Dal Papa la famiglia di suor Luisa Dell’Orto, “pietra viva della Chiesa”

Vatican News

Benedetta Capelli – Città del Vaticano

Francesco dona l’ascolto e il sorriso alla piccola delegazione giunta da Lomagna, paese natale di suor Luisa Dell’Orto, salutata sul sagrato di San Pietro al termine dell’udienza generale. Nel cuore dei fratelli Maria Adele, padre Giuseppe e Carmen ma anche dei nipoti della piccola sorella del Vangelo di Charles de Foucauld, per 20 anni ad Haiti, c’è commozione e gioia per l’incontro con il Papa, per l’abbraccio della Chiesa tutta che Luisa ha servito fino all’ultimo respiro.

“La vita è bene”

Maria Adele è una delle sue sorelle, ha un sorriso luminoso e una spina nell’anima che sanguina non appena si ricorda la morte violenta di suor Luisa. Il 25 giugno, colpi di arma da fuoco hanno raggiunto la religiosa mentre era in auto mettendo fine alla sua storia di donna dedita agli altri, ai bambini di Casa Carlo di Port-au-Prince, ai futuri sacerdoti haitiani. Ma non muore e non morirà il seme gettato nei cuori dei più vulnerabili che si sono sentiti amati e accolti pur essendo i più feriti del mondo.

Nel 2015, in un messaggio di Natale, Luisa scriveva:

“La vita è più forte di ogni gesto di cattiveria e violenza, più forte di chi la vuole sgozzare perché la vita è bene, sempre, anche quando è povera”

Il ricordo del Papa

Suor Luisa ha fatto della sua vita un dono per gli altri fino al martirio.

Erano passate alcune ore dalla notizia dell’uccisione di suor Luisa Dell’Orto e Papa Francesco all’Angelus aveva ricordato il sacrificio della piccola sorella del Vangelo di Charles de Foucauld, amata e rispettata dal popolo haitiano che ormai lei sentiva come il suo popolo. Dopo di lei un’altra missionaria italiana ha perso la vita: suor Maria De Coppi, uccisa in Mozambico il 7 settembre scorso. Un tributo di sangue che getta luce sulla difficile realtà che si vive in alcuni angoli della terra ma anche sull’essere testimoni del Vangelo, non sprovveduti temerari ma uomini e donne d’amore. Maria Adele Dell’Orto racconta così l’incontro con il Papa.

Ascolta l’intervista a Maria Adele Dell’Orto

Cosa ha significato per lei e la sua famiglia incontrare Papa Francesco dopo la morte brutale di suor Luisa?

La commozione è grande soprattutto perché si riconosce il sacrificio di Luisa. Poi innanzitutto un senso di ringraziamento anche perché abbiamo visto oggi la pazienza con cui il Papa accoglie tutti e non si tira indietro. Abbiamo pensato di portare una pietra che avevo raccolto durante il periodo del terremoto di Haiti, subito dopo quando è caduta la Cattedrale. Mi è parsa una bella cosa poterla donare al Papa, l’ho accompagnata da una frase che ho ritrovato tra gli scritti di Luisa. Era il 2005. Lei scriveva che siamo noi con i nostri corpi e i nostri cuori le pietre vive, le vere pietre vive della nostra Chiesa, come dice la prima lettera di San Paolo. “E’ un invito – sottolineava – a consolidare e approfondire la nostra fede in Gesù morto e risorto”. E allora io ho dedicato a Papa Francesco questa cosa, chiedendogli di portare nel cuore la nostra piccola sorella Luisa che un mistero a noi sconosciuto ha desiderato annoverare tra i santi martiri. Noi fratelli siamo grati di questo. E’ anche difficile rendersi conto della mancanza di suor Luisa. La sento al mattino perché eravamo abituate a mandarci i messaggi per dire se c’era il sole oppure, come negli ultimi messaggi, che stava per arrivare un temporale fortissimo e invece poi che il giorno dopo c’era di nuovo il sole e sembrava di stare in montagna. Lei mi aveva risposto alle 7, prima della Messa, e mi diceva che evidentemente serviva l’acqua. Messaggi di questo tipo che conservo nel cuore.

Il Papa all’Angelus, a poche ore dall’uccisione di suor Luisa, aveva parlato di martirio. Luisa è stata anche un seme di bene che speriamo ad Haiti possa fiorire soprattutto in questo momento di profonda difficoltà. Che notizie ha dal Paese caraibico e dell’amore che questo popolo prova verso sua sorella?

Io ho un gruppo “Ragazzi Caritas” perché sono tutti ragazzi che erano passati da Luisa per offrire il loro servizio chi per lungo tempo, chi per meno. Al momento della tragedia ci siamo messi in contatto, anche in creolo, con i ragazzi di Kay Chal (Casa Carlo), tutti scrivono che sentono una grossa mancanza e soprattutto adesso che le bande uccidono e oltretutto al nord sono arrivate addirittura a violare la Caritas, è un disastro.  

Il bene di Luisa resta perché il bene non muore mai nemmeno in un contesto così violento…

Esatto. Questo è vero e lo dimostra anche la processione di persone che al mattino la vanno a salutare al cimitero. Ho ricevuto una telefonata da parte di una signora che abita in una città molto lontana e che ha sentito di Luisa leggendo le cronache, mi ha detto che vuole venire sulla sua tomba. A Lomagna è come se già ci fosse un alone di santità, se vogliamo, mi fa paura dire questa cosa ma è così.