuroriabilitazione e alla ricerca nelle neuroscienze; una scelta non casuale, ha affermato suor Veronica Donatello, responsabile del Servizio nazionale per la pastorale delle persone con disabilità, per evidenziare che vanno prese in considerazione “tutte le disabilità, sia quelle congenite che quelle acquisite, a seguito di incidenti o malattie”, come quelle trattate dal centro di eccellenza. A moderare l’incontro, al quale hanno preso parte 300 delegati di diocesi, associazioni, movimenti e congregazioni religiose, insieme ai rappresentanti di 6 conferenze episcopali estere, il vicedirettore editoriale dei media vaticani Alessandro Gisotti che ha definito il confronto fra il cardinale Zuppi e il ministro Locatelli un segno di attenzione e disponibilità per una nuova cultura di inclusività e di appartenenza alla comunità delle persone con disabilità, richiamando quel “siamo sulla stessa barca, nessuno si salva da solo” che Papa Francesco, durante la pandemia, ha pronunciato per indicare la necessità di “superare la distinzione tra un ‘noi’ e un ‘loro”.

Essere un “noi” è responsabilità di tutti

Questo essere “noi e non loro”, significa avere attenzione, cura per i disabili, che non vanno dimenticati, ha evidenziato il ministro per le Disabilità, aggiungendo che per un loro progetto di vita istituzioni, terzo settore e cittadini devono unire le forze. E deve trattarsi di un progetto che non sia temporaneo, ha rimarcato il presidente della Cei, che offra sicurezze e certezze e che tenga conto anche delle diversità, di ciò che serve a ciascuno e “che aiuti anche il noi, che aiuti a pensare insieme, che inserisca l’individuo nella comunità, un noi che vuol dire tutti”, insomma. Ma come arrivare ad un welfare comunitario e come sostenere progetti che si adattino anche alle singole necessità, e alle diverse esigenze dei disabili, e che generino nuove forme di prossimità e di sostegno? Per il ministro Locatelli il “noi” implica una grande responsabilità, da parte di tutti. Questo significa che la comunità deve farsi carico di quel “loro” che va integrato e deve prendere coscienza che le barriere vanno eliminate. Un progetto di vita per i disabili richiede “attenzione e responsabilità”, ha insistito Locatelli, che ha parlato anche di un “noi” che includa terzo settore e istituzioni. Occorre avvicinare terzo settore, associazioni e tante altre piccole realtà alle istituzioni, ha rilevato, perché insieme si possa “andare nella stessa direzione, nel welfare comunitario”. “Associazioni grandi e piccole fanno un lavoro straordinario – ha osservato – soprattutto nelle realtà locali, occorre allora che le istituzioni vi si avvicinino e dialoghino e facciano qualcosa insieme”.

Chiesa e istituzioni collaborino per una società più inclusiva

Quanto alla Chiesa, il cardinale Zuppi ha riconosciuto lentezze e difficoltà nell’attenzione concreta per le persone fragili, non sempre, infatti nelle parrocchie e nelle diocesi si riescono a promuovere pratiche ed esperienze inclusive o che diano capacità alle persone con disabilità di essere protagoniste. “Abbiamo molto da fare, c’è tanto da fare – ha dichiarato il porporato – è materia nostra”. Perché per la Chiesa, ha proseguito, “il noi è costitutivo, non opzionale”. Noi significa famiglia, fraternità, “non dobbiamo lasciare solo nessuno”. E allora, per prima cosa occorre “darsi da fare, aiutarsi” ed essere forti, ha continuato il cardinale Zuppi che tra le esperienze positive cha avvicinano al mondo della disabilità ha menzionato gli incontri con le famiglie nell’ambito del cammino sinodale che la Chiesa sta compiendo, “incontri belli, anche sofferenti, in cui sono venute fuori le difficoltà” dei genitori che hanno figli disabili e le barriere che incontrano. Anche il porporato ha sottolineato l’importanza delle piccole realtà che ogni giorno si impegnano per i più fragili e che permettono di capire che, ad esempio, fare case famiglie e luoghi di un “noi” non richiede poi chissà quali capacità. Gli strumenti e le specificità sono indispensabili, ha detto ancora il porporato, “ma non si può scaricare tutto solo a chi ha gli strumenti”, perché “tutti quanti siamo una comunità”. Infine il ministro Locatelli ha indicato la necessità di un cambio di prospettiva da parte della Chiesa e delle istituzioni perché ogni persona venga valorizzata, “in ogni occasione”. È necessario “dare attenzioni e gesti di cura” e far sì che tutto questo si trasformi in responsabilità. Per il cardinale Zuppi, altro elemento importante nell’impegno verso le persone con disabilità è il valore aggiunto dell’esperienza umanitaria, della sapienza, dell’intelligenza e della cultura, “che la Chiesa contiene e trasmette”. “Le fragilità e le strutture non vanno molto d’accordo”, ha concluso il presidente della Cei, per questo occorre facilitare, avere attenzione, dialogare e crescere, solo così si può dar vita a progetti concreti e duraturi.