DALE S. RECINELLA
Diversi anni fa un famigerato criminale, condannato a morte in Florida, fa richiesta di iniziare incontri pastorali con me. Sono quasi paralizzato all’idea. Di sicuro per questo incarico ci vuole qualcuno molto più allenato, con molta più esperienza, con molto più qualcosa, con molto più tutto.
Di sicuro Dio non può chiedermi di svolgere incontri pastorali con un uomo, quando il solo pensiero dei suoi crimini, il solo pensiero di stringere le sue mani pregando con lui – quelle stesse mani che hanno fatto cose inenarrabili a persone care a qualcuno – inducono in me orrore e repulsione nauseabondi.
Tutti i crimini commessi dai condannati a morte sono orrendi. Tutti i crimini sono rivoltanti. Ma questi crimini in particolare erano il tema dei miei peggiori incubi. Di sicuro, non ero io la persona adatta a questo compito. Mi rivolsi a un sacerdote della diocesi, in cerca di assistenza spirituale. Speravo con tutto il cuore che questo anziano sacerdote capisse la mia angoscia e, mosso a compassione, mi dicesse di lasciare che qualcun altro affrontasse le mostruosità che quest’uomo aveva compiuto su vittime innocenti dell’età dei miei figli.
“Non credo che tu abbia il diritto di scegliere, Dale.” Scuote mestamente il capo. Questo prete, un tempo giovane, adesso con i capelli grigi quasi come i miei, che pare siano diventati così in una sola notte da quando ho iniziato l’assistenza spirituale dei condannati a morte, è il mio assistente spirituale. “Non credo che tu abbia il diritto di decidere quali persone Dio ti chiede di servire.”
“Ma deve esserci un limite, un confine, un qualcosa che persino Dio non può chiedermi di superare.”
“Di sicuro non c’è in questo caso, non quando si tratta di portare la Sua buona novella a chi maggiormente ne ha bisogno. Riesci a immaginare qualcuno che abbia più bisogno di questo tizio della buona novella di Gesù Cristo?”
“No, certo che no. Ma perché proprio io?”
“Non abbiamo il diritto di porre questa domanda. Gesù ha cancellato definitivamente questa domanda quando si è lasciato crocifiggere, dicendo: ‘Non la mia, ma la Tua volontà sia fatta.’”
“Se c’era uno che aveva il diritto di urlare ‘Perché proprio io?’, questi era Gesù, il Figlio di Dio. Ma non l’ha fatto. E quindi neanche noi abbiamo il diritto di farlo. Il motivo per cui Egli manda te, è che quest’uomo ha richiesto te. Se ti rifiuti, non stai dicendo di no solo al condannato, stai dicendo di no a Cristo.”
“E’ un po’ tardi per farlo, vero?” Sono imbarazzato per il mio tono così sarcastico, ma, di fatto, mi sembra che Dio mi stia spingendo molto più in profondità di quanto avessi mai voluto arrivare.
“In effetti è molto, molto tardi per farlo.” Il sacerdote appoggia la mano sulla mia spalla in modo garbato, come un padre che sta parlando al figlio adolescente. “Penso che tu abbia detto di sì molto tempo fa, ma non lo sapevi ancora. Dicesti di sì quando fosti battezzato e quando ricevesti la Cresima. Dici di sì ogni volta che ricevi l’Eucaristia. Adesso stai rendendoti conto di cosa significhi quel ‘sì’.”
Prima che si concluda il mio primo incontro pastorale con il famigerato detenuto, la notizia si è sparsa in tutto il braccio della morte. Non solo i prigionieri, ma anche il personale è abbastanza colpito dal fatto che io contempli la possibilità che un tale uomo, un turpe serial killer di giovani ragazzi e ragazze, possa essere degno di ottenere il perdono e la redenzione di Dio. Quanto dimentichiamo in fretta che nessuno di noi ne è degno! È Dio, soltanto Dio, che è in grado di elargirlo.
Mentre supero il controllo per lasciare l’edificio, noto due guardie che stazionano tra me e l’ingresso del tunnel recintato di mezzo chilometro, che dal braccio della morte conduce alla parte anteriore del carcere. Saluto le due guardie perché le conosco bene e mi hanno sempre trattato gentilmente.
Non ricambiano il mio saluto. Quando arrivo a un passo da loro non si spostano di un centimetro. Mi rendo conto che non sono lì per assicurarsi che possa andarmene. Sono lì per bloccarmi.
“Sta uscendo un bel po’ dal seminato con questo tizio, cappellano.” La guardia più giovane, che mi sovrasta, parla tenendo le braccia strettamente incrociate, mentre sputa con destrezza saliva mista a tabacco a un centimetro dalla mia scarpa. So per istinto che questa sua dimostrazione di mira accurata non è intesa a minacciarmi ma a dare enfasi alle sue parole.
“Di solito siamo favorevoli al suo operato in questo edificio.” La guardia più anziana e più bassa prende il suo turno nel farmi il predicozzo. “Sa bene che sosteniamo i suoi sforzi. Ma questo è un errore. Dio vuole che quest’uomo finisca all’inferno.”
Nell’attimo di pausa prima di rispondere, prego lo Spirito Santo di suggerirmi le parole giuste. So che entrambi questi uomini sono Cristiani attenti alla lettura della Bibbia. Questo è ciò che abbiamo in comune, insieme all’orrore per i crimini commessi nei confronti di persone care a qualcuno.
“Vi ascolto.” Alzo le mani con i palmi verso l’alto, in segno di resa. “Ma non ho scelta.”
“Ma certo che ha scelta!”, mi aggredisce verbalmente la guardia più giovane. “Nessuno la costringe a incontrare quell’uomo”.
“Veramente non è proprio così. È Gesù a non darmi scelta. Gesù dice che lascia i novantanove giusti nel deserto e va in cerca di chi si è smarrito.”
“Non ho mai letto questa cosa nella Bibbia!” La guardia più giovane si irrigidisce nella sua convinzione, ma io fisso in modo schietto la guardia più anziana, che so essere un diacono nella sua chiesa.
“Sì…” Scrolla il capo con disgusto e lascia cadere le braccia lungo i fianchi. “Sì… c’è proprio scritto. L’ho letto.”
“Non ho alcuna scelta signore.” Parlo più dolcemente, adesso, a due guardie che a loro volta si sentono sconfitte e oppresse dal peso delle richieste del Vangelo. “Venendo qui in qualità di ministro del Vangelo, devo essere disposto ad andare in cerca della pecora che Gesù cercherebbe. E Gesù andrebbe in cerca proprio di quest’uomo.”
Il dialogo finisce qui. Le due guardie scuotono il capo mortificate e si scostano, liberandomi il passaggio dal cancello all’esterno.
Per oltre un anno incontro quel detenuto ogni mese per assistenza pastorale. Non diventa mai un compito facile o disinvolto. Ma Dio, nella Sua infinita misericordia verso la mia fragilità, mi permette di capire con assoluta chiarezza che quest’uomo può ottenere il perdono e arrivare un giorno in paradiso.
Questo Dio, che è misericordia all’ennesima, infinita potenza, rifiuta di limitare la Sua opera di salvezza a quelle persone che io riesco a immaginare in paradiso. Dio immagina tutti in paradiso.
Il desiderio più grande di Dio è che nessuno scelga l’inferno.
© 2022 Dale S. Recinella, Tallahassee, FL 32301